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  • Due righe su "Il padre d’Italia"

13 MARZO 2017
—
Roba LGBT

Questa non è una recensione, perché non ho le competenze per scrivere una recensione. Sono solo uno che guarda i film e ho buttato giù qualche riga sull’ultimo di Fabio Mollo, Il padre d’Italia.

  • È possibile scrivere un film in cui il personaggio dell’omosessuale non sia legato ai consueti stereotipi?
  • È possibile scrivere un film dove il personaggio gay non abbia come sola funzione quella di essere gay?
  • È possibile scrivere un film che ha per protagonista un omosessuale il cui obiettivo narrativo non ruoti intorno all’accettare il proprio essere gay ma che vada oltre questo punto?

Sono tre domande diverse. Il padre d’Italia prova a rispondere sì a tutte e tre queste domande.

In un Paese dove i film con personaggi gay rientrano in un caso nella categoria di stereotipizzanti, producendo mostri-macchiette che mostrano un aspetto dell’essere gay ormai poco interessante, o nell’altro caso nel grande cesto delle pellicole da festival LGBT, immensa fucina di drammi tutti uguali, Il padre d’Italia ci regala un po’ di respiro, un po’ di profondità e anche un po’ di estetica, che male non fa.

Luca Marinelli, che in Lo chiamavano Jeeg Robot interpretava un antagonista queercodificato con tratti effemminati, come se il personaggio del cattivo fosse più interessante se avente tendenze omosessuali, in questo film va paradossalmente nel senso opposto, disegnando una persona a tutto tondo.

Mi piace quando chi scrive personaggi di genere sa come scriverli.

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