Il dente del Giudizio

La purezza di una persona la si vede al supermercato.
Lasciate perdere chi vi dice che Dio vede nei vostri cuori e nelle vostre anime. Sarà anche vero, ma ci sono modi molto più economici per farlo: a me, per esempio, basta uno scontrino.
In particolare, mi basta sapere che tipo di dentifricio comprate. Mi piacerebbe immaginare ognuno di voi davanti allo scaffale dell’igiene personale, con davanti una distesa infinita di tubetti. Ebbene: è proprio quella scelta che vi rende persone migliori o peggiori. Ogni volta che scegliete un dentifricio tra le migliaia di possibilità che il commercio vi mette a disposizione, voi stabilite un ordine di priorità.
È così, non c’è niente da fare. Scegliete il dentifricio che protegge dalle carie? Bene: siete persone che curano la propria anima. Curate il vostro cuore, perché vi preoccupa di più ciò che avete dentro. (Un po’ come chi ha il verme solitario.) 
E se la vostra mano scivola verso quell’allettante “Denti più bianchi“? Haaaaaaaaaa, ORRORE! Siete dei miserabili peccatori che si sono lasciati tentare dal diavolo. Date più importanza all’aspetto esteriore che a quello interiore. Siete degli schifosi esseri corrotti da Satana, i classici “belli fuori, brutti dentro”. Il verme solitario a voi scorre nelle vene, altroché!
Capito, dunque? Rassegnatevi, né la magistratura né Dio (pfui) possono paragonarsi a quello che è il più efficiente dei Giudizi: la sentenza del dentifricio.
P.S. Io uso quello ad AZIONE COMPLETA. Ecco perché sono praticamente perfetto.

La mia amica Federica è come la bella Camilla…

  • tutti la vogliono ma nessuno la piglia
  • tutti la vogliono e lei beve camomilla
  • tutti la vogliono e lei sniffa vaniglia
  • tutti la vogliono, ma lei non è una Sibilla!
  • tutti la vogliono e lei scappa con Nilla
  • tutti la vogliono e lei si copre d’argilla
  • tutti la vogliono, compresa la sua pupilla (questa è abbastanza obbrobbriosa)
  • tutti la vogliono, compresa la sua tonsilla (vedasi sopra)
  • tutti la vogliono, ma… alla fine… nessuna scintilla
  • tutti la vogliono: anche un gorilla!
  • tutti la vogliono e il telefono squilla
  • tutti la vogliono e qualcuno la assilla
  • tutti la vogliono perché l’occhio le brilla
  • tutti la vogliono ma il dubbio s’instilla (non so se esiste questo verbo…)
  • tutti la vogliono ma la voglia vacilla
  • tutti la vogliono, pure se vestita di lilla
  • tutti la vogliono: è così arzilla!!!
  • tutti la vogliono per un’uscita tranquilla
  • tutti la vogliono ma il suo cuore non defibrilla
  • tutti la vogliono con indosso una spilla
  • tutti la vogliono. Ma ascoltate la postilla: prima tutti sembrano una favilla, ma poi, ‘sti uomini, tornano al calcio-balilla. E sapete che vi dico, con la mia aria saputella? Che vi perdete proprio una stella strabella!

[ with sooooo much love <3 ]

Syntactic Sugar Awards

Signore e signori – e troiai vari – buonasera, e benvenuti alla prima edizione dei Syntactic Sugar Awards, la manifestazione più   /* inserire qui un superlativo a scelta, tanto nessuno ci fa mai caso */   del mondo! Stiamo per premiare tutto quello che più ha caratterizzato la mia estate. Estate che sta finendo: ormai dobbiamo accettarlo, e se non lo vogliamo accettare ci pensa il diluvio che mi sta precipitando addosso in questo momento a imporci questa triste consapevolezza. 

Non starei a perdere tempo con ulteriori preamboli, perché si sa che mi piacciono le premesse, e quando comincio poi non finisco più. Ad esempio, questo di adesso è un paragrafetto pretenzioso e totalmente inutile, che chiunque avrebbe evitato, ma quando ho una tastiera sotto le dita inizio a sragionare e non la smetto finché le mani non si sono sfogate sui tastini. Ecco, dovrebbero avere finito, così ho modo di introdurvi a quello che è il succo di questo post.




Cominciamo col premio per il gruppo rivelazione dell’estate 2010, che va ai…
(rullo di tamburi, le luci che calano, pubblico col fiato sospeso, occhi sgranati, gole trepidanti e pronte a scoppiare qualunque sia il vincitore, puntini puntini che fanno sempre molta scena… … … …)

BASEBALLS
(link)

Con le loro rivisitazioni in chave rock&roll delle canzoni pop moderne conquistano il titolo e si guadagnano un posto nelle mie speranze: si spera che cambino un po’ genere e che sappiano sfruttare la novità che hanno reinventato per non annoiare il pubblico.




Il premio per la canzone più ripetitiva e alienante e “che dopo un po’ non ne puoi più” dell’estate 2010 va a…
(No, ho appena deciso che questa parentesi di suspense non la metterò più, è troppo difficile inventarsi una frase per tutte le volte!)

WAKA WAKA (e relativo balletto)(link)

Shakira guadagna questo ambito premio grazie sopratutto alla particolare coreografia che ha ammorbato l’estate. La prova schiacciante del virus Waka Waka (pare che la prossima influenza autunnale si chiamerà così) è costituita dal fatto che persino io sono riuscito ad imparare una bozza di ritornello – che peraltro sfoggio con orgoglio ai profani.

Il premio per la bevuta migliore dell’estate 2010 va, senza la benché minima ombra di dubbio, al…
(Ovviamente il premio è stato deciso dopo un’attenta valutazione, sia ben chiaro. Amiamo fare le cose per bene, qui a Zucchero Sintattico! Niente favoritismi o che, ecco.)

LONG ISLAND ICED TEA
(link)

che è stato la principale causa delle figure di merda, degli sfoghi, dei pianti, delle litigate, delle risate e dei divertimenti migliori di quest’estate. 




Il premio per la figura di merda più esilarante va a…
(evitare ogni genere di commento)

“Scusa ce l’hai l’appuntalapis?
No? E se con ‘appuntalapis’ io intendessi
il tuo numero di telefono?”
(niente link qui, grazie.)

Bene. Passerei subito al prossimo premio, mh?




Che è il premio per la canzone più sensuale barra erotica dell’estate 2010. Esso spetta di diritto a…

STRAIGHT TO… NUMBER ONE
(link, scusate per il video patetico, non credo esista quello ufficiale)

Una scoperta di Giugno, anche se ho dovuto faticare fino ad Agosto per riuscire a risalire al titolo, e soprattutto al gruppo, i Touch and Go. Credo che assieme alla barretta di cioccolato al peperoncino costituisca uno dei migliori afrodisiaci in circolazione.

Il premio per il piatto migliore dell’estate 2010 va a…

ANATRA ALL’ANANAS
(link)

che ho avuto il piacere di gustare in un ristorante cinese, appena prima di sapere che magiare al cinese è una cosa che non si può fare troppo spesso. C’ho pianto, credo. Non ricordo bene.

Il premio per la cosa più bella dell’estate 2010, che è anche la cosa più bella delle estati prima di questa, e per le estati dopo questa, e per tutte le stagioni dell’anno, e luoghi della Terra, e Sistema Solare, e Galassia, e universo sconfinato va a…

I MIEI AMICI

Quelli che ci sono sempre stati, e quelli che ci sono ora, e quelli che ci sono stempre stati e ci sono ancora. Quelli che ti telefonano per aggiornarti delle cazzate, e quelli che per ora sono solo una scritta viola su uno schermo. Quelli che rivedi dopo tanto tempo, e quasi non ti riconoscono per il nuovo taglio di capelli, e che poi ti saltano addosso tutti contenti. Quelli che studiano con te, anche se studiano cose completamente diverse. Quelli che per farti dimenticare arrivano a farti male, e quelli che ti buttano addosso a ogni singola persona della discoteca per vedere se lo scontro fa nascere qualcosa di bello (o anche solo una botta e via!). Quelli che ti scrivono le mail piene di stupidate, che ti chiamano per un gelato, che ti mandano un sms per lamentarsi del ragazzo in ritardo, che hanno riso con te in vacanza, che fanno finta di essere i tuoi genitori, che ti abbracciano alla sprovvista, che anche un esame di fotografia può essere un pretesto per vedersi, che “mi sentono vicino e non sanno perché”. Quelli nuovi, che però riescono ad aprirsi subito, e quelli che conosci da una vita e che ancora non hanno la stessa confidenza, ma vuoi loro lo stesso un gran bene. Quelli che ti portano a bere e che poi ti tolgono il bicchiere dalle mani. Quelli che credono in Dio, quelli che non ci credono, ed entrambe le categorie comunque credono in te. Quelli che non mi perdoneranno mai questo adolescenziale ma necessario bisogno di retorica, e quelli che invece lo apprezzeranno. I miei migliori amici, che sanno perfettamente che tutto questo scritto non è solo per evitare un’oretta di studio, ma è anche una scusa per dirglielo, che gli voglio bene

Le dodici fatiche di Ercole, versione mondo moderno

Prima. Trattenersi dall’insultare, fischiare o sputare un qualsiasi politico italiano; e, dopo aver ceduto, trattenersi dall’insultare, fischiare o sputare anche la schiera di tutti i politici italiani che si sdaranno in dichiarazioni di solidarietà nei confronti del colpito – dimenticandosi, peraltro, che una settimana prima si stavano scannando in Parlamento.

Seconda. Ballare Waka Waka con un Cuba Libre nella mano destra, facendo attenzione a non farne cadere neanche una goccia. Vi giuro che è un casino, quando fa “eh eh”!

Terza. Trovare parcheggio.

Quarta. Lavare l’auto senza indossare la cintola dei pantaloni. La cosa particolarmente ostile sta nel non scomporsi quando ad ogni gomitata calano tre cm di jeans, che vanno a terra definitivamente quando stai correndo per andare a chiudere l’acqua.

Quinta. Entrare a Viareggio. Notarne la curiosa viabilità. Uscirne, sani di mente.

Sesta. Guardare un video di GemmaDelSud per almeno dieci minuti, senza: ridere; commentare; vomitare.

Settima. Silvio Berlusconi: evitare di domandarsi come mai ha il potere.

Ottava. Facebook. E non aggiungo altro.

Nona. Orientarsi sui siti degli atenei. Magari capirci qualcosa. Non chiedersi se non sia necessario già essere laureati per poter iscriversi a qualcosa.

Decima. Trovare lavoro (con o senza laurea).

Undicesima. Scommettere sull’età di Anna Tatangelo. Non rabbrividire, una volta andati su Wikipedia per controllare.

Dodicesima. Trovare una dodicesima fatica di Ercole nel mondo moderno. Oh, eccola!

[ to be continued ]

Lettera dal mese di Luglio

Caro Ale,
mi spiace molto per questo mese.

Hai avuto le tue rivincite, ma tutto sommato non credo di essere stato all’altezza delle aspettative.
Per questo adesso sparisco e fino all’anno prossimo mi darò colpi di cilicio per punirmi.
Agosto è appena iniziato. Promette bene!
No, non è vero che promette bene.
Ma se non lo si vive, non lo sapremo mai.


Auguri,

tuo affezionatissimo
Luglio

Lettera al mese di Luglio

Caro Luglio,
ciao. Chi ti scrive è un ragazzo che è sempre stato più o meno educato. Rispettoso, come scrivevano sulle pagelle alle elementari. Non ce l’ho mai avuta con i mesi dell’anno. Forse con Novembre, ma solo dopo il bombardamento mediatico di Giusy Ferreri. Ma sicuramente mai con te, Luglio. Anzi: da piccolo io e i miei genitori andavamo sempre in vacanza a Luglio, perché era l’unico mese in cui potevano prendere le ferie. Ecco, vedi?

Caro Luglio,
voglio impegnarmi seriamente nella promessa che ti faccio. Io ti adoro, Luglio mio, e ti prometto che farò il bravo. Studierò e darò gli esami; dopo cena mi occuperò di sparecchiare; darò anche l’aspirapolvere, pensa. Cercherò di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, di pensare a oggi come se non ci fosse un domani, e tutte le altre frasine che si trovano dentro i cioccolatini (o su facebook, che più o meno ha lo stesso potere di banalizzare ogni cosa, ma non ha il cioccolatino da mangiare, quindi è ancora peggio).

Caro Luglio,
dopo questa sentita premessa, non posso evitare di dirti che sarebbe cosa estremamente apprezzata se tu fossi almeno un pelino ino ino più gradevole del mese precedente. 

Con tanto affetto,

tuo Ale


P.S. Allego una fotografia con delle albicocche. Non si sa mai.



Chi fa da sé fa per tre

Stamani mi sono svegliato che ce l’avevo a morte con i proverbi. 
Durante lo studio mattutino ho provato a dimostrare insieme a una mia compagna di corso che c’era una contradizione tra i modi di dire “Meglio soli che male accompagnati” e “Due è meglio di uno”. Abbiamo pure formalizzato tutti i passaggi (e ho una foto che testimonia ciò!) per poi realizzare che avevamo sbagliato l’ipotesi di base. Infatti, arrivati alla pausa pranzo, il mio guru – che viene dalla facoltà di Matematica e per questo si crede molto figo – ha espresso il suo disappunto per l’assenza di una definizione formale di proverbio, e ci ha mostrato tutte le pecche del nostro ragionamento. 
Ad ogni modo, siccome oggi c’ho proprio il pallino dei proverbi, vorrei farvi un altro esempio di come questi siano incompleti e possano portare sulla strada sbagliata. Prendiamo il tanto usato
chi fa da sé fa per tre
Dunque, sappiamo tutti benissimo che il concetto che si vuole esprimere dicendo ciò è: “A volte se si è in tanti a fare una cosa si rischia di fare casino, cosa che non succederebbe se si fosse da soli”. Ora, riflettiamoci. Perché c’è bisogno di dire chi fa da sé fa per tre?! Per la rima?!?! Ma allora sarebbe decisamente più efficiente una cosa come… Boh, non saprei… Ecco: “meglio da me che con te”. Ma il numero tre è un riferimento preciso, Cribbio! 

Cazzo, ho detto proprio Cribbio!
Cinquecento flessioni, Ale, forza.

Anf, anf, eccomi. Dicevo: quel tre lì complica tutto, perché rende tutto più scientifico! Non occorre aver dato Analisi II per capirlo, ci arriva anche un bambino di terza elementare, basta aver fatto le moltiplicazioni: se una persona da sola fa per tre persone, due persone da sole fanno per sei. E x persone da sole fanno per 3x. Okay, per quest’ultima espressione magari serve la prima media. 
E’ necessario che le persone siano da sole, certo. Perché il proverbio specifica quel “da sé”. Ma non occorre essere dei principi del foro per trovare il cavillo che ci permette di aggirare questa clausola.
Facciamo un esempio pratico: devo fare un dolce. Beh. Una persona sola lavora per tre persone. Non posso mettere un’altra persona a fare lo stesso dolce, perché altrimenti non varrebbe più il proverbio, e sarebbero semplicemente due persone a fare un dolce. TUTTAVIA, se divido i compiti, e dico alla prima persona di lavorare da sola all’impasto, e alla seconda persona di preparare da sola la crema, avrò sei persone (due per tre!) che lavorano per lo stesso dolce! E per lo stesso principio posso mettere una terza persona che lavora da sola al forno, che ne so… 

Ora, il dubbio è: se ho tre persone che mangiano tre fette di dolce, in realtà ho nove persone che mangiano tre fette di dolce. Quante fette di dolce devono mangiare nove persone – che in realtà sono tre – per essere sazie?

Ecco. Ora ho fame. Dannati proverbi.

Di astucci e altre stronzate

Tanto da fare implica tanta assenza dal blog. Ho già chiesto scusa troppe volte per cui penso sia meglio passare direttamente alla ciccia. Se siete qui è perché siete desiderosi di leggermi. Oddio. Forse sono un po’ troppo ottimista. Rielaboro la frase. Se siete qui è perché siete i classici individui affetti da DDS. Dipendenza Da Stronzate. Quindi, prima che andiate a rota, eccole.

1) 
C’è una questione che mi tormenta da qualche tempo a questa parte. 
(Parentesi: la locuzione “da qualche tempo a questa parte” è pallosa e vagamente qualunquista, e soprattutto è sintatticamente indecifrabile, per cui mi vergogno di averla scritta. Ma ormai c’è, e mi ha dato lo spunto per scrivere questa geniale parentesi con cui inizialmente volevo solo chiedere perdono…)
Dicevo. La questione che mi tormenta da qualche tempo a questa parte (e adesso non starei a farci i poemi) è questa. Ora vado all’università. Magari anche voi ci andate. E siamo tutti andati alle elementari, alle medie e alle superiori (che poi ora si dovrebbero chiamare in un altro modo grazie all’indispensabile Riforma Moratti, ma tutti continuano a chiamarle elementari, medie e superiori). Bene. Abbiamo tutti avuto un astuccio. Qualche settimana fa ho realizzato che quando (e se) inizierò a lavorare, non avrò più un astuccio. Perché magari le penne e le gomme e le matite saranno in ufficio. Chiedo un minuto di raccoglimento, per favore. Pensiamoci. Non avremo più un astuccio. Non vi nascondo che ci sono rimasto parecchio male. Insomma, sono abituato a stare con l’astuccio con tutti i miei pennarellini e le dozzine di penne di riserva, e… No, non ne posso parlare, mi viene da piangere. Inizierò a lavorare, l’astuccio per qualche mese rimarrà sulla scrivania. Poi verrà spostato, da qualcuno. Forse da me. E dopo un anno, già mi immagino: “Dov’è finito l’astuccio?” “Mah, sarà insieme alle cianfrusaglie dell’università, o l’avrai tirato via, o…” e qui inizierò a tremare “…o forse è in soffitta“. NOOOOOOOOOO! IN SOFFITTA NOOOOOOOO!!! Tutto ciò che finisce in soffitta non viene più ritrovato. La mia soffitta è un ottimo nascondiglio per i cadaveri. E’ come avere un buco nero in casa. Addio, mio piccolo astuccio. Ricorderò con affetto le funzioni seno e coseno che avevo disegnato su di te. Addio.
2) 
Ho sviluppato una pessima abitudine, e vorrei confessarla qui, perché è come avere un peccato da espiare. Non vado dal prete per confessare i peccati. E il fatto che io sia non credente ha una rilevanza marginale in questa scelta. Non ho mai capito cosa gliene dovrebbe fregare al prete dei miei peccati. E’ una cosa molto stupida: se tanto Dio vede e sente tutto, perché non confessarsi da soli, pregando, senza passare da un intermediario che potrebbe essere indiscreto e soprattutto portare a quello che non è il meglio per una persona? Capisco solo l’intento di volersi sfogare, di condividere un peso con qualcuno. Ma ci sono gli amici per quello, o gli psicologi – che sono sicuramente più preparati in materia. Finita anche per oggi la digressione religiosa – qualche frecciatina ce la devo mettere ogni volta, ormai lo sapete. Il mio è odio profondo, non c’è niente da fare – posso tornare all’argomento iniziale: la mia pessima abitudine. Sì. Ho iniziato a dire
è chiaro

in ogni discorso. Il che è orribile, perché mi fa passare per il saputello arrogante e precisino, quando magari voglio semplicemente utilizzare un intercalare diverso dai soliti tipo, cioè, in realtà, tuttavia (per questi ultimi due la colpa è del mio guru…). Certo, meglio dire
è chiaro

che dire è logico, o è scontato, ma mi dà quest’aria presuntuosa che forse non avrei se non dicessi così tanto spesso
è chiaro

, capite? Questa cosa mi turba.
3)
Sarò breve, una volta tanto: ‘sto tempo ha rotto. E’ Maggio, NON Novembre.


4)
E anche l’ultima replica di Dio è andata. Con alti e bassi. Durante le prime tre performance mi ero chiesto come avrei potuto non ammalarmi con la testa umida (avevo due tipi diversi di gel e due tipi diversi di schiuma sul capo…). E, puntualmente, la febbre è arrivata il giorno dopo l’ultimo spettacolo. Ho ancora un pesante raffreddore che combatto con ogni rimedio naturale possibile (non posso aggiungere altre medicine a quelle che già prendo!). Per esempio, il latte e miele è portentoso contro la tosse. E le sciarpine – che comunque non tolgo mai anche quando sono sano come un pesce – mi tengono il collo bene al caldo! E ovviamente la frutta. A pranzo ho mangiato un arancio (anche se ho fatto fatica a sbucciarlo, tra un po’ mi rovesciavo tutto addosso) e stasera ho concluso la cena con due mele. Se una al giorno toglie il medico di torno, mangiandone due ho praticamente un check up giornaliero.


Religion versus religion

Disclaimer (o meglio: una riga per pararsi il di dietro): ciò che segue non vuole mancare di rispetto a nessuno; è stato scritto con l’unico intento di far sorridere. Inoltre, poiché l’unica entità coinvolta che possa indispettirsi è Dio, Egli è libero di manifestare in qualunque modo il suo disappunto, anche mandandomi addosso della sfiga. Tra l’altro, dovrà impegnarsi molto per peggiorare la mia situazione attuale. Assisterò con piacere.
 
Partiamo esponendo il problema in semplici termini.

Oggi è il 19 Marzo. Il 19 Marzo la Chiesa festeggia San Giuseppe, e tradizione vuole che si riconosca onore al padre – quello di copertura, diciamo – di Gesù (infatti è la festa del papà e, se non avete ancora fatto gli auguri al vostro, rimediate subito!). Quindi si festeggia San Giuseppe, specialmente con le frittelle

Ma il 2010 ha riservato un oscuro tranello alla Chiesa cattolica. Qui ci vorrebbe una musichina di suspense. Immaginatevela. Dicevo: quest’anno, qualcosa è andato male. Perché oggi, 19 Marzo, è anche venerdì di Quaresima, giorno noto per l’obbligo del digiuno
PARADOSSO!
Ta da da daaaaan! Sarà questo il fantomatico e catastrofico evento che causerà l’implosione del Cattolicesimo? Pensandoci, potrebbe darsi che Nostradamus abbia fatto confusione con accenti e maiuscole, e invece di “Papa nero” avesse voluto dire “papà nero” (cioè San Giuseppe). La questione è tosta, però. Finirà davvero il mondo, o solo il Cristianesimo, oppure rimarrà tutto così com’è, a dimostrazione che tutto ciò che trascende il terreno è solo un grande e fin troppo idolatrato bluff?

Ovviamente non cambierà niente, ci posso scommettere. Ma è altrettanto chiaro che c’è un evidente conflitto interno. Se Dio fosse un elaboratore, il problema sarebbe presto risolto con un pratico vincolo sulle priorità. Ossia basterebbe assegnare priorità maggiore a una delle due feste, che quindi “vincerebbe” sull’altra. In realtà sappiamo benissimo tutti che, almeno inconsciamente, assegnamo priorità maggiore alle frittelle, per cui – in barba a digiuni vari – San Giuseppe vince sul venerdì di Quaresima.

Tra parentesi, è ovvio che questo ragionamento non funziona con elaboratori dual core. Ne consegue che Dio deve essere necessariamente monoprocessore. Il che tornerebbe: non sappiamo di preciso l’anno da cui l’Onnipotente esiste, si dice che è eterno – cioè è sempre esistito – e infatti a quel tempo i dual core non erano ancora stati inventati.

Sostanza inzuppata nella cioccolata

Non ricordo se alle elementari abbia mai avuto un insegnante poco competente. Le maestre erano tutte brave, oppure io ero troppo ingenuo e ancora troppo poco istruito per percepire una qualche loro mancanza. Comunque ringrazierò sempre le storielle di Leda (“le vocali litigano, una piange e va via e lascia una lacrima, che è l’apostrofo”) e l’abaco di Paola (“il pallino verde indica le centinaia, e va nel terzo stecchino”), e i buffi rimproveri di Luigina (“cosa ci fanno ancora là fuori, quelle befane?! la campanella è suonataaaa!”).

Alle medie ero già più perspicace, e posso tranquillamente affermare che il professor FR (musica) è stato il peggior elemento di quei tre anni, in cui è riuscito a insegnarci a suonare Venus al flauto dolce. E basta. Beh, cosa pretendete da uno che lascia una classe a guardare un film di Boldi e De Sica e se ne va a provarci con le bidelle?

Pensando al liceo, invece, posso ricordare alcuni casi di professori particolarmente incapaci o idioti. Ma il premio per l’incompetenza credo spetti all’insegnante di filosofia della terza. NC. A distanza di quattro anni, voglio sperare che la sua abilità abbia raggiunto un livello accettabile. In breve, sarebbe davvero carino se avesse capito la differenza tra “spiegare” e “far leggere il libro dagli alunni”. E sarebbe altrettanto carino se avesse cominciato – finalmente – a studiare la filosofia.

Ad ogni modo, il post di oggi nasce proprio da un concetto che la giovanissima signora NC conosceva in modo sbagliato. Esatto, avete capito bene: sto per parlare di filosofia (ta ta ta taaaaa, musichina thriller). Non vorrei essere troppo palloso, quindi mi aiuterò con Wikipedia per descrivere l’esatta concezione pensata da Aristotele. Poi una bozza di quello che aveva capito NC leggendo dal libro. E poi finalmente possiamo passare alla mia versione, che è necessariamente più umile e idiota di quella aristotelica (e questo è il principale motivo per cui non mi troverete mai in un libro di filosofia).

Quindi:
– Aristotele (link): la sostanza è la più importante tra le categorie (che sono le caratteristiche fondamentali dell’essere), su cui poggiano tutte le altre categorie, e per cui una cosa può venir detta esistente.
– NC (il link non c’è, grazie al Cielo, ne metto uno a caso): insieme alla forma (come una cosa si presenta ai sensi) costituisce l’essenza di una cosa [in realtà questo concetto è parzialmente corretto, se sostituiamo qualche termine].

Grazie alla sbagliata interpretazione di NC, io ho potuto sviluppare una teoria. Questo è un punto a favore di NC, che subito viene perso se si pensa che tale teoria è completamente inutile e che viene pubblicata su questo blog insulso – di cui io però vado fierissimo, sia chiaro. 
Ero lì che facevo merenda coi befanini inzuppati nella cioccolata, e pensavo a una conversazione avuta l’altro giorno con i parenti. Mia sorella aveva visto in un negozio un mobile fatto a cilindro che ha la caratteristica di ruotare su sé stesso. Ecco: mamma sosteneva che fosse molto carino; nonna, al contrario, pensava che si trattasse di uno spreco di soldi, in quanto avrebbe occupato solo spazio e non sarebbe stato utile.
Io, avendo da poco sviluppato una viscida tendenza al politically correct, ho concluso che preferisco un giusto compromesso tra l’estetica e la funzionalità, tra il bello e l’utile, tra la forma e la sostanza. La virtù sta nel mezzo.

Vi chiederete: cosa c’entrano i befanini inzuppati nella cioccolata? C’entrano eccome, perché proprio oggi ripensavo a quella conversazione. E pensavo – dimenticando completamente il proposito del politically correct – che non è vero che la virtù sta nel mezzo. Perché una cosa deve essere necessariamente un compromesso tra ciò che è utile e ciò che è bello? Non può essere una cosa bellissima e anche utilissima? Non si può tendere al massimo dell’estetica e al massimo della funzionalità?

E poi ho pensato che i befanini inzuppati nella cioccolata erano davvero eccellenti, così ho dedicato le mie elucubrazioni all’alta pasticceria, argomento che esula da questi appena trattati (anche se probabilmente più interessanti e appetitosi).

E adesso, poiché trovo questo post molto noioso, dirò qualcosa che vi farà dimenticare di averlo letto: lo sapete che Tonio Cartonio non è più alla melevisione? E’ stato sostituito da suo cugino, un tal Milo Cotogno. Secondo me non è davvero suo cugino. Ha un’aria molto meno cretina. Peccato.