Capacità di sintesi

Testo della mail inviata:

Buongiorno professore,
sono uno studente che frequenta il suo corso di Logica per la
Programmazione e che dovrà svolgere l’esame scritto il prossimo 13
Gennaio. A questo proposito vorrei chiederle se le modalità di
svolgimento saranno quelle del compitino (un’ora di tempo, possibilità
di consultare gli appunti) e se è possibile il tipo di esercizi che ci
saranno (in particolare mi interesserebbe sapere se ci potrebbero
essere verifiche di correttezza di triple di Hoare con comandi
iterativi, che nel compitino non c’erano).
La ringrazio anticipatamente, e mi scuso per il disturbo.

Risposta:

1 ora, possibilità di consultare le dispense, tipologia degli esercizi allineata con i due compitini.

Nuovo template!

Vi piace questo jeans style?
Mi ci devo ancora abituare, ma a primo impatto mi sembra migliore del precedente template.
L’unica cosa è che ho dovuto riscrivere la lista dei blog. Quelli che mi ricordavo li ho reinseriti, ma se ne ho dimenticato qualcuno avvertitemi che ce lo rimetto!

Edit: Valeh, guarda un po’! Sono riuscito ad ingrandire il carattere!

, ma che per qualche motivo non ne fossero capaci.

I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi. Certe volte pensava che in quella sequenza ci fossero finiti per sbaglio, che vi fossero rimasti intrappolati come perline infilate in una collana. Altre volte, invece, sospettava che anche a loro sarebbe piaciuto essere come gli tutti, solo dei numeri qualunque, ma che per qualche motivo non ne fossero capaci.

[ Paolo Giordano – La solitudine dei numeri primi ]

Sforbiciatina

Ebbene: sono un imbecille.
Vi immagino già con volto serafico a pensare “Eh, sai che novità…” e questo non solo mi diverte, ma mi spinge anche a raccontarvi quel che ho fatto.
Dunque. Come vedete dalla foto nel mio profilo io sono bellissimo. Affascinante, splendido, meraviglioso! In realtà qualcuno fa fatica a scorgere tale beltà, ma aiutato da due o tre – mila – bicchierini, arriva a riconoscerla oggettivamente.

Ma non è questo il punto. Se avete visto bene la foto (o se avete mai avuto la fortuna di incontrarmi di persona) avrete anche notato che porto i capelli lunghi. Lunghi è una parolona, diciamo “lunghini”.
Ecco. Dovevo andarmeli ad aggiustare (termine tecnico che usa sempre mia madre), per dare una scorciatina (altro esempio di terminologia materna) alla fratina davanti (ancora), che in effetti era molto lunga. Io cerco sempre di rimandare la visita semestrale da Ciao (che, per chi non lo sapesse, è il modo in cui chiamo il mio barbiere), ma siamo a gennaio e penso di non poter più rimandare. Vabbè, comunque, sabato ho avuto la geniale idea di darci una sforbiciata da solo. “Sono proprio un genio del crimine”, pensavo mentre impugnavo le forbicine metalliche e tentavo di tagliare l’aria, solo per il gusto di sentire quel rumorino saporito di due lame che si sfregano l’una contro l’altra.

Fatta la doccia, prendo queste forbici e do due sforbiciate. Zzzacc. La prima. Beh, sì, può andare. Zzzacc. La seconda. Orrore puro. Troppo, troppo corti! Oh, cosa ho fatto! Me tapino, mondo crudele, governo ladro (quello sempre!). Scuoto la testa, affranto e contrito, e me la asciugo.
Mi preparo ad affrontare il giudizio dei miei, che mi aspettano a cena fuori.
Raggiungo la casa, busso e mi fanno entrare. Vi elenco le varie reazioni, che meritano di essere riportate.

Massimo: “Ma fatti la barba!

Antonella: “Sembri un paggetto!

Benedetta: “Ale sei bruttissimo”

Beatrice: “Nooo, ma guarda se li sistemi così e cosà…” (prende a smanaccare nella mia testa, alla fine sospira) “No, niente da fare.

Andrea: “Ale ma che ti frega, nel senso…” (anche Andrea, come me, dice spesso “Nel senso”)

Chiara: (guardando Andrea e scuotendo la testa) “Già, che ti frega? Tanto peggio di Andrea non li puoi avere…

Mums e papà non erano ancora arrivati, ma anche quando mi hanno visto non si sono espressi molto. Anzi, inizialmente pensavo che quasi li piacessero. Mi doveva subito venire in mente, che era una cosa impensabile! Infatti, nei giorni successivi hanno avuto modo di esprimere il loro disappunto. Mi sa tanto che Ciao avrà una visita prossimamente…

Lettera di Valerie



So che non posso in nessun modo convincerti che questo non è uno dei loro trucchi, ma non mi interessa. Io sono io.
Mi chiamo Valerie. Non credo che vivrò ancora a lungo e volevo raccontare a qualcuno la mia vita. Questa è l’unica autobiografia che scriverò e … Dio… mi tocca scriverla sulla carta igienica.
Sono nata a Nottingham nel 1985. Non ricordo molto dei miei primi anni, ma ricordo la pioggia.
Mia nonna aveva una fattoria a Totalbrook e mi diceva sempre che “Dio è nella pioggia”.
Superai l’esame di terza media ed entrai al liceo femminile. Fu a scuola che incontrai la mia prima ragazza: si chiamava Sara. Furono i suoi polsi… erano bellissimi. Pensavo che ci saremmo amate per sempre. Ricordo che il nostro insegnante ci disse che era una fase adolescenziale, che sarebbe passata crescendo. Per Sara fu così, per me no.
Nel 2002 mi innamorai di Christina. Quell’anno confessai la verità ai miei genitori. Non avrei potuto farlo senza Chris che mi teneva la mano. Mio padre ascoltava ma non mi guardava. Mi disse di andarmene e di non tornare mai più. Mia madre non disse niente, ma io avevo detto solo la verità, ero stata così egoista? Noi svendiamo la nostra onestà molto facilmente, ma in realtà è l’unica cosa che abbiamo, è il nostro ultimo piccolo spazio… All’interno di quel centimetro siamo liberi.
Avevo sempre saputo cosa fare nella vita, e nel 2015 recitai nel mio primo film: “Le pianure di sale”. Fu il ruolo più importante della mia vita, non per la mia carriera ma perché fu lì che incontrai Ruth. La prima volta che ci baciammo, capii che non avrei mai più voluto baciare altre labbra al di fuori delle sue.
Andammo a vivere insieme in un appartamentino a Londra. Lei coltivava le Scarlett Carson per me nel vaso sulla finestra e la nostra casa profumava sempre di rose. Furono gli anni più belli della mia vita.
Ma la guerra in America divorò quasi tutto e alla fine arrivò a Londra.
A quel punto non ci furono più rose… per nessuno.
Ricordo come cominciò a cambiare il significato delle parole. Parole poco comuni come “fiancheggiatore” e “risanamento” divennero spaventose, mentre cose come “Fuoco Norreno” e “Gli articoli della fedeltà” divennero potenti. Ricordo come “diverso” diventò “pericoloso”. Ancora non capisco perché ci odiano così tanto.
Presero Ruth mentre faceva la spesa. Non ho mai pianto tanto in vita mia. Non passò molto tempo prima che venissero a prendere anche me.
Sembra strano che la mia vita debba finire in un posto così orribile, ma per tre anni ho avuto le rose e non ho chiesto scusa a nessuno.
Morirò qui… tutto di me finirà… tutto… tranne quell’ultimo centimetro… un centimetro… è piccolo, ed è fragile, ma è l’unica cosa al mondo che valga la pena di avere.
Non dobbiamo mai perderlo, o svenderlo, non dobbiamo permettere che ce lo rubino… Spero che chiunque tu sia, almeno tu, possa fuggire da questo posto; spero che il mondo cambi e le cose vadano meglio ma quello che spero più di ogni altra cosa è che tu capisca cosa intendo quando dico che anche se non ti conosco, anche se non ti conoscerò mai, anche se non riderò, e non piangerò con te, e non ti bacerò, mai… io ti amo, dal più profondo del cuore… Io ti amo.

Valerie
[ dal film: V per Vendetta ]

Duemilaotto bye bye

E’ giunto il momento di scrivere l’interventino di fine anno, tanto per rispettare la tradizione. In questi casi mi sento molto “Presidente della Repubblica”… Vediamo di fare una cosa rapida e indolore: non voglio soffrire molto.
Molto brevemente, quindi, ringrazio il 2008 dei bei momenti che mi ha regalato (di cui stranamente ricordo poco), e lo ringrazio anche delle persone che mi ha dato per percorrerlo insieme, dalla mia famiglia agli amici. Bla bla bla, il solito discorso noioso. Per cui 2008, quella è la porta, puoi andare, prego.


…è andato? Meno male, non lo sopportavo più.

Ora vorrei fare un’analisi critica (più o meno) dei buoni propositi che mi ero fatto all’inizio del 2008. Li ho tenuti per un anno affissi alla bacheca di sughero che ho in camera, vediamo un po’:
1. Fare tutto come se vedessi solo il Sole. Beh, qui ho fallito miseramente. Inconsciamente sapevo che avrei fallito già mentre lo scrivevo, questo proposito. Ma insomma lì per lì mi sentivo di metterlo. Troppo difficile, veramente troppo difficile.
2. Comprare vestiti un po’ più colorati: nel mio armadio c’è solo grigio. Qui ho vinto!!! Sì, sì, sono stato ben attento a ogni cosa che compravo. Soprattutto per i capi estivi, ma anche per l’inverno adesso ho una gamma di colori tra cui scegliere un po’ più ampia.
3. Scrivere qualcosa, almeno una volta a settimana. Sì, direi che ci siamo, qui.
4. Rielaborare gli appunti presi in classe. AHAHAHAHAHAHAH! Io tutti gli anni mi illudo di poterlo fare… Figuriamoci, se mi fosse venuta la voglia di ricopiare due pagine di Manfredini sarebbe stato tanto…
5. Leggere più libri. Ecco, diciamo che avrei potuto sforzarmi di più…
6. Ascoltare solo buona musica, e comprenderla. Adesso che la rileggo trovo davvero ridicola la postilla che ho inserito dopo la virgola. Comunque: Please don’t stop the music! Unz unz unz unz! Anche qui direi che avrei potuto sforzarmi di più.
7. Prendere la patente. Dieci Maggio Duemilaotto: ohhhhh yeah!

Probabilmente per il 2009 non mi farò buoni propositi, visto quanto io riesca a mantenerli. Ecco, idea! Mi voglio fare i cattivi propositi! Pensandoci, visto che nessuno rispetta i buoni, per simmetria non dovrebbe rispettare nemmeno i cattivi! Nei prossimi giorni li butto giù (non ci crederete ma sono soddisfattissimo della mia pensata geniale!).

Concludo augurando a tutti un felice 2009. Si spera che sia meglio del 2008, soprattutto per chi il 2008 non se l’è goduto appieno. E, come mi dice il mio professore del liceo: mantenetevi sempre arguti!


Buon anno!


Con-tatto

Ebbene sì: ho gli occhi sensibili.
Calma, precisiamo: non ho SOLO gli occhi sensibili, è chiaro che io sono sensibile per definizione. Ho le manine sensibili, la pelle sensibile, la gola sensibile (quanti OKI ho buttato giù…), la schiena sensibile, i piedi sensibili, e ovviamente il cervello sensibile – soprattutto il cervello è di una sensibilità unica: pensate che se scuoto la testa troppo forte smette di funzionare.
Ad ogni modo, oggi ho scoperto di avere, tra le altre tante cose, anche gli occhi sensibili. E dire che ero bello tranquillo in proposito, perché mi ricordo che in una puntata del Dottor House qualcuno aveva detto che gli occhi non sentono il dolore (o qualcosa del genere), perché mancano le <termine medico che non ricordo assolutamente>.
Insomma, oggi avevo l’appuntamento con il contattologo (non sto scherzando, si chiama così!) per la questione lenti a contatto. Beh, se si chiamano lenti a contatto c’è un motivo! Vanno messe con tatto. Io cambierei il nome in lenti a contantotatto, perché di tatto ne serve parecchio, soprattutto quando si ha a che fare con due occhietti sensibili come i miei.
Arriva il contattologo. Io lo osservo nello stesso modo in cui la Signora in Giallo osserva un qualunque abitante di Cabot Cove: sospettoso (sapete bene che ogni abitante di Cabot Cove finirà per assassinare qualcuno, prima o poi). Mi saluta, è giovane e ha l’aria simpatica. Mi spiega tutte le cosine: ora ti metto le lenti, eh, tu ci fai una girata e si vede se hai qualche reazione allergica, eh. Pronti, attenti via.
La prima volta credevo che sarebbe stato facile. Invece mi sono subito dovuto ricredere, perché nonc’era verso di infilare questa benedetta lente sulla mia pupilla suscettibile. Ci avremo messo circa cinque minuti (Mr. Contattologo intanto diceva “No, non ti preoccupare, non è colpa tua“, mandando a zero la considerazione, già bassa di suo, che avevo di me stesso). Passati i cinque minuti infernali, ho manifestato tutta la soddisfazione che provavo. Peccato che poi mi sono ricordato di possedere due occhi. E così abbiamo speso altri cinque-dieci minuti per il sinistro.
Devo dire che una volta messe ‘ste cacchio di lenti, era tutta un’altra cosa. Forse un po’ di fastidio all’inizio, ma poi mi ha fatto taaaanto piacere riuscire a vedere il mondo senza bisogno di occhiali.

Uscito dall’ottica, mi sono fatto un giro per i negozietti di lì. Avevo tra le mani una maglia (di quelle con le costine verticali, stupenda, tipo quella bellissimissimissima che i miei mi hanno fatto per Natale). Mi rigiravo questa maglia tra le dita e mi bollivo lo stomaco: la compro o non la compro? questo è il dilemma. In mio soccorso arriva un sms di Hind, che mi avverte che ho superato il compitino di Programmazione con un bel voto (a differenza di quello di Matematica Discreta, grrr). Ecco, ottimo! Mi sono premiato regalandomi non una, ma tre maglie. Sono uscito dal negozio bello contento.

Mentre sceglievo, provavo, compravo, sembrava fosse in corso la guerra tra messaggini. Me ne arrivavano di tutti i tipi, e io lì a rispondere con trentaseimila capi di abbigliamento tra le braccia: Maallorastaserahaidecisol’esameèandatobene staseratipassoaprendereiovuoisfruttaresubitoilneopatentatocomunqueacasamiasipuòmatecivaisubitoilsetteall’oraledovesei tuttoappostoall’otticaquandotorni?

Dopo questa perla, vi saluto. Mi preparo, perché stasera passa a prendermi un neopatentato!

Letterina per Babbo Natale

Caro Babbo Natale,
anche quest’anno è giunto il 24 Dicembre, e io devo ancora scriverti la letterina. Sono sicuro, comunque, che non avrai problemi a riceverla anche se te la mando così in ritardo, perché ti stai facendo anche tu più tecnologico. Ti immagino a controllare la posta sull’Iphone, con le cuffie del lettore mp3 nelle orecchie, e collegato su Facebook a vedere chi ti ha aggiunto come amico.

Caro Babbo Natale,
quest’anno non sono stato tanto buono, per cui non oso chiederti niente per me (beh, se poi vuoi lo stesso portarmi qualcosa, penso tu sappia quel che vorrei). Invece, vorrei consigliarti dei pensierini da fare agli altri, dato che non c’è più l’abitudine di scriverti la letterina e tu tutti gli anni sei in difficoltà su cosa regalare a chi non ti dà delle dritte – ti capisco benissimo, pensa che il regalo del compleanno di Vezio lo abbiamo preso solo la settimana scorsa, e lui compie gli anni a Settembre. Dunque, Babbo Natale, prendi appunti che io comincio.

Vezio.
A Vezio per favore fai in modo che durante le sue guide non capitino le situazioni stradali più incredibili. Il pazzo a 80 all’ora mentre lui faceva l’immissione nella Sarzanese è stato abbastanza traumatico, tanto che ora si sente un miracolato dal Signore per essere sempre vivo. Siccome il ragazzo deve passare l’esame di pratica, sarebbe carino che quel giorno non succedano catastrofi (sai, le solite cose: improvvisi innalzamenti del suolo, comparsa magica di grossi autoveicoli contromano, lampeggiamenti intermittenti dei semafori…).

Laura.
Per l’amor del cielo, Babbo Natale, quella povera figliola gradirebbe una vita sportiva senza interruzioni inutili, e ho detto tutto. Non so, dove stai tu lo vendono l’olio della Madonna? I tuoi folletti sono in grado di costruire uno scudo plutonico iperspaziale? Se proprio non riescono va bene anche una versione moderna del salvavita Beghelli, penso. Insomma pensaci tu.

Luca.
Ecco, qui la cosa è problematica, Babbo. Secondo te in farmacia rieci a trovare un medicinale che tenga a freno gli ormoni? Va bene anche per qualche oretta al giorno, per farlo stare tranquillo. Delle volte non capiamo se ci sia qualche differenza tra lui e Biagio, eccetto il fatto che Biagio abbaia. Pensavo: un castratore chimico temporaneo? Oppure sai cosa sarebbe davvero ganzo? Una specie di telecomando delle pulsioni nervose. Comodo, pratico, semplice!

Elisa P.
Dopo l’esperienza traumatica dell’altro giorno, vorrei regalarle un sacco di bottoni. Tanti, tanti, tanti bottoni. Così tanti che dopo la potrebbero chiamare la Regina dei Bottoni. A parte gli scherzi, dopo che mi ha detto che gli orechini lei se li fa da sola e per farli usa dei bottoni, mi si è aperto un mondo tutto nuovo. Se è possibile fare degli orecchini coi bottoni, allora è possibile tutto: che gli asini volino, che i grilli parlino, che Berlusconi dica una cosa sensata, che Facebook imploda… Questo è il mondo del contrario, il mondo alla rovescia, il mondo dei bottoni! Ed è tutto merito di Elisa, per cui per favore, Babbo Natale, portale questo regalo (insieme a un pizzico di sorrisi, che se li merita).

Sara.
Si sta per ammalare, la sciagurata. Non si può, solo io mi posso ammalare nelle vacanze invernali, nessuno può togliermi questo diritto, mi spetta! Ecco, Babbo Natale, siccome mi ha confessato di non sapere cosa sia l’OKI (lacuna da colmare assolutamente), mettigliene sotto l’albero due o tremila scatole. Fai presto, anche, perché presto parte per l’estremo Nord!

Nicola.
Ecco, se fosse possibile vorrei che tu gli portassi una vita di riserva, perché ne avrà di sicuro bisogno quando si pianterà con la sua “indistruttibile” Clio contro un faggio (facciamo le corna, oddio). Ma la vita è una delle poche cose che non si possono regalare tanto facilmente, bisogna pensare a un regalo di riserva. Uhm, vediamo… Ah, ecco! Babbo Natale, porta a Nicola una damigiana di pazienza. Perché quella che aveva si sta esaurendo – colpa mia, penso.

Valeh.
Clienti con nomi più normali. E clienti con richieste più normali. E non dico altro!

Elvira.
Sì, lei vorrebbe tanto un vestito che appaia decente alla società contemporanea. Ah, no, sono gli studenti che frequentano il suo corso di Analisi che vorrebbero vederla vestita in una maniera accettabile, per una volta. Ma se fai questo regalo a lei, farai anche un regalo ad altre 40 persone. 41 piccioni con una fava, come si suol dire.

Giulia.
E qui ti devo fare un elenchino, Babbo Natale. Un regalo solo, per lei, non basta mica! Allora, per prima cosa un sottobicchiere nuovo, perché quello che aveva rubato al Golden gliel’ha ripreso per sbaglio la cameriera. Un computer per suo papà che sennò le frega sempre il suo quando serve a lei. Una padella da tirare in testa alla Good, ma non posso aggiungere altro perché sarebbe rischiosissimo (e dopo è colpa mia se non le rivolge la parola). Ah, e poi qualcosa da mangiare, perché sennò mi deperisce. E per finire… mmh… sì, ecco: “uno normale“. Credo si dica così.

Mums, papà, Eli, nonni e nonne, zii e zie, cuginetti, parenti vari, quelli che non ho nominato.
Un mondo di bene e di felicità.

Allora, Babbo Natale? Dici che è chiedere troppo?
Io ho sempre sostenuto che chiedere non costi niente. Ma rispondere è cortesia, dice mamma.

Tanti auguri a tutti 🙂

Nero Natale

Questa è un’abitudine che avevo sul vecchio blog e che vorrei tramandare anche a questo. Si tratta di un sistema sintetico per informare i miei – pochissimi – lettori che sono vivo, anche se non scrivo da tempo. A volte sono frasi incomprensibili, altre sono chiarissime. A me piace particolarmente quando a capirle possono essere in pochi eletti, perché ho notato che poi gli altri si arrovellano il cervello per trovare un significato che la maggior parte delle volte non corrisponde a verità. Si parta, dunque, con le definizioni sbrigative.

Computer nuovo: semplicemente splendido.
Compitini: per lo meno sono finiti.
Albero-di-Natale-in-Piazza-Anfiteatro: sgomento puro.
Capodanno: uffa.
Record da disco: secondo me ci vuole l’applauso.
Armadio: mission impossible.
Lenti a contatto: mission forse un po’ più possible.
Colla da decoupage: 24 euro?! Siete impazziti?
Twilight saga: prima o poi la finirò!
Casa del Bottone: neanche pensavo potesse esistere, un posto del genere.
Golden: è ufficiale, porta male.
Gomma: Giuli, è ancora nel mio astuccio! E tu hai la mia penna!
Parcheggi: circa dodicimila manovre.
El Paso: stavolta non ho rischiato di morire.
Regali: lo stretto indispensabile, delegato a mia sorella.
Natale: Nero Natale. Nero nero nero Natale.

“Fico!”

Oggi, ore 15.20 (quindi poco fa), cucina di nonna.
Eravamo io, mia sorella Elisa, i miei cuginetti Eleonora e Federico e mia nonna Irene. Tutti quanti circondavamo il tavolo rotondo, chi da una parte, chi dall’altra. La mimmina (Eleonora) doveva fare il compito di italiano che le ha dato la maestra. Dato che lei frequenta le elementari ha un sacco di compito per casa, di cui almeno la metà è costituito da disegni per colorare – questi bambini, poveretti. Oggi aveva i disegni di frutti e di verdure, e il suo compito consisteva nell’identificare i vegetali e scriverne il nome in una griglia accanto, che il libro aveva già parzialmente completato inserendo alcune lettere.

Esempio:
Qui a sinistra c’è il disegno di un frutto, chessò, una fRagoLa.
Qui accanto, sulla destra, ci sono sette quadratini: _ R _ _ _ L _ . Capite? Non è difficile, su!

Ecco, il problema era che il vegetale in questione era disegnato malissimo, e nemmeno colorato! Eleonora era disperata e in preda al panico ci ha chiesto aiuto. L’oggetto in questione sembrava una pera, ma fatta a spicchi, come l’aglio. L’aiuto era: _ I _ O . Boh! Era difficile davvero.
Mia sorella sosteneva che si fossero sbagliati, io invece puntavo per l’ipotesi cIpOlla, ma Eleonora nella sua infinita ingenuità si rifiutava di inserire tre quadratini a mano, come furbescamente avevo consigliato di fare (da genio del crimine quale sono…).
Poi Federico apre il libro di matematica, e per caso lì ci sono disegnati altri frutti moooooolto simili a queste pseudocipolle. E’ mia nonna che lo riconosce per primo: “Fico!“. La guardiamo perplessi, tutti. Poi ributtiamo l’occhio sull’immagine, e la comprensione ci raggiunge inondandoci di serenità: “Ahhhhhhh, ficoooooo…“.
Tutta contenta Eleonora inserisce la F e la C che mancavano, e noi torniamo ai nostri affari, felici di aver contibuito – anche oggi – a un giorno migliore.

P.S. Sì, lo so che non vi interessa niente, ma in qualche modo devo perdere tempo! Analisi mi aspetta, il compitino è tra poche ore e la professoressa (che oggi si è autodefinita “metereopatica“, e tra un po’ sarei morto per tentare di soffocare le risate) ha detto che è facilissimo, il che significa che è impossibile.