• Il senso di fare coming out nel 2017

11 OTTOBRE 2017
Roba LGBT

Sono un maschio, bianco, omosessuale, e lo sanno tutti quelli che mi conoscono. Il mio amico Tiziano dice che non sarebbe possibile conoscermi senza sapere che sono omosessuale, che è un po’ come a dire che l’omosessualità è una caratteristica che mi definisce, e anche se questo potrebbe in qualche modo darmi fastidio (oh, come sarebbe bello se l’orientamento sessuale non definisse le persone), per il momento mi inorgoglisce.

Tutti sanno che sono gay. I miei amici, la mia famiglia, i miei colleghi, e in generale tutti quelli che finirebbero nei ringraziamenti della mia tesi di laurea. Anzi, molti di più. Penso che sia abbastanza evidente, se uno è uscito di casa qualche volta. Dai, se anche escludiamo il modo in cui parlo e mi muovo e interagisco con la gente, ci sono alcune schiaccianti prove stereotipiche: ascolto Lady Gaga, guardo American Horror Story, seguo Pechino Express e metto le scrittine rosa su Instagram.

Eppure, mi trovo spesso a dover fare coming out, per esempio con persone con cui mi trovo a collaborare, convivere o frequentare. Per esempio, ho cambiato da poco casa, e il mio nuovo coinquilino ha avuto modo di apprendere il mio orientamento sessuale perché io, non sapendo che era rientrato, avevo messo L’amore si odia e la stavo cantando a squarciagola, peraltro esternando dei notevoli virtuosismi vocali frutto di anni di serale di Amici.

Ma anche se chiunque potrebbe intuire il mio orientamento sessuale senza bisogno di dichiarazioni ufficiali, io l’urgenza del coming out la sento lo stesso. Il coming out è un gesto politico e per niente drammatico. Non ho più bisogno di tastare il terreno, e aspettare che si sia creata l’atmosfera giusta, che l’altro sia sintonizzato e predisposto all’ascolto. Quello mi serviva le prime volte, quando ero un po’ più insicuro.

Semplicemente, il mio coming out, nel 2017, è buttare lì una frase che faccia capire non tanto che sono gay, ma che so di esserlo e che non è richiesta nessuna approvazione. Di solito me la cavo con un’ironico apprezzamento su qualche manzo nei paraggi, o un riferimento al mio Giulino che chissà cosa starà facendo in questo momento… Il sottotesto è: “ma certo che sono gay, e non credere che non dovrai avere a che fare con questo aspetto di me”. Praticamente è una minaccia.

Ma mi piace pensare che le cose cambino anche per questi piccoli coming out. 

Roba affine
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