A me, io auguro

Il mio discorsino di fine anno è diventata una tradizione dei miei blog. Forse mi credo un po’ troppo un Presidente della Repubblica, dev’essere a causa di quel mio piccolo problema coi deliri di onnipotenza. Ad ogni modo, eccomi. Un po’ in ritardo, forse: oggi è già il 2 Gennaio, e questo post sarebbe dovuto arrivare prima. Non ce n’è stato modo: non sapevo che cosa scrivere, precisamente, e non volevo che ne uscisse fuori qualcosa di forzato. Eppure sono stato per diverso tempo a pensare a cosa augurare ai miei lettori, ai miei amici e a tutto il resto del mondo. Volevo che fosse qualcosa di sincero e sentito, ma non m’è venuto in mente niente.
Poi ho capito che, proprio all’inizio di quest’anno, avrebbe avuto più senso non augurare niente a nessuno. In fondo, ciò che ho scritto l’anno scorso è un augurio che rinnovo a tutti quanti, e vale ancora. Ma è proprio a termine del 2011 che la persona che più merita i miei auguri… sono io. 

Quella che segue è una serie di auguri che io spero per me stesso.

A me,
io auguro di riuscire a pensare davvero di più a me. Nei primissimi mesi del 2011 mi sono accorto, in una maniera abbastanza violenta, che nella classifica di persone importanti io non ero al primo posto. Mai, nella mia classifica. Quella posizione era sempre occupata da qualcos’altro. Piano piano ho cercato di cambiare questa situazione, e ci sono riuscito in un modo piuttosto mediocre. Il primo augurio che mi faccio è quello di vincere la mia personale guerra d’indipendenza, quella lotta con me stesso, che è in realtà il mio più grande nemico. E forse, la strategia per vincerla è trasformare il mio peggior nemico nel mio migliore amico.
A me,
io auguro, ancora, i miei amici e le mie amiche. Perché è vero che ci sono alti e bassi, e che ci sono dei momenti in cui non ci capiamo, o che tutti sono presi dalle proprie cose e non hanno tempo di pensare alle tue, ed è vero che a volte ti deludono proprio quando tu ti aspettavi qualcosa di più. Ma prima o poi, se le amicizie sono vere, i bassi tornano alti, e torniamo a capirci e a parlare e ridere insieme, e loro sono lì, zuccherosamente idioti come sempre, a impegnarsi come dannati per non farmi sentire solo.
A me, 
io auguro di capire che non occorre tenersi tutto dentro per stare bene. Perché tra lo sfogo continuo e disperato e la repressione totale dei propri sentimenti ci sono diversi chilometri, ed è possibile trovare una via di mezzo tra questi due estremi. Non è essendo freddi e distaccati che si è più forti. E non è farsi vedere più forti che ci rende forti. A volte è possibile accettare l’aiuto di qualcuno e, soprattutto, a volte è possibile chiederlo.
A me,
io auguro di non dimenticare mai che quello che ho è qualcosa di veramente prezioso. E non parlo solo del fatto che ho una casa e dei genitori che hanno un lavoro, o del fatto che posso fare l’università; non parlo solo del fatto che nel mondo scoppiano le guerre e i bambini in Africa muoiono di fame e ci sono paesi in cui l’alfabetizzazione è al 5 per cento; e nemmeno parlo solo del fatto che ho una famiglia e degli amici che mi vogliono bene. 
Perché, oltre a tutto questo, c’è il fatto che mi piaccio. Perché ho degli interessi, e metto passione nel fare le cose, e ho tante idee, e ambizioni, e cose in cui spero e cose in cui credo, e sono capace di amare. E nonostante io sappia che ci saranno ancora tanti, tantissimi altri momenti in cui mi chiuderò in me stesso convincendomi di essere una persona vuota, la verità è che non lo sono.

A me,
io auguro di non mollare. Capita, di solito di notte, di trovarmi da solo, steso sul letto, a ripetermi che ora passa, che prima o poi andrà meglio.
A me, io auguro che andrà meglio.

Natale (sì, tocca parlarne anche a me)

La cosa veramente drammatica del Natale è che c’è da parlarne. Per dire: stamani mi sono svegliato pensando che avrei tanto voluto scrivere a proposito della frequenza con cui Simona Ventura si fa un lifting, con tanto di grafico che esprimesse il valore in interventi al minuto, ma poi ho dato una scorsa alla lista di blog che seguo e non ho notato un solo post che non avesse nel titolo le parole “Natale”, “Christmas” o “Auguri”. In realtà ce n’era uno che titolava “Viagra”, ma quello è il blog di Alan, e si sa che non conta. Poi do un’occhiata a facebook, e perfino la pagina di Sarcasmo, a cui sono fieramente iscritto, augura un sarcastico Natale a tutti.
Quindi niente. Niente post sulle operazioni della Ventura. No, perché mi è proprio passata la voglia. È già stato tanto se non ho trovato una dozzina di senzatetto in salotto con mia madre che dava loro la minestrina e una coperta di pile.
Ora, non voglio fare il radical chic che deve per forza dire di odiare il Natale per darsi un tono e distinguersi. Non ce n’è bisogno, e comunque sarebbe del tutto inutile dato che ormai va troppo di moda dire che si odia il Natale. Ma la mia non è una moda: io davvero aborro questo concetto dell’essere buoni per forza, dei regali da fare per forza, di Mariah Carey che strilla per forza, e poi le lucine, le lucine, oddio le lucine! Mentre torno dalla città verso casa mia mi sembra di entrare a Chinatown. 
Ma non so perché ho questa repulsione verso il Natale. Forse perché è un periodo che ricollego a dei momenti particolari, o forse è perché sono acido. Comunque, ci sono delle cose che mi piacciono del Natale: il pandoro, le vacanze, che c’è più tempo per stare con gli amici, il pandoro, le pubblicità dell’intimo con tutta ‘sta ggente ggiovane e bbella, e il pandoro.
Perché dai, in fondo in fondo sono dolce anch’io.
Merry Christmas, Merry Crisi!

Happy Blog!

Dai, dai. Butto giù due righe.
Questo blog compie tre anni.
Ecco, sono due righe. Oh, no: adesso che sto scrivendo anche questa riga sono diventate tre! Beh, ormai posso buttare giù qualche altra riga. Diciamo che non ricordavo nemmeno che il 26 Novembre fosse il compleanno del blog. Nel 2008 si chiamava ancora Nel senso (titolo riferito al fatto che dico spesso “nel senso”), poi l’anno scorso ha cambiato titolo e indirizzo ma la sostanza è rimasta la stessa: cazzate.
Nel mio primo post (snif snif, che emozione rileggerlo, potrei vomitare) dicevo che avrei evitato volentieri che mio papà lo leggesse. E adesso, a tre anni di distanza, so che mio papà è uno dei miei più accaniti lettori. Forse l’unico.
Saluto mio papà e tutti quelli che mi conoscono!
On Air: Natalia Kills, Activate my heart

Ventuno vittoria, grande baldoria

Mi sono appena rimboccato le maniche.
No, non è una metafora! Mi sono davvero rimboccato le maniche prima di appoggiare le dita sulla tastiera. E il buffo è che stavo pensando “Mmmh, come potrei cominciare…?”. La verità è che è una faticaccia iniziare questo genere di post molto autobiografico. Ci vuole coraggio, ci vuole voglia di mettersi in gioco e bisogna stare attenti perché il rischio di prendersi troppo sul serio è alto.
Sopratutto per l’ultimo motivo, vedrò di essere il più trankyfanky possibile. (Si comincia bene, con il termine trankyfanky)
Bene. 
E mo che dico?
Ah, sì. Credo che il ventunesimo sia stato l’anno più proficuo fino ad ora. Innanzitutto perché sono sempre magro (per ora) e ho ancora i capelli (PER ORA, cornacornacornacornacorna) e quasi tutta la barba. E poi per altri motivi tutto sommato marginali che vorrei sbrodolare in un pratico elenchino.
Ho vissuto e non solo sopravvissuto. Lo so che ormai è una frase più scontata dei pandori dopo il 6 Gennaio, ma mi andava di metterla tanto per creare quell’effetto drammariadefilippesco che ogni tanto fa piacere sentire.
Ho riso tanto. Mi raccomando, prima “riso” e poi “tanto”. Non ho tanto riso – che non mi piace nemmeno, a dirla tutta -, ho riso tanto. Nel senso di fare tipo ahahaha ehehehe ihihihih gnè gnè gnè buahuahauh, capito?
Sono montato su un palcoscenico. E parlavo ad alta voce. E c’era della gente a guardarmi. Recitavo, sì: recitavo, ed era una cosa che non pensavo che sarei mai stato capace di fare. E quando fai le cose che non pensavi che saresti mai capace di fare, ti accorgi che le cose che non sei capace di fare… sono molte, molte meno. 
Ho conosciuto Milano, che è una città bellissima che odio tanto. Il ricordo dei negozi di Milano, il ricordo delle birre di Milano e dell’enorme Mai Tai, il ricordo di quel parco di Milano con la fontanella del drago e dello straniero che passava di lì mentre io ti dovevo dire una cosa, e il ricordo degli occhi verdi di Milano rimarranno con me, sempre.
Ho iniziato a fare il regista. Una parentesi che SI CHIUDERA’ PRESTO, e lo scrivo in maiuscolo perché se qualcuno a caso dei miei lettori si stesse per caso autoconvincendo che continuerò mai a fare il coregista con lui o proseguirò mai da solo nella regia (PFFFF!) si sbaglia di grosso. Non credo di essere portato, ma è comunque divertente passare le serate a disperarsi insieme a Tiz su quanto siamo indietro non ce la faremo mai dio aiutaci è la fine 
Ho fatto incredibili figure di merda. È utile farne, metti caso che esaurisci gli argomenti con gli amici, così sai cosa raccontare. Tralasciamo il fatto che poi devi girare per la tua città nascondendoti il volto con la mano…
Ho tanti amici, vecchi e nuovi. Ci sono state importanti novità in questo campo, e tante conferme. Anche qualche persona persa per strada, che forse un giorno tornerà. Mi piacerebbe fare i nomi di tutti, ma è meglio di no. Li raggruppo. Quelli che ci sono sempre stati, quelli delle scuole, quelli dell’uni, quelli del teatro, quelli di Pescia and Co, quelli di Gaetano, quelli di Pisa, quelli di Dreamalot, quelli che non stanno in questi gruppi… Vi amo, tutti.
Ho scoperto di odiare i pantaloni a zampa di elefante. E di volere bene… a tutto il resto.
Ho visto Lady GaGa. Sì, scusate, non potevo non menzionarla, è importante! L’ho vista, dal vivo, ed è stata una delle emozioni più grandi di quest’anno. E ho sentito i Baustelle, tre volte in un anno, e tutte e tre le volte è stato magico. E Carmen Consoli, una donna, una vera donna. E Immanuel Casto (tanta lana), e Il Genio, e probabilmente altri che non ricordo!
• Ho imparato che se premi Alt più 7 contemporaneamente… fai i pallini. SOMMA GIOIA, ••••••••••!!! E se premi Alt più 0200 riesci a fare le E maiuscole accentate! ÈÈÈÈÈÈh! Revelation!!! Fare informatica a qualcosa serve!
• Ho partorito un progetto di sistemi operativi, ho sviluppato una passione spasmodica per il philadelphia, ho imparato la coreografia di un balletto, ho fatto finta di essere un albero volante, ho vomitato l’anima, ho mangiato il sushi e l’anatra all’ananas, ho provato l’emozione di tornare a dormire nella propria camera dopo un’alluvione, ho visto Budapest e la Croazia, ho insultato l’autista del pullman, ho camminato durante una bufera di neve (okay, forse sto esagerando), ho servito porchetta e grigliata a più di cento irritantissime persone, …
• Questo punto lo lascio vuoto, non scrivo niente. Vale per tutte le cose che ho fatto e che sono troppo stanco per ricordare, e per quelle che ho fatto e che sono troppo timido per dire. 

Mi scuso per avervi fatto subire tutte queste parole. Ma oggi è l’unico giorno in cui è legittimato il mio spiccato autoreferenzialismo, per cui lo sfrutto.
Ventuno vittoria, grande baldoria, si dice nel blackjack.
E per i ventidue? Ghghgh, comincio già a sorridere.

A te, io auguro

Ciao.
Mi chiamo Alessandro, ma gli amici mi chiamano Ale. Credo che queste otto parole siano abbastanza per la parte che riguarda me. Adesso inizia la parte che riguarda voi. Sì, beh: sapete perfettamente che oggi è l’ultimo giorno del 2010, e dico che lo sapete perfettamente perché l’ansia di cosa fare stasera vi sarà presa come minimo due mesi fa, perché un sadico torturatore ha deciso che alla fine di ogni anno il divertimento è coercitivo.
Perché… pensateci bene. Non si festeggia nessuna nascita, nessuna morte. Nessuna resurrezione, reale o ipotetica. Non è la ricorrenza di niente: né la fine di una guerra, né la pace, né l’indipendenza di un popolo. Niente miracoli, tragedie, discorsi famosi. Nessun premio, nessun grande passo per l’uomo né tantomeno per l’umanità. 
È solo che la Terra ha compiuto un giro attorno al Sole. Un altro. Perlomeno il duemiladecimo (ma molti, molti di più in realtà). È passato un anno, concetto praticamente artificiale. Festeggiamo una ricorrenza messa lì appositamente per dover festeggiare qualcosa.
Eppure c’è qualcosa di filosofico in tutto questo. Anche chi come me ha dei pesanti momenti di cinismo estremo può vedere qualcosa di positivo nel Capodanno. Le stagioni che ricominciano, un ciclo che torna al punto di partenza. Lo scrittore che vuole cominciare un nuovo capitolo, lo fa nella pagina nuova, bianca, pulita. L’uomo e la donna che vogliono cambiare, lo fanno quando possono trovare una data significativa per azzerare tutto ciò che è passato, e ripartire. 01/01, primo Gennaio.
Per questo credo che sia giusto fare gli auguri oggi. Molto più oggi che a Natale, o Pasqua, o per il compleanno. Oggi, perché le persone hanno una spinta in più per cambiare, e io credo davvero che ci sia un immenso bisogno che le persone imparino a cambiare. Io mi chiamo Alessandro, ma gli amici mi chiamano Ale, ed oggi voglio farti gli auguri.
A te,
che non compri quel vestito perché non ti ci vedi, perché hai paura che gli altri non ti trovino credibile in una veste in cui non ti hanno mai visto, perché quei colori non li hai mai usati e tutti noterebbero il cambiamento, a te che tuttavia sogni di poterti mettere quel vestito, che sogni di essere all’altezza di quel vestito, che sogni di essere un’altra persona solo per avere la possibilità di indossare quel vestito (o quel paio di occhiali, o un altro taglio di capelli, o quelle scarpe più alte),
a te io auguro di trovare il coraggio di aprire quell’armadio e di sfilarci quell’abito che non hai mai messo per paura; di indossarlo e di starci bene. Perché nessuno ti potrà mai dire che non ti sta bene, se tu ci stai bene.
A te, 
che sei sempre stato con la solita gente con cui ti trovi male, che chiami amici persone che in realtà ti sfruttano, o ti prendono sempre per il culo, a te che sogni le amicizie che vedi nei film perché quelle che hai non sono nemmeno lontanamente così appaganti,
a te io auguro di trovare il coraggio di lasciar perdere tutti loro, di iniziare a frequentare nuovi posti, con persone più simili a te, con le persone che ti piacciono e a cui probabilmente tu piaci. Perché le amicizie dei film esistono anche fuori dalla pellicola, e sono anche più fantastiche di come sembrano.
A te,
ragazzo che ami i ragazzi, o ragazza che ami le ragazze, o ragazzo che si sente una ragazza, o ragazza che si sente un ragazzo, che ti sei sempre chiuso in te stesso per paura di far capire agli altri come sei, che ti nascondi per timore del giudizio degli altri, a te che ti senti sbagliato, a te che non ti accetti per questo, a te che preferiresti morire per non sentire tutta questa pressione,
a te io auguro di trovare la forza di esprimerti, di affrontare il mondo in cui ti sei ritrovato, di lasciar perdere chi non ti vuole per come sei. Perché non c’è nessuno migliore di te, e non c’è nessuno che ti possa dire come devi essere, né chi devi amare.
A te,
che hai amato ma il tuo sentimento non è stato ricambiato, che pensi ancora a quella persona, che non vuoi più avvicinarti a qualcuno per paura di provare di nuovo lo stesso lacerante dolore, a te che dici di stare bene ma in realtà, dentro, quella ferita sanguina ancora,
a te io auguro di capire che devi tornare ad amare te stesso, prima degli altri; di tornare a indossare quei vestiti, di guardare quei film, di uscire con quella gente; di capire che i ricordi sono solo ricordi, e che devi sfidare la tua memoria che ogni secondo ti fa pensare a quella persona. Devi capire e credere che le stagioni cambiano, e ci saranno tempi migliori; perché sì, questo te lo garantisco, e lo giuro su quel che ho di più caro: ci saranno tempi migliori.
A te,
che sogni di fare questa cosa, o di essere in questo modo, o di diventare così, ma che scuoti la testa facendo dissolvere queste speranze perché non credi che possano realizzarsi, perché magari pensi di essere già formato, che non si possa cambiare, che se si è iniziato un percorso ci si debba dedicare solo a quello,
a te io auguro di trovare il coraggio di cambiare, di imparare a rincorrere i tuoi sogni, di iscriverti a quel corso o di partecipare a quel concorso o di cominciare quello sport o quella attività. Perché chi studia matematica può essere anche un ottimo ballerino, chi lavora in un’officina può essere un bravissimo calciatore, e chi fa medicina può anche essere un poeta brillante.
A te,
che hai preso una cotta pazza per questo o quella, e che non vuoi dichiarare i tuoi sentimenti perché senti che non è alla tua portata, perché lui o lei è troppo per te, e che pensi spesso a lui o lei, ma senza dirglielo, a te che esplodi di gioia quando per sbaglio ti sorride, o ti chiede l’ora, o per caso si mette a sedere accanto a te in biblioteca,
a te io auguro di trovare il coraggio per esprimere quello che provi, di dirgli la verità, di dirgli che ti piace. Perché tutti amano essere apprezzati, ed è una cosa bellissima sentirsi dire che a qualcuno piaci, soprattutto se quel qualcuno sei tu.
A te,
che snobbi questi auguri minimizzandoli a un semplice esercizio di stile, che credi che tutto ciò che ho scritto sia solo retorica, perché in realtà tutto ciò sia impossibile da fare davvero; a te che credi che non si possa cambiare, che le persone abbiano una sola strada da percorrere, e che solo le più fortunate saranno felici,
a te io auguro di cambiare idea. Perché questo che ho scritto è possibile, perché questo che ho scritto è ciò che il 2010 mi ha insegnato, perché all’inizio del 2010 avrei avuto bisogno anch’io di qualcuno che mi augurasse queste cose. E ora che ho capito che si può cambiare e che si può essere felici, io queste cose le auguro a te.
Ale, 
un tuo amico

21

Sentiti, più o meno



Parlavi alla luna giocavi coi fiori
avevi l’età che non porta dolori
e il vento era un mago, la rugiada una dea,
nel bosco incantato di ogni tua idea
nel bosco incantato di ogni tua idea.

E venne l’inverno che uccide il colore
e un babbo Natale che parlava d’amore
e d’oro e d’argento splendevano i doni
ma gli occhi eran freddi e non erano buoni
ma gli occhi eran freddi e non erano buoni.

Coprì le tue spalle d’argento e di lana
di pelle e smeraldi intrecciò una collana
e mentre incantata lo stavi a guardare
dai piedi ai capelli ti volle baciare
dai piedi ai capelli ti volle baciare.

E adesso che gli altri ti chiamano dea
l’incanto è svanito da ogni tua idea
ma ancora alla luna vorresti narrare
la storia d’un fiore appassito a Natale
la storia d’un fiore appassito a Natale. 


[ La leggenda di Natale – Fabrizio De André ]




Tanti auguri a tutti quelli che credono in qualcosa, non importa cosa. E tanti auguri anche a quelli che non credono in niente, non importa perché. 

Qui disco volante…

Poiché oggi è un giorno particolare per qualcuno, e poiché proprio qualche giorno fa ho scoperto questa canzone il cui testo contiene il nome di questo qualcuno, e poiché tale canzone è meravigliosa, dedico il post di oggi a chi oggi compie gli anni. Auguri Laura!

P.S. Sono anche riuscito a impostare la tastiera italiana dai pc dell’università. Forse c’è ancora speranza affinché io diventi un informatico. E soprattutto, adesso posso finalmente mettere gli accenti dove devono andare!

Lettera aperta a Mart. Giulia

Non riesco a trovare una ragione per la quale vorrei fare il chirurgo. Riesco a trovarne migliaia per cui dovrei smettere. Rendono apposta le cose difficili. Abbiamo delle vite nelle nostre mani. Arriva un momento in cui diventa più che un semplice gioco. E puoi fare quel passo in avanti, oppure voltarti e andare via. Potrei mollare, ma c’è un problema: mi piace troppo l’arena.

[ Meredith Grey – Grey’s Anatomy ]

Oh, sì. Temo proprio che tu abbia letto bene. E mi sa proprio che quella Mart. Giulia del titolo sia tu. Ecco. Già ti immagino. A questo punto dovresti essere di un colorito avorio tendente al cenceo, causato dall’asia oddio-ora-cosa-scriverà-è-pazzo. Ora invece stai ripassando mentalmente la mappa di casa tua per individuare la posizione del coltello più vicino, quindi il tuo volto ha assunto una tonalità verde violastra. Adesso invece… No, non ancora. Giuli, no, non hai coltelli nello studio, rinuncia! Ecco! Adesso – a regola – starai respirando lentamente e ti starai dicendo che bisogna perlomeno arrivare in fondo al post prima di scegliere la maniera più crudele per uccidermi.

E, in effetti, questo è proprio quello che spero. Non il progettare la mia morte, ovvio. Intendo il proposito di arrivare in fondo alla lettera. Quindi direi che questo è il momento buono per cominciare a scrivere qualcosa di sensato, perché se continuo a tergiversare tu torni alla tua ricerca della lama più affilata.

Dunque. Sai bene quanto io sia ansioso prima delle prove importanti. Era così al Liceo e non sono cambiato poi molto all’Università. Per la Maturità quasi svenivo, dovresti ricordare. Di solito, però, quando sono gli altri a dover sostenere una prova, riesco a mantenere una certa lucidità. Ecco. Stavolta no! Sono stato in “ansia che non hai idea” quando tu eri a Pisa o a Milano o chissà dove per svolgere quel caspita di test di ammissione. Per questo quando mi hai detto che eri entrata ho esultato come se fossi entrato io. Che poi per carità: che tu sia una ragazza intelligente, e brava, e che tu avessi studiato un mucchio quest’estate era sottinteso. Non è mancanza di fiducia, ma quest’anno ero piuttosto negativo riguardo al tuo ingresso. Forse perché mi ricordavo della tua delusione dell’anno scorso, o forse perché mi preparavo psicologicamente all’idea che mi potessero chiudere la porta in faccia. Ops, pardon, che TI potessero chiudere la porta in faccia. E invece no, eccoti qua, a scintillare tra Alessio Luchetta e Roberta Iozzo.

La mia amica ha superato questo test di ammissione, in barba a tutto e a tutti, in barba alla Gelmini che aumenta il numero di domande di cultura generale, come se la prova non fosse già basata per selezionare i superdotati del fattore C; in barba alle delusioni e alla gente insignificante; in barba alle vacanze e al sole e alla montagna; in barba a me, perché ovviamente quando non voglio sono bravissimo a combinare qualche casino, come infavolarmi per esempio; in barba a Ivana Raffa e al suo stupido oroscopo cattivo con i nati sotto il segno della Bilancia.

Forse è un po’ presto per parlare di specializzazione, ma invece vorrei cominciare ad analizzare le branche della medicina a cui potresti essere più portata. Vediamo…
Chirurgia. Oh, beh. Un’inclinazione non indifferente, direi. Quando sono disperato, il mio cuore lo aggiusti benissimo. E questi sono gli interventi più difficili da fare; gli altri… bazzecole.
Psichiatria. In questo mondo? Una psichiatra perfetta. Come dice tuo babbo, c’è una tale concentrazione di soggetti clinicamente interessanti non indifferenti!, specie in una facoltà di nostra conoscenza. E poi quando sarò completamente pazzo (quando, insomma, vivrò su una mela) un’amica psichiatra può sempre far comodo.
Pediatria. Ohhh. Perché siamo tutti in fondo un po’ bambini.
Medicina legale. Molto molto molto affascinante. Serve sempre un medico legale sulla scena del crimine. A Distretto di Polizia, per esempio, o a CSI. Peccato che non mi potrai essere d’aiuto. Come sai, io non morirò. (Nota dell’Autore: qui me la sono un po’ gufata, ma come frase è molto teatrale!)

Ho scritto anche troppo. Ehi, non tirare un sospiro di sollievo solo perché hai capito che sto concludendo! Scusami, ma dovevo scriverti questa cosa. Figuriamoci se un evento così importante non merita una nota nel blog dei ricordi. Anche Morgan se ti conoscesse ti farebbe un sorriso (e allora tu cadresti svenuta perchè Morgan ti ha sorriso!). Tivvubbì.

Ale

P.S. So perfettamente che nonostante tu sia arrivata fino in fondo alla lettera, il desiderio di ammazzarmi non sia scemato minimamente. Però mi sovviene che mi devi una coca cola (le labbra di Dorian Gray, ricordi?). Beh, te la abbuono. E siamo pari così, no?

Venti

E’ tutta questione di e. Con l’accento acuto lascia l’odore della tempesta. Con quello grave diventa una parola pesante, un tonfo sordo che rimbomba. Vènti. Vénti. Che disperazione, e non è un gioco.

Mi sono semi-depresso. La giovinezza è l’unica cosa che merita di essere posseduta – dice Sir Henry Wotton – e io mi sto allontanando dalla mia.

E’ quel due che dà fastidio. Quel due prima dello zero.
E’ una cifra che apre i cancelli di nuove prospettive, che segna i confini di due mondi distinti. Ora c’è il nuovo da esplorare, quello degli Enti.
Qualcuno mi ha detto che passerà in fretta, qualcun’altro mi ha rassicurato che è il migliore. Ne ho concluso che dipende da come lo si vive.

Quindi, con un milione di buoni propositi nel cuore, e altrettanti cattivi propositi nei denti, sono pronto ad affrontare gli Enti. Che lo spettacolo cominci!