Delusione Avatar

Sono passati quattro giorni da quando l’ho visto al cinema. Il tempo che è servito all’estasi per evaporare e lasciare che gli effetti speciali la smettessero di stordirmi. Oh, no: nulla a che vedere col mal di testa da 3D. Quello mi ha dato noia nei primi cinque minuti, poi è passato. Intendo, invece, che le novità tecnologiche impiegate in Avatar mi hanno confuso, impedendomi di andare oltre.
Ora, lungi da me giudicare chi invece con Avatar ha provato delle emozioni. Ognuno ha bisogno di cose diverse, dall’apoteosi della frivolezza all’eccesso di intellettualoidità. Io stesso ammetto che mi sia piaciuto, nonostante credo che tutto il fascino del film stia nella squisita e solo superficiale presenza degli effetti speciali.

Nessun desiderio o bisogno di distinguermi dalla massa. O meglio: okay, ho gusti diversi, ma non sono voluti. Evidentemente la fantascienza non è il mio genere. Tra l’altro, non so se “ho” un genere cinematografico preferito. Comunque, ripeto che tutto sommato Avatar è un bel film. Vorrei però fare qualche considerazione in merito.

Il 3D è “una ganzata paurosa”. Consentitemi il termine (un misto tra il toscano e il linguaggio adolescenziale). Sì, evviva il 3D, una novità, la novità! – e per 11 euro non avrei mai ammesso il contrario, cacchio. E l’eccitazione non si ferma mica qui: siamo nel duemilacentocinquantaquattro, (che figoooo!) e gli uomini si spostano grazie a dei robot giganti (noooo!) e ci sono – pensate! – le astronavi.

Fin qui è tutto molto divertente. Come divertente è anche la trama, e coinvolgente: nonostante io abbia una repulsione tremenda per i film che durano più di due ore, le tre di Avatar non mi sono pesate affatto (comunque non lo rivedrò per altri dieci anni, centoottanta minuti bastano e avanzano). Le sparatorie e gli inseguimenti ti prendono e ti lasciano incollato allo schermo per tutto il tempo.

Dove sta la delusione? Beh. La trama, per quanto divertente, non osa. Okay, gli uomini cattivi e gli alieni buoni; okay, la storia d’amore interraziale (dopo Twilight, ci mancavano le relazioni uomo-alieno). Ma… c’è un pianeta nuovo su cui ambientare una storia e l’unico mezzo colpo di genio che ho visto è stata la connessione tra le code (non mi viene un altro modo per chiamarlo).
E poi? Fine. Non mi basta alzare di un metro un uomo e colorarlo di blu per avere una specie diversa. Prendi una tribù di indigeni ed otterresti la stessa cosa. E prendere un cavallo e aggiungerci una zampa non ti dà un nuovo animale. Ti dà un cavallo con cinque zampe. Un gatto nero gigante che ti insegue e ti vuole mangiare esiste già: si chiama pantera. E così pure un rinoceronte con la cresta: lo studi alle elementari quando fai la preistoria, è il tri-ce-ra-to-po!

Uff. Mi rileggo, e mi sto antipatico da solo. Ma lo ribadisco, non è per essere ostinatamente contrario. Mi aspettavo di più da un film così tanto osannato. A caldo, mi ha dato delle belle sensazioni, quindi sono contento di averlo visto. Ripensandoci razionalmente, mi sento un po’ deluso. Mi pare di aver visto la trasposizione fantascientifica di Pocahontas, fatta con dei puffi troppo cresciuti e il ritorno dei transformers.



3 commenti
  1. Filippo
    Filippo dice:

    Io odio i critici cinematografici.Sono un po' come non-mi-ricordo-chi quando dice a Julia Roberts in versione Trilly che non crede alle fate.SIETE DELLE BESTIE DA MACELLO! è_é°Comunque concordo, Ale :*Però la figura dell'orco becero ce la fai tu, mica io, ohohho ù_ù°-

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