L’eleganza dei bottoni septici

Approfitto di questa pausa che ho per rilassarmi e scrivere qualcosina sul blogghino (se avessi voluto scrivere qualcosa l’avrei scritta sul blog, ma poiché scrivo qualcosina è ovvio che scrivo sul blogghino. No?). Infatti, torno adesso dal seggio dove ho compilato verbali e altri pallosissimi fogliacci burocratici per tutta la mattina, per cui ora c’ho addosso il bisogno di scrivere due righe meno formali (leggasi: cazzate).
Vi parlo di ieri sera. Siamo andati a una manifestazione artistico-letteraria che si chiamava “Crash: la disgregazione della forma“. Non sono solito partecipare a questi eventi, ma nell’ambito della manifestazione c’era una cosa che mi interessava quindi ho dovuto prendere parte a tutta la serata. 
Informazione numero uno: questa cosa era a Pisa e cominciava alle 21:30. Indi per cui non abbiamo cenato prima di andare. Tanto finisce presto… – pensavo. Mh. Sì. Prestega! E’ finito a mezzanotte e un quarto! Sono volato al McDonald dove mi sono mangiato un CrispyMcCancro (quello con più troiai possibili, per intenderci) con patatine e cocacola.
Ma la cosa interessante (e con “interessante” intendo “spassosa”) è stata la presentazione di una tipa che si chiama Anna Utopia Giordano. E’ una poetessa barra modella barra artista barra musicista barra faccio-tutto-io che studia epistemologia a Milano. Che poi vorrei proprio sapere cosa fa un epistemologo, ma vabbè.
In pratica Anna Utopia Giordano scrive una strana forma di poesia chiamata rapsodia. Dopo che è finito il barboso e decisamente incomprensibile preambolo preparato da un barboso e decisamente incomprensibile professore di filo-qualcosa, le luci si sono affievolite; poi è partita una musica inquietante e Anna Utopia Giordano si è mostrata in tutto il suo biondo splendore, cominciando a recitare le sue rapsodie.

Ve ne riporto una che mi sono copiato sul cellulare quando aspettavo la mia amica che era andata in bagno (forse questo dettaglio del bagno potevo anche non darlo, ma è sempre bene contestualizzare tutto). 

sorride

i suoi bottoni septici
fiaccolano, leccando
sorgenti omofone
di silenzio scissile

onde tattili, puntiformi

Ora, sarebbe troppo facile fare dell’ironia. E infatti ne ho fatta molta. Voglio dire: che diamine sono i bottoni septici? E non urliamo, per favore: non vorremo mica rovinare questo meraviglioso silenzio scissile! E se ne leggete altre scoprirete che sono tutte strutturate così. Con queste parole caratterizzate da una ricercatezza irritante.

Il problema vero, invece, è che più le rileggo e più mi piacciono. Il non essere in grado di comprendere queste rapsodie (cosa che a questo punto credo – e spero – sia voluta) mi fa apprezzare maggiormente la forma del componimento, il suono delle parole, la cadenza delle pause. 
Non sono molto bravo a capire la poesia. Questa in particolare. Per cui ne apprezzo la bellezza, il lato esteriore, senza cercare di approfondirne la sostanza.

Purtroppo per Anna Utopia Giordano, il mio è un tipo di capriccio che non può durare più di una decina di minuti.


Ieri, le rane.

Ieri un mio amico sosteneva che non esistesse la predisposizione allo studio: lui non ha momenti in cui è più concentrato; lui non trova che ci siano periodi in cui riesce a studiare meglio; lui si costringe a studiare, perché se lo facesse per piacere non studierebbe mai, “piuttosto lavorerebbe sei ore di fila nell’orto”. Poi, per carità, questo mio amico prende tutti votoni. 

Io non la penso allo stesso modo. Altrimenti non sarei stato lì, ad aspettare il pullman delle 16. Dopo due ore che non riuscivo a concludere niente ho deciso che per un giorno avrei potuto anche non rimanere in facoltà fino alle sei. Anche perché sarebbe stato tutto tempo sprecato: dopo una mattinata improduttiva, mi ero messo in laboratorio e l’unica cosa che mi era riuscita fare è stata una sequenza abbastanza deprimente di test di Facebook, i quali mi hanno ricordato:
1) che sono acidissimo,
2) che il fucile d’assalto con cui ho più feeling è l’mp5 (che per me può essere un formato musicale, al limite…),
3) che il personaggio di Fabrizio de André che mi rappresenta è un matto,
4) che tra Illuminista, Romantico e Decadente sono decadente (ho ripetuto tre volte il test per farmi venire quel risultato! L’autore del test è un pochetto confuso al riguardo…).

E la consapevolezza di stare sprecando un enorme quantità di tempo mi faceva ancora più arrabbiare. Non ero per niente di buon umore, ed anzi ho l’impulso di sputare qui sopra ogni sfumatura del mio stato d’animo di ieri. Ma sarebbe una cosa volgare, e comunque poco interessante.

Dopo qualche ora di tormento, ho fatto la cartella e sono andato a prendere il pullman. E poi in città. Dovevo dare un senso alla giornata, e mi è venuto in mente che proprio il giorno stesso era uscito il nuovo album dei Baustelle. In realtà avevo intenzione di scaricarlo. Poi però non ho resistito. Non compro mai dischi, per una volta si può fare! 

Eccolo. accolto alla perfezione dagli altri oggetti del comodino. Si vede che è in posa. Le opere d’arte sono sistemate a regola d’arte. Ossia, tra libri e lenti a contatto.




Eccolo. I Mistici dell’Occidente. Mio. Non è l’album che mi aspettavo, ma non ne sono deluso. Il rock mistico e spietato del Baustelle si incupisce e al contempo si eleva. Come da titolo, risuona misticheggiante. A livello di testi è più maturo dei precedenti, forse troppo maturo per me. Maturità significa malinconia. Per il tempo che passa, per gli amori vissuti senza passioni, per l’esagerata importanza data all’immagine. Pesci avvelenati in mezzo al mare. 
Probabilmente tornerò a scrivere dei Mistici. Ormai si sa che sono completamente patito dei Baustelle. Nel frattempo, vi lascio con una canzone che mi ha colpito molto, perché sembra stata scritta appositamente per ieri. La dedico a… boh, la dedico a te




Baustelle – Le rane




Mentre scoprivamo il sesso
ignari di ciò che sarebbe poi successo
dopo la maturità
eccoci che attraversiamo i girasoli
bucanieri nati
andiamo via dalla realtà
dalle case popolari

che fine hai fatto
ti sei sistemato
che prezzo hai pagato
che effetto ti fa
vivi ancora in provincia
ci pensi ogni tanto alle rane?
l’ultima volta ti ho visto cambiato
bevevi un amaro al bancone del bar
perchè il tempo ci sfugge
ma il segno del tempo rimane

nelle notti estive e nere
solo lucciole a guidarci nell’oscurità
un’era fa
la crudele pesca delle rane
in uno stagno usato per l’irrigazione
io e te
fratello mio
con gli ami e la torcia

che fine hai fatto
ti sei sistemato
che prezzo hai pagato
che effetto ti fa
vivi ancora in provincia
ci pensi ogni tanto alle rane?
l’ultima volta ti ho visto cambiato
bevevi un amaro al bancone del bar
perchè il tempo ci sfugge
ma il segno del tempo rimane

ma voglio immortalarti e ricordarti così
coi sandali e il coraggio di Yanez
e porterò morendo quella gioia corsara con me

io nel frattempo me ne sono andato
se vuoi ti ho tradito
che effetto mi fa
la piscina di un agriturismo
ha coperto le rane
l’ultima volta che ti ho salutato
poi sono scappato nel cesso del bar
ed ho pianto sul tempo che fugge
e su ciò che rimane





O temere l’aldilà

Baustelle – Gli Spietati

Vivere così senza pietà
senza chiedersi perchè
come il falco e la rugiada
e non dubitare mai

non avere alcuna proprietà
rinnegare l’anima
come i sassi e fili d’erba
non avere identità

Gli spietati salgono
sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi
perduti antichi eroi
noi due che al binario ci diciamo addio…

non volere mai la verità
o temere l’aldilà
navigare senza vento
migliorare con l’età

c’è un amore che non muore mai
più lontano degli dei
a saperverlo spiegare che filosofo sarei

Gli spietati salgono
sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi
falliti antichi eroi,
noi due che al binario salutiamo…

Gli spietati salgono sul treno e non ritornano
mai più, non sono come noi innamorati eroi,
noi due che al binario ci diciamo addio…

noi ci siamo amati
violentati
deturpati
torturati
maltrattati
malmenati
scritti lettere lo sai.

non ci siamo amati
divertiti
pervertiti
dimenati
spaventati
rovianati
licenziati
lo saprai

noi ci siamo persi
ritrovati
poi bucati
c’è un amore che mi lacera la carne
ed ancora tu lo sai

noi ci siamo amati
violentati
deturpati
c’è un amore che mi brucia nelle vene
e che non si spegne mai

noi ci siamo amati
violentati
deturpati
torturati
maltrattati
malmenati
scritti lettere lo sai

Religion versus religion

Disclaimer (o meglio: una riga per pararsi il di dietro): ciò che segue non vuole mancare di rispetto a nessuno; è stato scritto con l’unico intento di far sorridere. Inoltre, poiché l’unica entità coinvolta che possa indispettirsi è Dio, Egli è libero di manifestare in qualunque modo il suo disappunto, anche mandandomi addosso della sfiga. Tra l’altro, dovrà impegnarsi molto per peggiorare la mia situazione attuale. Assisterò con piacere.
 
Partiamo esponendo il problema in semplici termini.

Oggi è il 19 Marzo. Il 19 Marzo la Chiesa festeggia San Giuseppe, e tradizione vuole che si riconosca onore al padre – quello di copertura, diciamo – di Gesù (infatti è la festa del papà e, se non avete ancora fatto gli auguri al vostro, rimediate subito!). Quindi si festeggia San Giuseppe, specialmente con le frittelle

Ma il 2010 ha riservato un oscuro tranello alla Chiesa cattolica. Qui ci vorrebbe una musichina di suspense. Immaginatevela. Dicevo: quest’anno, qualcosa è andato male. Perché oggi, 19 Marzo, è anche venerdì di Quaresima, giorno noto per l’obbligo del digiuno
PARADOSSO!
Ta da da daaaaan! Sarà questo il fantomatico e catastrofico evento che causerà l’implosione del Cattolicesimo? Pensandoci, potrebbe darsi che Nostradamus abbia fatto confusione con accenti e maiuscole, e invece di “Papa nero” avesse voluto dire “papà nero” (cioè San Giuseppe). La questione è tosta, però. Finirà davvero il mondo, o solo il Cristianesimo, oppure rimarrà tutto così com’è, a dimostrazione che tutto ciò che trascende il terreno è solo un grande e fin troppo idolatrato bluff?

Ovviamente non cambierà niente, ci posso scommettere. Ma è altrettanto chiaro che c’è un evidente conflitto interno. Se Dio fosse un elaboratore, il problema sarebbe presto risolto con un pratico vincolo sulle priorità. Ossia basterebbe assegnare priorità maggiore a una delle due feste, che quindi “vincerebbe” sull’altra. In realtà sappiamo benissimo tutti che, almeno inconsciamente, assegnamo priorità maggiore alle frittelle, per cui – in barba a digiuni vari – San Giuseppe vince sul venerdì di Quaresima.

Tra parentesi, è ovvio che questo ragionamento non funziona con elaboratori dual core. Ne consegue che Dio deve essere necessariamente monoprocessore. Il che tornerebbe: non sappiamo di preciso l’anno da cui l’Onnipotente esiste, si dice che è eterno – cioè è sempre esistito – e infatti a quel tempo i dual core non erano ancora stati inventati.

Prova a volare



Edoardo Bennato – Ma che sarà


Ma che sarà, che cosa t’offrirà
quest’altra storia, quest’altra novità
l’unico rischio è che sia tutto finto
e che sia tutta pubblicità!

Ma che ne sai, se non ci provi mai
che rischi corri se non vuoi volare
coi piedi a terra, legato alla ragione
ti passa presto, la voglia di sognare!

Ma è quello che vogliono da te
già appena nati ci hanno abituati
a non pensare
, ma a darcene l’illusione
e sempre con la scusa della ragione!

E anche se fosse solo finzione
solo il pretesto per fare una canzone!
vale la pena almeno di tentare
se è un’occasione per poter volare
allora non la sprecare, prova a volare!

Attenzione-attenzione! Comunicato ufficiale!
parla l’organo del partito, non lasciatevi suggestionare!
Quella voce che vi invita a volare
è di un maniaco sabotatore!…
Spegnete la radio adesso
giradischi e registratori, presto!… presto!…

Ma la radio va e non si fermerà
ti prenderà per mano ti insegnerà a volare
visti dall’alto i draghi del potere
ti accorgi che son draghi di cartone!…

E anche se fosse solo finzione
solo il pretesto per fare una canzone!
vale la pena almeno di tentare
se è un’occasione per poter volare
allora non la sprecare, prova a volare!

Attenzione-attenzione! A tutte le persone serie!
consapevoli, equilibrate, non lasciatevi suggestionare!
abbiamo ben altri progetti per voi
uomini del 2000, saggi e civili
perciò prestate attenzione
solo alla voce della ragione!…

Ma la radio va e non si fermerà 

ti prenderà per mano, ti insegnerà a volare, 
visti dall’alto i draghi del potere 
ti accorgi che son draghi di cartone!…

Ma non lo vedi sono di cartone
se resti a terra che vuoi capire
con la scusa di schiarirtele
ti confonderanno sempre più le idee

ti manderanno allo sbaraglio in questa
farsa, nel ruolo di comparsa!…

Ma basta che voli in alto
ma basta che ti alzi un poco
e forse scopri che quello che ti faceva
paura era soltanto un gioco
!
e adesso, hai l’occasione per poter
volare, allora, non la sprecare, prova a volare!…

Prova ma che ne sai
se non ci provi mai non puoi
sapere se vale o no la pena
di tentare, è un’occasione
per volare, per volare!…

Adesso basta! Fatelo stare zitto!
Abbiamo troppo sopportato!
Abbiamo troppo tollerato!
E’ un provocatore! Fatelo tacere!
….Fatelo tacere!….

Cioccolata e tante parentesi

Zucchero sintattico (Syntactic sugar) è un termine coniato dall’informatico inglese Peter J. Landin per definire costrutti sintattici di un linguaggio di programmazione che non hanno effetto sulla funzionalità del linguaggio, ma ne rendono più facile (“dolce”) l’uso per gli esseri umani. I programmatori hanno così un modo alternativo di scrivere il codice che spesso è più pratico e produttivo, e genera programmi più facili da leggere e mantenere. Per contro il syntactic sugar non ha effetto sull’espressività del formalismo del linguaggio, né implementa nuove funzionalità.

1) Perché rievoca qualcosa che riguarda la mia attività di (scarso) informatico
2) Perché mi fa pensare alle cose dolci e buone!
3) Perché è un po’ come sono i miei pensieri: inutili, ma zuccherosi
4) Perché è un accostamento di parole che – esteticamente – ha il suo fascino.

Berlusconi indagato. Yawn.

Inizia così il nuovo post su Spinoza.it. Una battuta che riassume perfettamente il mio stato d’animo.
Per due motivi: il primo è che oggi è il mio terzo giorno consecutivo di OKi per cercare di curare il mio mal di gola, e l’OKi causa sonnolenza. E’ dalle due che sbadiglio. All’inizio pensavo che la causa fosse la spiegazione del Danelutto sulla memoria, poi mi è venuto in mente che questa polvere che prendo tre volte al giorno da tre giorni forse forse c’entra qualcosa. Beh, se serve a curarmi ben venga! Ieri mi sono bevuto circa due litri di latte e miele per calmare la tosse. Il latte e miele è miracoloso (anche se l’ottanta per cento del suo effetto è placebo) e per qualche ora riesce addirittura a rendermi meno acido, e ciò non è solo divino: è proprio trascendentale. 

Il secondo motivo per cui apprezzo la battuta di Spinoza.it è: MABBASTA! Io mi sarei abbastanza rotto. E non ho la minima voglia di fare del qualunquismo: io so che non sono tutti uguali. Per quanto si impegnino tutti a fare del loro peggio, sia chiaro. Ma non fanno tutti schifo alla stessa maniera, e tra il peggio e il meno peggio a me non sembra così assurdo preferire il meno peggio. Basta, sfogo finito. Vado a cena. Il telegiornale mi aspetta per iniettarmi la dose di rabbia quotidiana: una sostanza che riuscirebbe a compensare un oceano di latte e miele.


Novità!

Novità? Novità!
E dove?

Beh, se siete suonati come me probabilmente non avete notato né il nuovo titolo né il nuovo indirizzo del blog. Ora, invece, guardateli meglio. Vedete? Sono cambiati! Ta-daaaan! Lassù in cima c’è comparso il mio nome, mentre al posto del titolone ce n’è un altro!
Dato che non ho cambiato né grafica né altro, vi starete chiedendo come mai io adesso ve lo stia dicendo. Okay, forse non ve lo state chiedendo, e ancora più probabilmente non ve ne frega un’emerita sembola. Ma già che siete qui leggetemi!

Il fatto è che poiché mi sono spostato su un altro blog (ebbene sì, anche se vedete tutto uguale, questo è pur sempre un altro blog) dovete aggiornare tutti i vostri collegamenti con me. Per esempio, se siete blogger e mi avevate aggiunto nella vostra blogroll, dovreste aggiornarla col mio nuovo indirizzo. E se siete miei lettori accaniti (…) ma non abbastanza accaniti da ricordarvi l’indirizzo a memoria, dovreste aggiornare il vostro link nei preferiti.

Se non lo fate e continuate a collegarvi al vecchio blog, verrete automaticamente reindirizzati a questo, ma purtroppo sarete perseguitati per l’eternità da un demone malvagio che vorrà strapparvi i capelli per farne uno scopettino da bagno. Quindi vi consiglierei di farlo.

Altre cosette da dire:

1) per sapere cosa sia lo zucchero sintattico – se già non lo sapete – potete andare su Wikipedia, oppure attendere con ansia uno dei miei prossimi interventi a proposito. 

2) grazie a Giuli per il supporto morale e telefonico, e per avermi dissuaso dall’acquistare un dominio per il quale avrei speso sette euro annuali

3) grazie a Lore che – oltre a confermarsi il mio guru – mi ha illuminato sull’esistenza della funzione di reindirizzamento. Sì, okay, sono un informatico che non conosceva il redirect. Ma a questo servono i guru, no?!
Bene, dovrei aver detto tutto!
Stay tuned, zuccherini!


P.S. Se mi riesce, metterò un sondaggio qui nella barra laterale, per sapere se vi piace il nuovo titolo. Votate!

Piccoli attimi di trash-pleasure

Chi pensava che con Bad Romance avessimo toccato le più alte vette della musica trash si sbaglia alla grande. Lady Gaga torna a regalarci profondi spunti di riflessione con un testo toccante (toccante quasi quanto la castità e la purezza del suo video) e con le sue immancabili eco dance. Dai, nove minuti di unz unz. Apprezziamo, apprezziamo…

Telephone
Cast: Lady Gaga, Beyoncé, Tyrese Gibson
Sceneggiatura: Lady Gaga e Jonas Akerlund
Regia: Jonas Akerlund

P.S. Mi fa trooooooppo ridere quando esce dal penitenziario con la parrucca bionda e il cappello!

E fu così che passai a Beni Culturali

Utilizzerò questi minuti che mi separano dal pranzo per raccontarvi un fatto singolare che mi è capitato ieri. Inutile che neghi di aver formulato la frase appena riportata unicamente con lo scopo di scrivere la parola “singolare”. Una parola squisita, nevvero! Certo, se fossi un briciolo più furbo avrei potuto dire qualcosa come “Se Tomasi di Lampedusa sono due, al singolare è Tomaso di Lampedusa?”
Bene, una volta detta la cretinata introduttiva di rito, posso passare alla polpa (si fa per dire…) dell’intervento. Ieri pomeriggio mi trovavo al mio solito Polo (in tutti i sensi, visto che se non stai nei pressi di una stufa inizi a congelare). Ero nel laboratorino che mi scervellavo su come poter ascoltare subito il nuovo singolo dei Baustelle. Ero collegato su Linux e YouTube su Linux ha bisogno di un software che non è installato sulle macchine del Polo. Al di là delle questioni tecniche che avrei benissimo potuto tenere per me, il nocciolo della questione è che decido che mi sarei spostato un attimo nel laboratorio con Windows. Sono a metà strada, quando…
Voce – Scusa, posso chiederti un’informazione?
Appartiene a una donna. Non sono molto bravo a stimare le età delle persone, comunque lei avrà avuto sicuramente trent’anni, forse quaranta. Aveva una pronuncia nordica, pur essendo italiana. Lisca.  Capelli rossi. Vestita alternativa, sciarpe tutte colorate e cappellino da negozio etnico. 
Io – Sì, certo.
Donna – Tu studi informatica?

Io – Sì.

Donna – Ecco, io vorrei farmi un indirizzo di posta elettronica. Lo avevo su Yahoo ma ho paura che ci sia qualcuno che mi legga la posta illegalmente. E’ possibile?

Io – Beh, non mi sembra la persona che custodisce segreti di stato o codici di sicurezza mondiale, comunque…

Beh, questo qui sopra non gliel’ho detto davvero. Però l’ho pensato! Nel senso: a chi vuoi che interessi la tua posta? Ma poi mi sono ricordato della regola base: niente è come sembra. Quindi mi sono limitato a dire:

Io – Beh, sì, è possibile.

Donna – Ecco, mi sapresti dare delle indicazioni precise su come farmi un indirizzo?

Io – Sì, dunque, cioè, nel senso, insomma, dunque, beh, innanzitutto cerca…

Donna – Mi potresti far vedere?

Sfacciata, la tipa. Mi piace! Salutando con la manina la prospettiva di ascoltare la canzone che cercavo, la conduco in un laboratorio.

Io – E’ stata un po’ sfortunata, ha beccato l’informatico più scarso di tutta la facoltà, ma questo dovrei saperlo fare…

Cinque minuti dopo che avevamo cominciato la creazione di un nuovo account con gmail, entra un professore nel laboratorio che deve tenere una lezione.

Donna – Possiamo andare da un’altra parte? Preferisco.

Dato che l’unico altro laboratorio disponibile era il mio, sono costretto a portarla lì. Nel frattempo, passiamo davanti a Hind ed Emilio, e io cerco di rendermi più invisibile possibile, perché non avrei saputo rispondere ad eventuali sguardi interrogativi (poi scoprirò che Hind non mi aveva notato, invece Emilio aveva chiesto “Chi è l’amica di Alessandro?”). 

Prima di entrare nel laboratorio, lei – che probabilmente stava avendo dei ripensamenti sulla scelta del ragazzo a cui chiedere aiuto – mi fa
Donna – Ma tu studi davvero informatica?
Io – Ehm… Sì

Donna – Dalla faccia mi sembravi più uno da… Non so, Beni Culturali.

Ecco. Ora, secondo Giulia questo è stato un complimento. Secondo papà invece ha voluto dire che ho la faccia di uno che non fa un cazzo a giornate. Lì per lì non ci ho ragionato molto, e ho risposto che in effetti quando ho scelto il corso di laurea avevo tra le opzioni anche qualcosa di più umanistico. Poi sono inspiegabilmente finito a informatica.

Donna – E a che anno sei? Quanto ti manca per finire? Ti riesce? Ma ti piace?

Intanto che la conversazione proseguiva, io avevo riavviato la procedura di creazione account. Avevo inserito tutti i dati. L’errore che faceva lei era quello di non inserire correttamente la password. Tra l’altro, non mi ricordavo che ci volessero per forza dei numeri nella password. Comunque, Google alla fine di tutto il procedimento chiede un numero di cellulare per la conferma dell’account.

Donna – Il numero di cellulare? Nooo ma io non sono d’accordo, mi spiace… E poi guarda che cosa c’è scritto qui: “Google assicura che non venderemo il tuo numero a terzi”. Non ven-de-re-mo! Io la trovo piuttosto grave questa cosa…

Io dico che capisco la sua diffidenza ma che penso che lo scrivano per formalità e per la sicurezza dei clienti. Comunque non c’è niente da fare: ‘sta tipa non vuole dare il numero. Tuttavia, adesso che ha imparato la procedura, può riprovare da sé. Dopo un’ultima parentesi su un finlandese che diversi anni fa l’ha scioccata mostrandole un codice di linguaggio di programmazione (mi chiedo come si sentirebbe se vedesse l’algoritmo del qsort), mi augura di terminare gli studi (…) e mi saluta. E io posso dedicarmi agli spietatissimi Baustelle.