Domande, #6

 Credo che le risposte rendano saggi
ma le domande rendono umani

Avere dieci minuti prima di dover cominciare a studiare

mi autorizza a sprecarne almeno venti
per completare questo post del blog?

Rimuginare: perché farlo?

I buoni propositi

sono
necessariamente
più buoni di quelli cattivi?
A volte, non sarebbe meglio
fare dei cattivi propositi?

Ho sonno, anche stamani:

ma perché non vado a letto prima?
Ma non c’è un letto in questa
cavolo di facoltà?
Solo computer su cui scrivere scemenze?



Quanto ci vuole per imparare la lezione?
In termini di fregature?
Porte in faccia?
Sabati sera sprecati?
Occasioni perse?



Perché quando programmo di uscire
puntualmente piove?
Perché quando piove
puntualmente mi si rompe l’ombrello?





Non ho spiccioli:
qualcuno mi offre il caffè?



È proprio vero che non si può cambiare?
Anche mettendoci tutte le energie possibili?
E come fate a dirlo: avete mai davvero provato?



Sapere di avere un disturbo X
non potrebbe un pochettino aiutare a curarlo?
Vi prego, non potreste dirmi di sì?
Se ve lo chiedo per favore?



Volersi bene
è sufficiente?



Chi spiega ai miei lettori puntigliosi
che alcune di queste domande
non vanno interpretate alla lettera?




Aver appena realizzato
di aver perso ulteriori dieci minuti
può costituire uno stimolo sufficiente
a smettere di scrivere sul blog
e dedicarsi ad attività più proficue?

4 commenti
  1. Tiz
    Tiz dice:

    #3: Questa è una domanda retorica. Lo sai già, dai…#4: I letti in facoltà sono una proposta che rispunta molto spesso. Credo che non li abbiano messi per evitare il fenomeno delle ragazze madri.#6: Ha a che fare con la legge di Murphy. È lo stesso motivo per cui quando hai un incontro importante un piccione decide di cacarti sulla testa.#7: 'niamo.#9: "Ammettere di avere un problema è il primo passo per risolverlo". Non so chi l'ha detto ma credo che sia una citazione.

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  2. Anonimo
    Anonimo dice:

    Ho un problema.No, diciamo che ne ho … vediamo … almeno tre. L'ho sempre saputo, ora l'ho scritto, e non ho risolto un cazzo.Diciamo che ammettere di avere un problema è lo 'start' per cominciare a pensare a come risolverlo … non è detto che lo risolverai.Doris

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  3. DarkAgony
    DarkAgony dice:

    Non basta sapere di averlo, non basta sapere come risolverlo, è necessario VOLERLO risolvere veramente. Nessuno può farlo per te, neanche un professionista, se non sei tu il primo a volerlo (La risposta e il "tu" ovviamente sono da intendersi in senso generico 🙂 )E P.S.: i cattivi propositi ogni tanto ci stanno… anzi, se non ci fossero, come faremmo a definire gli altri come "buoni"? 😉

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  4. Antonia
    Antonia dice:

    Non so quanti e quali di queste domande debbano, o no, essere prese alla lettera. Ma ad una posso risponderti con certezza: cambiare si può.Si può lavorare su sé stessi. E lavorare su sé stessi richiede fatica e coraggio, e prevede una serie infinita di infinite incazzature. Ma i risultati poi ( e per poi intendo anche anni ) arrivano.Prendere coscienza di sè stessi. Imparare a conoscersi, e a capirsi con sincerità. E sincerità vuol dire perdonarsi, ma senza troppa indulgenza. Rimproverarsi, ma senza astio. Possiamo fare della nostra vita ciò che vogliamo, solo che non ce ne rendiamo conto. Pensiamo che questa sia una frase fatta, di quelle che si dicono per incoraggiarti nei momenti difficili, durante le salite, le faticose salite. Invece non è retorica. E' verità. Solo che la verità richiede coraggio. Il coraggio di cambiare, di barattare il noto per l'ignoto. Quelli che non riescono a cambiare, sono solo quelli che non vogliono cambiare perché si lasciano fregare dalla paura.Io lo so. Perché quella paura l'ho vinta, sconfitta, neutralizzata. E ora sto costruendo la vita che ho sempre immaginato per me stessa.Un sorriso. Antonia.

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