Doyouwannadiehappy?

Stamattina ho inaugurato la trash week 2010. Anche l’anno scorso era più o meno questo periodo quando ne ho avuto bisogno. Ho chiesto a tutti di consigliarmi delle canzoni completamente idiote per rendere più allegri i miei viaggi in auto. Tra parentesi, fra cose come Britney Spears e Vengaboys, tra Buddha’s Delight e Levas Polka, non so come ma nel disco c’è finito anche Charlie fa surf, e da lì mi sono appassionato al Baumondo. 
Quest’anno il tema della settimana è lo sconfinato universo della trash music. Tanto per cominciare, un brano che non è propriamente trash, ma dà un bel sottofondo a questa nuova, solare, venefica giornata. 

Cara Aurora

Primo tentativo: vari pezzi di carta sparsi per la stanza. Alcuni appallottolati, altri semplicemente gettati per terra. Diverse cancellature condannano le poche parole impresse su di essi.

Secondo tentativo: un foglio bianco accartocciato che troneggia sulla sommità del cestino, come se si volesse imporre sull’altra immondizia. Mostra alcune parole trapassate da righe severe che ne sottolineano l’inadeguatezza.

Cara Aurora,
non ci crederai, ma non trovo le parole. Proprio io, il ragazzo forte e determinato. Quello che non indugia mai, che sa sempre cosa fare, e che quando si impegna riesce a trovare una soluzione che metta d’accordo tutti. Io, Filippo. Mi trovo in imbarazzo e pure un po’ spaesato, perché ciò che dovrei scriverti non riesce a trovare una collocazione su questo pezzo di carta. Tu diresti che è colpa della penna, ma io non credo sia così. Ho provato a sostituirla, e non è cambiato nulla. Forse in questi casi le parole giuste sono quelle più dirette. Forse tutti i tentativi di rendere dolce ciò che è inevitabilmente amaro sono vani, e allora è inutile anche solo perderci del tempo. Aurora, tra noi non può continuare. All’inizio è stato bello, fantastico, meraviglioso, ma adesso sono stanco, veramente molto stanco, e sarebbe scorretto e vile da parte mia non dirti che la colpa di tutto questo sia tua. Tutta.

Terzo tentativo: un file di testo lampeggia sul monitor del computer.

Cara Aurora,
sono circa cinque notti che mi siedo davanti alla scrivania con la stessa intenzione, e sono cinque notti che non riesco a realizzarla. Si tratta di scriverti. Questa sera la penna ha sputato alcune parole. Tutte sbagliate. Dovresti vedere la mia stanza ricoperta da pallottole di carta per capire. Tu non saresti molto contenta. Mi diresti che gli alberi piangono quando si spreca la carta (e magari useresti quella che ho qui per costruire un castello). Così ho deciso di scrivere al computer: almeno non danneggerò la natura.
Cinque giorni fa tornai a casa che ero veramente incazzato. Scusami, lo so che non ti piace quando uso queste parole. Ti avevo portata fuori a cena. Ero anche stato attento a non scegliere un ristorante troppo elegante né troppo frequentato, perché so che li odi. C’era anche la luna piena, e dici sempre che la luna è contenta quando è piena, e che quando la luna è contenta sei contenta anche tu. Per tre ore sono stato completamente tuo, e contemporaneamente ero rapito dal pensiero di quello che sarebbe successo dopo. A mezzanotte, quasi mi tradii quando mi sono voltato per cercare un cameriere che stava puntualmente arrivando. Ci servì due biscotti. Non ti lamentasti nemmeno del fatto che avevi ordinato la torta alle mele: sapevo che non l’avresti fatto. Iniziai a mordere il mio biscotto che già tradivo un sorriso, ma mi sforzai di guardare il mio piatto ostentando un’indifferenza che mi è costata tanta concentrazione. Per forza: non sono mai stato così in ansia. “Uh!” La tua esclamazione di sorpresa interruppe il mio cuore. Non pensavo che potesse smettere di battere per così tanto tempo. Sollevai lo sguardo giusto in tempo per vederti estrarre il biglietto dal biscotto. Avevi nel volto la solita espressione bambina di sempre, curiosa e trasognata. Potevo seguire i tuoi occhi azzurri mentre scorrevano sulle parole del biglietto. Vuoi sposarmi? c’era scritto. Hai cominciato a ridere, e quando mi hai guardato i tuoi occhi brillavano felici. E così mi sono unito a te, a ridere con te, e forse anche i miei occhi hanno brillato felici come i tuoi. E poi, sempre col sorriso sulle labbra, mi hai detto… “No”. Non ho capito subito ciò che avevi detto. Probabilmente non avevo ancora la capacità di connettere una parola tanto malvagia alla reazione gioiosa di un momento prima. Eppure me lo hai ripetuto: “No”. “No? In che senso?” Lentamente il mondo si stava distruggendo: vedevo i camerieri sprofondare nelle crepe del terreno, e i tavoli cadere, e le luci crollare dal soffitto, e la terra e l’aria scuotersi. Ma doveva succedere nella mia testa, perché tu non battevi ciglio e continuavi a fissarmi, intanto che giocherellavi con la treccia bionda dei tuoi capelli. “Non voglio sposarti, Fil. Ci sono tante altre persone al mondo che voglio amare. Questa cosa che voi fate, il matrimonio… Funziona tra due persone, e esclude i cinque miliardi e novecentonovantanove milioni e novecentonovantanove mila novecento novantotto che restano. No, Fil, non possiamo permetterci di lasciarli tutti fuori”. Ad ogni tua parola che ascoltavo ero sempre più basito. Ti conosco bene, e non avrebbe dovuto sorprendermi una filosofia del genere. Ma proprio perché ti conosco bene so che non avresti mai cambiato idea. “Ma tu… mi ami!” provai a ribattere, conscio che ogni confutazione razionale sarebbe stata vana con le tue strambe idee sull’amore. “Certo che ti amo… Tu?” E già sorridevi, come se tutte le parole che avevi appena pronunciato fossero evaporate, e per questo non più degne di essere considerate. Invece no. Io ero rimasto ferito dalla tua sentenza. Non ti risposi. Lasciai dei soldi sul tavolo, poi mi alzai e me ne andai via.
Forse ti starai chiedendo come mai ti abbia ripetuto tutto questo. Ebbene, non sono così sicuro che tu abbia realizzato di avermi fatto molto male, e non escludo che tu abbia già dimenticato quel che mi hai detto. Invece devi sapere come mai ti sto per lasciare.
Così finisce quel che chiamavamo la nostra fiaba. Senza un E vissero felici e contenti. Ti ricordi il nostro C’era una volta? Come tutto è iniziato? In libreria, un inverno di sette anni fa. Stavo cercando una copia de La Sirenetta da regalare a mia nipote, ricordi? Quando finalmente la trovo, mi compari davanti, strappandomi il libro dalle mani. Sembravi disperata, ma l’unica cosa che notai fu la luce azzurrina dei tuoi occhi. “Non è come pensi: è una storia triste! Non comprarla, non comprarla, ti prego…”. Eri abbattuta, mentre cercavi con tutte le tue forze di convincermi a cambiare libro, a scegliere i fratelli Grimm, o Collodi, o Edipo. Solo adesso, in questo preciso istante, capisco che in quella libreria, in quel Dicembre freddo di sette anni fa, tu già mi amavi. E che in quel ristorante di cinque giorni fa, tu ancora mi amavi. E che nel frattempo tu hai avuto modo di raccontarmi tutte le tue fiabe preferite, centinaia e centinaia di volte.

Quarto tentativo: un bigliettino piegato in due, posato sul comodino. Pronto per essere infilato di nascosto nella borsa di una ragazza dagli occhi azzurri.

Cara Aurora,
a volte sono un po’ ottuso, e non arrivo a capire nemmeno ciò a cui un bambino arriverebbe con semplicità. Per questo ci sei tu con me.
Ti amo.
Tuo Fil


H.E.R.O.I.N. Non si parla di droga

…ma di creatività, che in effetti è come una droga. 

Motel Connection – H.E.R.O.I.N. 
They call you h.e.r.o.i.n.
I talk about you like it’s a drug
I call you h.e.r.o.i.n.
cause it will eases the pain till it’s numb

I got a taste, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the road

I got a date, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the world

I got a date, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the hope

I got a taste, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the road

You are my h.e.r.o.i.n.
Gonna breathe clean air tonight
You are my h.e.r.o.i.n.
wanna see blue skyes in the night
You are my h.e.r.o.i.n.
gotta play with the raw stuff it’s fun
You are my h.e.r.o.i.n.
Wanna feel your push in my run

I got a taste, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the road

I got a date, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the world

I got a date, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the hope

I got a taste, my love,
Feel the flow,
come on
till the end of the road

Post serio. No, no, scherzo!

La missione è scrivere un intervento in un quarto d’ora. Perché alle due e mezzo devo n-e-c-e-s-s-a-r-i-a-m-e-n-t-e cominciare a studiare. Ci sono i compitini tra una settimana, e il solo pensarlo mi fa venire l’ansia. Non per niente sono un prode membro del “trio dell’ansia” (che poi in realtà è un quartetto, ma ormai il termine è stato così coniato). 
Beh, oggi è il primo Aprile. E i miei cuginetti hanno pensato bene di inaugurare i loro scherzi su di me. Niente di troppo traumatico: mi hanno indicato una cosa alla parete che poi non c’era e quando mi sono girato (ci casco sempre in queste cose…) mi hanno urlato “Pesce d’Aprileeeee!”. Che carini! Poi io ho fatto finta di dormire e sono saltato su, gridando d’improvviso. Uno a uno, pari. Ma il pomeriggio è ancora lungo…
(A proposito, fatemi controllare la schiena
Nessun foglietto. Posso continuare)

Ho ancora sei minuti. Devo concentrare nelle prossime righe tutte le cretinate possibili. Stamani pensavo. Il che significa che non facevo niente di importante. Comunque, l’oggetto del mio pensiero era l’incredibile versatilità di utilizzi che può avere il primo Aprile.
Punto numero uno: scherzare è sempre divertente. Non solo per mettere paura ai cuginetti, ovviamente. 
Punto numero due: dire la verità. Quale giorno migliore per farlo, se non quello in cui puoi sempre giustificarti con un Pesce d’Aprile se vedi che l’altro non la prende bene. Quindi, faccio un esempio puramente casuale: i traditori potrebbero approfittare di oggi per confessare la loro debolezza; se non altro per insinuare il dubbio.
Punto numero tre, decisamente il più importante: dichiararsi! Ma certo. Poi se vedi che la persona del desiderio assume una faccia tra il nauseato e il preoccupato, basterà buttarla sullo scherzo, e poi congedarsi un attimo per andare a deprimersi in compagnia di tre litri e mezzo di vodka (ma in realtà la giustificazione dell’allontanamento sarà… il bagno, ovviamente). 

Ho esaurito il mio tempo. Per vostra fortuna, in effetti.

Beh, vado a fare qualche esercizio.
E vado a dichiararmi a un po’ di gente.




Dai, scherzavo!




Per quanto riguarda gli esercizi, chiaramente.


Petizione contro l’informatica insegnata da chi non è abilitato

La Riforma Gelmini per le Scuole Superiori assegna, nel primo biennio degli Istituti Tecnici e Professionali, l’Insegnamento di Informatica NON agli Informatici, Laureati ed Abilitati ma agli Stenografi, Dattilografi e agli insegnanti di Trattamento Testi, che sono solo Diplomati e privi di Abilitazione per Informatica .

L’assegnazione di Informatica a chi non ha il titolo per insegnarla tenta di risolvere il problema della soprannumerarietà creata dalla Riforma per questi insegnanti: moltissime ore di laboratorio sono state eliminate dalla Riforma e questo causerà la perdita di moltissimi posti di lavoro per Stenografi, Dattilografi e Trattamento Testi.

Ma invece di risolvere il problema, la Gelmini lo trasferisce alla classe di Informatica. E’ il buon vecchio problema della coperta corta: se copro la testa scopro i piedi. E oltre a essere inefficace questo provvedimento crea un orrore didattico: l’Informatica insegnata da chi non ha il titolo e la preparazione per insegnarla.

Se come me pensi che questo non sia il modo per risolvere i problemi creati e che TUTTE le materie devono essere insegnate da chi è preparato per farlo, senza trucchetti, pressapochismo e storture di comodo, firma per favore questa petizione:


PS: SCADE OGGI.

Derby regionale

[…] La fiducia dell’Italia in Berlusconi è oltre il 60%. Non importa che la sua politica reazionaria e classista tagli i salari e gli investimenti, distrugga la scuola, la sanità, la ricerca, l’ambiente, metta la mordacchia alla giustizia, all’informazione libera, alla satira. Non importano le leggi ad personam, i conflitti di interesse, la gestione delle emergenze affidata a una cricca. Non importa il disprezzo della Costituzione, del Parlamento e della divisione dei poteri. Non importano gli attacchi al Presidente della Repubblica, all’unità sociale del Paese. Non importano lo sdoganamento del Fascismo, il razzismo di Stato, le guerre criminali, il ritorno al nucleare. Non importa che un affarista senza scrupoli metta al servizio della sua azienda e dei suoi problemi con la legge l’intera macchina dello Stato (una cosa che non c’era neanche all’epoca del Fascismo). Tutto questo non importa: la fiducia dell’Italia in Berlusconi secondo i sondaggi è oltre il 60%. Come si spiega tutto ciò? Io ho una mia teoria. […]

[ Daniele Luttazzi – intervento a Raiperunanotte ]
Beh. Che dire. Se proprio lo volete, votatevelo e prendetevelo. Io non riesco a spiegarmi con che logica qualcuno onesto o intelligente possa votarlo. Però la Legge italiana consente al popolo di votare qualsiasi persona, anche se poi la persona in questione non è in galera o in bancarotta solo perché è più volte intervenuto sulla Legge stessa.
Ad ogni modo, capisco che non ci siano grandi alternative. Ma tra due fette di carne, una scaduta da tre settimane e una scaduta da tre mesi, è proprio possibile che gli italiani preferiscano quella scaduta da tre mesi?! No. Non è possibile. E infatti gli italiani hanno chiaramente fatto capire di non voler più mangiare carne scaduta. Il 36 per cento di astenuti è un dato più che indicativo, di cui tuttavia i politici sembrano sbattersi altamente, molto più preoccupati dal pubblicizzare le loro vittorie. Ahhh, non che non l’abbiano notato, questo dato! Ve lo dico io: hanno una paura matta di dover ammettere che qualcosa non va. Perché farlo comporterebbe il necessario stravolgimento di tutto il sistema, a cominciare dall’espulsione dei parlamentari che da secoli sono radicati a quelle poltrone. E così i nostri orridi e “fondotinta-dipendenti” politici stanno lì a litigarsi un 7 a 6, 9 a 2, 4 a 3, esattamente come la Domenica dopo il derby. 
Tuttavia, nonostante le alternative di voto siano una peggio dell’altra, non credo che l’astensionismo possa essere una soluzione. A dir la verità in questo momento non vedo tante soluzioni geniali che non comprendano l’emigrazione di massa, ma sicuramente astenersi non risolve nulla. Come ho appena espresso, a loro non frega nulla, a loro basta tornare a sedersi lì e farsi vedere ad ogni programma televisivo esistente.
Per loro è tutta una partita di calcio. All’italiana. Sporca, truccata, corrotta, schifosa.
Per queste elezioni ho lavorato al seggio. Durante un momento morto in cui nessuno si presentava per votare, gli scrutatori parlavano tra loro di Juve e Milan e arbitri e pallone.
Notando il mio silenzio, uno di loro mi chiede per che squadra tifo.
Ho risposto che “ho una pessima opinione del calcio”.
Ci sono rimasti male.


L’eleganza dei bottoni septici

Approfitto di questa pausa che ho per rilassarmi e scrivere qualcosina sul blogghino (se avessi voluto scrivere qualcosa l’avrei scritta sul blog, ma poiché scrivo qualcosina è ovvio che scrivo sul blogghino. No?). Infatti, torno adesso dal seggio dove ho compilato verbali e altri pallosissimi fogliacci burocratici per tutta la mattina, per cui ora c’ho addosso il bisogno di scrivere due righe meno formali (leggasi: cazzate).
Vi parlo di ieri sera. Siamo andati a una manifestazione artistico-letteraria che si chiamava “Crash: la disgregazione della forma“. Non sono solito partecipare a questi eventi, ma nell’ambito della manifestazione c’era una cosa che mi interessava quindi ho dovuto prendere parte a tutta la serata. 
Informazione numero uno: questa cosa era a Pisa e cominciava alle 21:30. Indi per cui non abbiamo cenato prima di andare. Tanto finisce presto… – pensavo. Mh. Sì. Prestega! E’ finito a mezzanotte e un quarto! Sono volato al McDonald dove mi sono mangiato un CrispyMcCancro (quello con più troiai possibili, per intenderci) con patatine e cocacola.
Ma la cosa interessante (e con “interessante” intendo “spassosa”) è stata la presentazione di una tipa che si chiama Anna Utopia Giordano. E’ una poetessa barra modella barra artista barra musicista barra faccio-tutto-io che studia epistemologia a Milano. Che poi vorrei proprio sapere cosa fa un epistemologo, ma vabbè.
In pratica Anna Utopia Giordano scrive una strana forma di poesia chiamata rapsodia. Dopo che è finito il barboso e decisamente incomprensibile preambolo preparato da un barboso e decisamente incomprensibile professore di filo-qualcosa, le luci si sono affievolite; poi è partita una musica inquietante e Anna Utopia Giordano si è mostrata in tutto il suo biondo splendore, cominciando a recitare le sue rapsodie.

Ve ne riporto una che mi sono copiato sul cellulare quando aspettavo la mia amica che era andata in bagno (forse questo dettaglio del bagno potevo anche non darlo, ma è sempre bene contestualizzare tutto). 

sorride

i suoi bottoni septici
fiaccolano, leccando
sorgenti omofone
di silenzio scissile

onde tattili, puntiformi

Ora, sarebbe troppo facile fare dell’ironia. E infatti ne ho fatta molta. Voglio dire: che diamine sono i bottoni septici? E non urliamo, per favore: non vorremo mica rovinare questo meraviglioso silenzio scissile! E se ne leggete altre scoprirete che sono tutte strutturate così. Con queste parole caratterizzate da una ricercatezza irritante.

Il problema vero, invece, è che più le rileggo e più mi piacciono. Il non essere in grado di comprendere queste rapsodie (cosa che a questo punto credo – e spero – sia voluta) mi fa apprezzare maggiormente la forma del componimento, il suono delle parole, la cadenza delle pause. 
Non sono molto bravo a capire la poesia. Questa in particolare. Per cui ne apprezzo la bellezza, il lato esteriore, senza cercare di approfondirne la sostanza.

Purtroppo per Anna Utopia Giordano, il mio è un tipo di capriccio che non può durare più di una decina di minuti.


Ieri, le rane.

Ieri un mio amico sosteneva che non esistesse la predisposizione allo studio: lui non ha momenti in cui è più concentrato; lui non trova che ci siano periodi in cui riesce a studiare meglio; lui si costringe a studiare, perché se lo facesse per piacere non studierebbe mai, “piuttosto lavorerebbe sei ore di fila nell’orto”. Poi, per carità, questo mio amico prende tutti votoni. 

Io non la penso allo stesso modo. Altrimenti non sarei stato lì, ad aspettare il pullman delle 16. Dopo due ore che non riuscivo a concludere niente ho deciso che per un giorno avrei potuto anche non rimanere in facoltà fino alle sei. Anche perché sarebbe stato tutto tempo sprecato: dopo una mattinata improduttiva, mi ero messo in laboratorio e l’unica cosa che mi era riuscita fare è stata una sequenza abbastanza deprimente di test di Facebook, i quali mi hanno ricordato:
1) che sono acidissimo,
2) che il fucile d’assalto con cui ho più feeling è l’mp5 (che per me può essere un formato musicale, al limite…),
3) che il personaggio di Fabrizio de André che mi rappresenta è un matto,
4) che tra Illuminista, Romantico e Decadente sono decadente (ho ripetuto tre volte il test per farmi venire quel risultato! L’autore del test è un pochetto confuso al riguardo…).

E la consapevolezza di stare sprecando un enorme quantità di tempo mi faceva ancora più arrabbiare. Non ero per niente di buon umore, ed anzi ho l’impulso di sputare qui sopra ogni sfumatura del mio stato d’animo di ieri. Ma sarebbe una cosa volgare, e comunque poco interessante.

Dopo qualche ora di tormento, ho fatto la cartella e sono andato a prendere il pullman. E poi in città. Dovevo dare un senso alla giornata, e mi è venuto in mente che proprio il giorno stesso era uscito il nuovo album dei Baustelle. In realtà avevo intenzione di scaricarlo. Poi però non ho resistito. Non compro mai dischi, per una volta si può fare! 

Eccolo. accolto alla perfezione dagli altri oggetti del comodino. Si vede che è in posa. Le opere d’arte sono sistemate a regola d’arte. Ossia, tra libri e lenti a contatto.




Eccolo. I Mistici dell’Occidente. Mio. Non è l’album che mi aspettavo, ma non ne sono deluso. Il rock mistico e spietato del Baustelle si incupisce e al contempo si eleva. Come da titolo, risuona misticheggiante. A livello di testi è più maturo dei precedenti, forse troppo maturo per me. Maturità significa malinconia. Per il tempo che passa, per gli amori vissuti senza passioni, per l’esagerata importanza data all’immagine. Pesci avvelenati in mezzo al mare. 
Probabilmente tornerò a scrivere dei Mistici. Ormai si sa che sono completamente patito dei Baustelle. Nel frattempo, vi lascio con una canzone che mi ha colpito molto, perché sembra stata scritta appositamente per ieri. La dedico a… boh, la dedico a te




Baustelle – Le rane




Mentre scoprivamo il sesso
ignari di ciò che sarebbe poi successo
dopo la maturità
eccoci che attraversiamo i girasoli
bucanieri nati
andiamo via dalla realtà
dalle case popolari

che fine hai fatto
ti sei sistemato
che prezzo hai pagato
che effetto ti fa
vivi ancora in provincia
ci pensi ogni tanto alle rane?
l’ultima volta ti ho visto cambiato
bevevi un amaro al bancone del bar
perchè il tempo ci sfugge
ma il segno del tempo rimane

nelle notti estive e nere
solo lucciole a guidarci nell’oscurità
un’era fa
la crudele pesca delle rane
in uno stagno usato per l’irrigazione
io e te
fratello mio
con gli ami e la torcia

che fine hai fatto
ti sei sistemato
che prezzo hai pagato
che effetto ti fa
vivi ancora in provincia
ci pensi ogni tanto alle rane?
l’ultima volta ti ho visto cambiato
bevevi un amaro al bancone del bar
perchè il tempo ci sfugge
ma il segno del tempo rimane

ma voglio immortalarti e ricordarti così
coi sandali e il coraggio di Yanez
e porterò morendo quella gioia corsara con me

io nel frattempo me ne sono andato
se vuoi ti ho tradito
che effetto mi fa
la piscina di un agriturismo
ha coperto le rane
l’ultima volta che ti ho salutato
poi sono scappato nel cesso del bar
ed ho pianto sul tempo che fugge
e su ciò che rimane





O temere l’aldilà

Baustelle – Gli Spietati

Vivere così senza pietà
senza chiedersi perchè
come il falco e la rugiada
e non dubitare mai

non avere alcuna proprietà
rinnegare l’anima
come i sassi e fili d’erba
non avere identità

Gli spietati salgono
sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi
perduti antichi eroi
noi due che al binario ci diciamo addio…

non volere mai la verità
o temere l’aldilà
navigare senza vento
migliorare con l’età

c’è un amore che non muore mai
più lontano degli dei
a saperverlo spiegare che filosofo sarei

Gli spietati salgono
sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi
falliti antichi eroi,
noi due che al binario salutiamo…

Gli spietati salgono sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi innamorati eroi,
noi due che al binario ci diciamo addio…

noi ci siamo amati
violentati
deturpati
torturati
maltrattati
malmenati
scritti lettere lo sai.

non ci siamo amati
divertiti
pervertiti
dimenati
spaventati
rovianati
licenziati
lo saprai

noi ci siamo persi
ritrovati
poi bucati
c’è un amore che mi lacera la carne
ed ancora tu lo sai

noi ci siamo amati
violentati
deturpati
c’è un amore che mi brucia nelle vene
e che non si spegne mai

noi ci siamo amati
violentati
deturpati
torturati
maltrattati
malmenati
scritti lettere lo sai