La mia visione del mondo, raccontata tra parentesi.

Chiamatemi banale

On air: Sabrina Salerno & Samantha Fox, Call me
Mi trovavo nel luogo in cui si fanno le riflessioni più profonde: il bagno. E ho fatto una delle riflessioni più pesanti di sempre. 
No, non la cacca. 
Ho pensato che non ho mai cambiato la suoneria al cellulare, e mi sono sentito una persona davvero banale. Voglio dire: bisogna essere davvero omologati per tenere per un anno la stessa suoneria. Poi il mio cervello ha fatto una specie di upgrade, e ha fatto un’altra riflessione, ancora più pesante.
No, nemmeno stavolta è la cacca.
Ho pensato che non solo non ho mai cambiato la suoneria del cellulare, ma oltretutto ho sempre tenuto quella predefinita. Cioè la più banale, la più comune. Io, quello che si è sempre vantato – a volte anche a sproposito – di essere diverso ed originale, mi rendevo conto solo in quel momento di essere… [ musichina di suspense ] …come tutti. C’era solo una cosa da fare.
Dio santo, NO, ma avete proprio la fissa con questa cacca eh!?
Mi sono ascoltato tutte le suonerie del cellulare. Tutte, anche quelle dei messaggi. E ho concluso che il motivo per cui non ho mai cambiato la suoneria non è per il mio essere banale, bensì perché tutte le altre suonerie che ho a disposizione sono veramente improponibili. Non so se le avete mai ascoltate, ma fanno veramente cagare.
Ecco. A questo punto ho fatto la cacca. Contenti?

Non credere alle fragole

On air: Micheal Jackson, Black or white
Innanzitutto mi scuso per il titolo. Non c’incastra praticamente niente col contenuto di questo post, ma è tutto il giorno che mi ronza in testa questa frase e la volevo mettere come titolo. Mi sento un imbecille ad essere fiero di averla coniata, ma lo sono.
Passiamo al post vero. Ho una piccola parte in una commedia teatrale (parte di cui sono orgoglioso, specifico), e vorremmo che il mio personaggio fosse vestito con un completo bianco. Ora, visto che la nostra compagnia è in rosso da quando esiste, non ci possiamo permettere un vero completo bianco. Per cui lo cerchiamo un po’ dove capita (vedasi il post sulle calze a rete, per intenderci), magari nei negozi dei cinesi o nei mercatini dell’usato. Ed è proprio ad un mercatino che la mia amica Martina ne ha trovato uno ieri.
Così, stamani mi sveglio tutto contento e mi dirigo al mercatino dell’usato. Varco la porta e contraggo quella mezza dozzina di malattie respiratorie che è d’uso prendere una volta messo piede in quel posto. Dalla nebbia emerge Martina che, dopo essersi tolta la maschera anti gas necessaria per la sopravvivenza a Polverolandia, mi mostra il completo che ha trovato.
Bellissimo. I lavori che dovremo farci per adattarlo alla mia taglia sono davvero minimi. Venti euro, solo venti euro: le casse della compagnia ringraziano. C’è solo un piccolo problema: non è bianco, ma grigio. Okay, grigio chiarissimo, ma pur sempre grigio.
A questo punto del post finisce la parte concreta e inizia la pallosissima allegoria che io, essendo una persona estremamente noiosa, devo trovare per forza. Forse perché devo credere di essere una persona profonda. Questa fissa di dover essere profondi è uno strazio, devo dire.
[ Pausa. Devo darmi lo scrub anti acne, scusate ]
Dicevo. La prima cosa che ho pensato è: usiamo la Coloreria Italiana e sbianchiamo il completo! Martina, sentendo la mia proposta geniale, mi dà gentilmente dell’idiota, facendomi notare che non è possibile colorare un capo non bianco di bianco. Nel senso che si può far diventare una cosa solo più scura, mai più chiara.

Puoi solo aggiungere, mai togliere.
Questa regola apre la mia mente contorta ad alcune considerazioni. Il processo di scurire una cosa è irreversibile. Tu parti con una cosa bianca. Puoi decidere se tenerla bianca, o cominciare a buttare qualche colore. Magari prima la fai giallina, come il catarro dei bimbi, poi passi al rosa. Poi rosso, viola, forse un blu pesante. E poi nero. Ma non puoi percorrere queste tappe all’indietro. Puoi andare solo verso il nero. E se ti sbagli? Lo tieni nero, cazzi tuoi.
E nella vita è così?
Metti che c’hai una situazione bianca. Ci stai bene in questa situazione bianca. Poi fai un errorino, e per sbaglio la tingi. Di rosa, per esempio, per dire un colore a caso. All’inizio ti può andar bene anche rosa, alla fine non è tanto diversa dal bianco, è solo un pochino più evoluta. Poi però succede che dici una cosa che non volevi dire, o agiti troppo la mano, e questo gesto impulsivo causato dalla tua intramontabile imbranataggine fa rovesciare la tinta verde sulla situazione, che diventa sempre più scura.
E quindi? Ci vorrebbe lo smacchiatore della vita! La Coloreria Italiana bianca, da usare sulle situazioni della vita. Ma non esiste. Non si può schiarire. Non si può togliere colore, solo aggiungerne. Comunque, ripensandoci: il verde è un bel colore, tutto sommato. Il fatto che non si possa tornare indietro fa parte del gioco. Okay, è la rovina degli abiti chiari, ma forse forse è anche ciò che li rende così rari e preziosi.
Cacchio, quanto sono profondo. Ho bisogno di biscotti.

Questo post non parla di neve

On air: The concept, Damn
Nevica. Grandioso, avevo giusto voglia di leggere metà mio facebook che gioisce della neve e l’altra metà che se ne lamenta. Bah, scusate l’acidità. È che non mi torna un esercizio e divento bisbetico quando succede. E il fatto che non abbia trovato un sinonimo di “bisbetico” che suoni meno cinquecentesco di “bisbetico” mi rende ancora più bisbetico. Ecco, l’ho ri-scritto, tre volte. Così sono ancora più bisbetico. È un cane che si morde la coda, questo!
Comunque facebook è davvero uno strumento del demonio. Un fiocco di neve, e tutti a scrivere della neve. Una scossa di terremoto, e tutti a scrivere del terremoto. Ho come l’impressione che ci sia un certo gusto a farlo, a essere tutti uguali. E questo è un po’ triste: una delle mie “non scritte regole etiche” è che nonostante il mondo cospiri a farti diventare come gli altri, tu devi sempre cercare di rimanere te, solo te. E facebook aiuta veramente questa organizzazione che complotta l’omologazione di massa.

“Perché lo tieni?”, direte voi. “Non è mica obbligatorio, eh!”, cianceranno i più antipatici. Beh, perché non è facebook che è sbagliato. È l’uso che ne fa l’uomo. Un po’ come la bomba atomica, o il silicone. E poi perché mi permette di contattare persone che mai avrebbero voluto avere a che fare con me (sì, lo so che vi sembra incredibile, ma esistono). 
Per esempio, stamani ho scritto sulla bacheca di un gruppo musicale svedese, i Concept, la cui Damn è colonna sonora di questo post. Gli ho chiesto in maniera abbastanza adolescenziale se avevano intenzione di fare qualche data in Italia. E loro mi hanno risposto che dovevo radunare una folla di fan e sarebbero venuti! La quattordicenne che è in me ha iniziato a strapparsi i capelli dall’emozione, mentre il ventiduenne cinico&razionale che è in me ha cominciato a ripetermi che non avrei dovuto esaltarmi troppo per la risposta, perché probabilmente rispondono a tutti per cortesia, e che tanto non verranno.
Okay, ventiduenne, hai ragione, hai ragione.
Tuttavia, se qualcuno fosse interessato a sentirli dal vivo… Beh, dai, io ci provo, non si sa mai!

Di domeniche, cioccolatini e fortuna

On air:  Matrioska, La domenica mattina

( Okay, lo so che non dovrei iniziare un post con una parentesi. Ma questa è più una premessa, che una parentesi. Cioè: è sia una parentesi che una premessa. È una prementesi. Ma perché io devo scrivere queste scemenze all’inizio del post, che poi i lettori si scoraggiano?
Vabbè. Comunque volevo solo dire che è da diverso tempo che mi capita di scoprire, per un motivo o per un altro, che molte persone odiano le domeniche. Sembra che TUTTI odino la Domenica. Chiaramente anche io non posso esimermi dall’odiarla. Per il mal di testa, per il non riuscire a studiare, per quell’aria di non-so-che-fare barra non-ho-voglia-di-fare-nulla-anche-se-ho-un-monte-di-cose-da-fare. Forse è il semplice scombinare la routine della settimana. O forse è perché il giorno davvero odiato è il Sabato, più precisamente il Sabato sera. Perché okay, viva il Sabato, spesso ci si diverte un mucchio e ci si sfoga e si fa casino, ma ci sono certi sabati sera su cui va steso un velo pietoso. Ma anche una coperta pietosa. E se avete qualcos’altro di pietoso, stendiamocelo. In ogni caso, bisognerebbe pensare a un referendum per l’abolizione della Domenica come sinonimo di sfavamento. Che ne dite, la chiudo sta parentesi? )
Ero in camera mia, assorto dal tepore domenicale, quando ho deciso di dare una scossa alla mia vita: pertanto, ho aperto la scatola dei Baci Perugina e ne ho preso uno. Il messaggino odioso mi ha perplesso.
La fortuna, se sai cercarla, è più vicina di quanto pensi
Sono andato a ricercare il bigliettino di ieri. Sì, camera mia è un porcile. A volte mi dimentico di buttare le cartine dei Baci Perugina. Ma insomma, che ve ne frega di camera mia, siete forse mia madre? Ad ogni modo, il bigliettino recitava:
Se non cerchi la fortuna, sarà lei a trovare te.
Ora, carissimi Baci Perugina: MI VOLETE DIRE CHE DIAVOLO DEVO FARE?! La cerco o no, la fortuna? Siete un po’ incoerenti, Baci Perugina. Siete degli ipocriti, vi contraddicete l’uno con l’altro, e proprio quando una persona umile e sensibile come me ha bisogno dei vostri consigli. Ma voi no, non ve ne importa niente. Siete molto, molto, molto incoerenti.
…ma siete così buoni <3

Esseri umani #4

Ecco. 
Ora, direi che è il caso di fare una piccola analisi della questione. Perché 23 metri sopra il cielo? Sono giunto a una serie di ipotesi, tutte più o meno plausibili.
1. Non si ricordava il numero vero del titolo del libro di Moccia. Me lo immagino lì davanti al muro col dubbio. “Ma era tre metri o era due? Oddio oddio, non lo so, me tapino, me misero, possano gli dei fulminarmi per questa grave dimenticanza”. Alla fine il genio decide di scriverli entrambi.
2. A tre metri e basta sopra il cielo non c’è più posto. È tutto pieno. Invaso dalle coppiette. Il primo buco libero è a 23 metri.
3. Hanno visto il film con Jim Carrey, Number 23, e ne sono talmente rimasti impressionati che adesso lo scrivono dappertutto.
4. È il loro 23esimo mesiversario. Cazzo, che palle. E che fantasia. Qualcuno mi dica che questa non è realmente la ragione più probabile. Vi scongiuro…
On air: The xx, Island

Sono un imbranato

On air: Sia, Bring Night
Sono un imbranato. Sono la classica persona che a una prima, superficiale impressione potrebbe vagamente ricordare qualcosa di figo. Poi, conoscendola leggermente meglio, scopri che di figo in quella persona non c’è proprio niente. Se fossimo in una commediola all’inglese, potrei benissimo essere la versione maschile di Bridget Jones, o qualcosa di simile. Il tipo che entra in una stanza con fare spavaldo e poi scopre di avere la carta igienica attaccata dietro. Quello che pronuncia un bel discorso finale per fare un’uscita drammatica e poi mentre esce inciampa in un secchio e sbatacchia nello spigolo della porta.
Sono un imbranato. E non lo dico solo perché oggi mentre affettavo il prosciutto ho rischiato di distruggere il frigo con il coltello. No, quelle sono piccole cose, robetta per imbranati principianti. Io ho il certificato di imbranato, rilasciato dalla federazione ufficiale mondiale dell’imbranataggine, e pertanto sono abilitato a creare catastrofi decisamente più mostruose. E poi ho un’aria un po’ tonta, e per formare un discorso semplicissimo faccio un milione di rigiri di parole che non si capisce niente, mi accorgo che non si capisce niente, mi interrompo e ricomincio da capo, e in questa maniera anche i pochi che erano sopravvissuti alla prima parte sono definitivamente impossibilitati a capire.
Sono un imbranato. E se qualcuno dei miei attori aveva ancora qualche dubbio in proposito, con le prove di stasera deve essersi irreversibilmente convinto che anche come regista sono l’incarnazione della goffaggine. E a mia discolpa non posso dire granché, se non la scusa che utilizzano sempre tutti gli incapaci volenterosi: ce la metto tutta. Magari è un po’ una paraculata, ma mi preferisco così che a una mia versione perfetta ma che fa le cose senza passione. Certo, non credo che potrò usare questa frase quando appuntando il lapis farò per sbaglio saltare in aria la facoltà. Ma per altre cose vale davvero la frasina che ho trovato nel bacio Perugina di stasera, un cioccolatino illuminante: “metti il cuore in tutto ciò che fai”.

Natale (sì, tocca parlarne anche a me)

La cosa veramente drammatica del Natale è che c’è da parlarne. Per dire: stamani mi sono svegliato pensando che avrei tanto voluto scrivere a proposito della frequenza con cui Simona Ventura si fa un lifting, con tanto di grafico che esprimesse il valore in interventi al minuto, ma poi ho dato una scorsa alla lista di blog che seguo e non ho notato un solo post che non avesse nel titolo le parole “Natale”, “Christmas” o “Auguri”. In realtà ce n’era uno che titolava “Viagra”, ma quello è il blog di Alan, e si sa che non conta. Poi do un’occhiata a facebook, e perfino la pagina di Sarcasmo, a cui sono fieramente iscritto, augura un sarcastico Natale a tutti.
Quindi niente. Niente post sulle operazioni della Ventura. No, perché mi è proprio passata la voglia. È già stato tanto se non ho trovato una dozzina di senzatetto in salotto con mia madre che dava loro la minestrina e una coperta di pile.
Ora, non voglio fare il radical chic che deve per forza dire di odiare il Natale per darsi un tono e distinguersi. Non ce n’è bisogno, e comunque sarebbe del tutto inutile dato che ormai va troppo di moda dire che si odia il Natale. Ma la mia non è una moda: io davvero aborro questo concetto dell’essere buoni per forza, dei regali da fare per forza, di Mariah Carey che strilla per forza, e poi le lucine, le lucine, oddio le lucine! Mentre torno dalla città verso casa mia mi sembra di entrare a Chinatown. 
Ma non so perché ho questa repulsione verso il Natale. Forse perché è un periodo che ricollego a dei momenti particolari, o forse è perché sono acido. Comunque, ci sono delle cose che mi piacciono del Natale: il pandoro, le vacanze, che c’è più tempo per stare con gli amici, il pandoro, le pubblicità dell’intimo con tutta ‘sta ggente ggiovane e bbella, e il pandoro.
Perché dai, in fondo in fondo sono dolce anch’io.
Merry Christmas, Merry Crisi!

Esseri umani #3

Ora, al di là della perplessità riguardo al fatto che questa imbrattatrice abbia bisogno di un minuto per capire il verso della zeta, mi giunge alla mente un secondo interrogativo: ma questa povera creatura a cui la scritta è dedicata ha solo le mani come caratteristica? 
Per carità, evviva l’originalità. E poi le mani sono una parte del corpo splendida, una delle mie preferite. Però mi domando quale sarà il prossimo nomignolo che troverò scritto su un qualche muro.
Inoltre, se proprio la vogliamo dire tutta, sono lievemente preoccupato che qualcuno potrà mai scrivere qualcosa del genere anche a me. Se tra i miei lettori c’è qualcuno che ne ha intenzione, vorrei subito avvisare che non gradisco molto essere chiamato “Naso importante“. Indipendentemente dal fatto che in effetti se mi volto di scatto faccio riscontro.

On air: Justice, D.A.N.C.E.

7 Link Project

On air: Giulia y Los Tellarini, Barcelona
La carissima Eleanor Rigby mi invita a fare questo giochino, e io colgo la palla al balzo almeno faccio pubblicità al mio blog. Devo linkare sette miei post

1) il post il cui successo mi ha stupito

Sicuramente questo: Dolcenera // Freddo resoconto della notte di Natale. L’ho scritto più per sfogo che per pubblicarlo. Avrei potuto liberamente tenerlo per me, e invece mi ritrovo il blog invaso dalle visite.
2) il mio post più popolare
Le statistiche di Blogger mi dicono che è questo: Elenco di insulti ed elucubrazioni pungenti relative alla neve. La sera avrei dovuto far baldoria dopo una settimana di prove e cose altamente stressanti, e la neve mi ha bloccato in casa. Nervi.
3) il mio post più controverso
Credo questo, per l’argomento trattato: La mia personale e discutibile opinione sulla terribile vicenda di Sarah Scazzi. Sono sempre stato un pochino cinico.
4) il mio post più utile
Bene, dovete sapere, nel caso non ve ne foste accorti, che IO NON HO SCRITTO MAI NIENTE DI UTILE!!! Però linko questo post perché ricordare questo post a qualcuna delle mie amiche potrebbe essere utile 🙂 La mia amica Federica è come la bella Camilla…
5) il mio post che, secondo me, non ha avuto l’attenzione che meritava
Non so, non mi sono mai fatto troppe aspettative sui miei post. Metto questo qui, che ha segnato un passaggio importantissimo della mia vita: Tagliare. Ehm, sì, si parla di capelli.
6) il mio post più bello
Sono abbastanza sicuro, stavolta. A te, io auguro è un post che ho scritto davvero col cuore. In un periodo in cui potevo permettermi di scrivere col cuore, perché sarò anche stato imparanoiato da mille cose, ma ero un paranoico felice. Dovrei rileggerlo, questo post, dovremmo rileggerlo tutti. Forse più tardi.
7) il mio post di cui vado più fiero
Tutto il mio maestoso Progetto Faces. Perché è una stronzata, ma è una stronzata geniale!
Ma siccome è un singolo post che si chiede, dico questo: Orfeo.
Adesso devo passare la palla ad altri sette blog. Eccoli qua!
6) http://www2.imperial.ac.uk/blog/insertcoffeehere/ (non so se Alan ha scritto già sette post, ma quelli che ha scritto sono fantastici!)