La mia vita, più o meno.

Bianco. Come la neve e la schiuma da barba

Non per fare il solito antipatico-cinico-acido, ma io tutta ‘sta felicità nel vedere la neve non la provo. Anzi, a dir la verità questo tempo mi fa anche parecchio incazzare. Per vari motivi: il primo è che stasera avevo la cena di addio (si fa per dire) con gli amicinformatici, e non posso andare a Pisa perchè c’è il rischio che mi si ghiaccino le strade. Il secondo motivo è che uno aspetta per diciannove anni l’occasione per festeggiare un bianco Natale – di quelli che si vedono nei film americani, davanti ai quali i toscani non possono far altro che sbavare e rassegnarsi al fatto che il clima che hanno non potrà mai regalar loro i tanto agognati fiocchi – e questo arriva proprio quando il significato del Natale non ha più un’impronta rilevante nel suo pensiero. Per cui, scusate se non assecondo né imito il vostro magnificare la neve, ma proprio non me la sento.

In compenso, oggi ho imparato una cosa nuova. Cioè: farmi la barba con la manovra di Vannucci. Suona bene? “Manovra di Vannucci” Vorrei poter scrivere che Vannucci è un noto teorico dell’arte barbiera (non esiste l’arte barbiera, lo so…), ma in realtà per adesso è semplicemente un ragazzo che mi ha illuminato sull’utilizzo del rasoio elettrico. Ho scoperto che: 1) ci si ferisce di meno col rasoio elettrico, anche se qualche taglio me lo sono fatto lo stesso, a causa della mia pelle delicatissima sensibilissima purissima levissima; 2) all’inizio fa male – sembra che ti strappi i peli – ma poi è divertente! 3) risparmio almeno otto-dieci minuti di tempo. Tutto ciò implica che d’ora in poi userò il rasoio elettrico molto più frequentemente.

Comunque, quando mi mettevo la schiuma da barba sul viso, è entrata in bagno mia sorella: “Ale come st…?” Mi voleva chiedere un consiglio sul suo abbigliamento. Mia sorella mi chiede sempre consigli di moda, come se io me ne intendessi. Beh, io solitamente faccio finta di sapere di cosa sto parlando, e gli rifilo qualche commento da vero esperto in fatto di fashion. Tuttavia, stasera non penso di essere stato molto credibile, perché quando le ho detto che la passata viola le si intonava con la camicia, lei è andata via borbottando che sembravo Babbo Natale.

Ho iniziato a parlare di neve e ho finito con la schiuma da barba. Vedete la coerenza? Tutte e due sono cose bianche! Per mantenere un filo conduttore, potrei iniziare il prossimo post parlando del mio compitino di Architettura.


Promemoria, un anno dopo

Chi legge questo blog sa che – essendo io abbastanza riservato – non ci scrivo i resoconti delle mie giornate, sempre che non capiti qualcosa di particolarmente esilarante o interessante o che non sia solo lo spunto per qualche altra riflessione. Però stavolta scriverò qualcosa che non è né esilarante, né interessante (quantomeno per voi). Dunque: lo scorso Febbraio avevo pubblicato qui un Promemoria, che in realtà mi ero prefissato qualche mese prima. Più o meno è un anno che una mia cara amica mi aveva fatto il suo “appunto”. Quell’amica oggi pomeriggio mi ha chiamato esclusivamente per dirmi che è molto felice che io abbia rispettato l’impegno con successo. E questo ha reso più luminosa una giornata (che altrimenti sarebbe stata dedicata a bit di controllo, linguaggi funzionali e protocollo di El Gamal). Ecco. Come vedete non è niente di interessante o esilarante o divertente. Ma tempo fa registravo una sconfitta. E mi sembrava giusto – un anno dopo – segnalare anche il successo corrispondente.

525,600 minutes,
525,000 moments so dear.
525,600 minutes – how do you measure, measure a year?

In daylights, in sunsets,
in midnights, in cups of coffee.
In inches, in miles,
in laughter, in strife.

In 525,600 minutes – how do you measure a year in the life?
How about love? How about love? How about love?
Measure in love. Seasons of love.

525,600 minutes!
525,000 journeys to plan.
525,600 minutes – how can you measure the life of a woman or man?

In truths that she learned,
or in times that he cried.
In bridges he burned,
or the way that she died.

It’s time now to sing out, tho the story never ends let’s celebrate remember a year in the life of friends.
Remember the love! Remember the love! Remember the love!
Measure in love. Seasons of love! Seasons of love

[ Metto le mani avanti:
ipotizzo che questa canzone
sarà pubblicata spesso 🙂 ]

Venerdì al cinema

Prima di tutto, un giuramento: prometto solennemente che dopo aver scritto questo post andrò a fare qualcosa di costruttivo per il mio percorso accademico. Studiare, per esempio. Ma fatemi sprecare ancora qualche minuto di questo angosciante sabato pomeriggio.

Sono tre settimane che il Venerdì sera lo passo al cinema. Quindi ho pensato che poteva essere carino buttare giù due righe sui film che ho visto. Metto le mani avanti e dico che non si tratterà di un vero e proprio elenco di recensioni, innanzitutto perché non ne sono in grado, e poi perché il mio senso critico cinematografico ha bisogno di essere affinato ancora un po’ prima di potermi permettere giudizi da vero intellettuale (ai quali ambisco segretamente).

Il primo film di cui vi parlerò racconta una storia. E sarebbe da fermarsi qui a dare un parere. Perché è il genere di film che più apprezzo, quello che racconta una storia. Riesco a tollerare la moralina solo nei film d’animazione, perché i bimbi – i maggiori fruitori dei cartoni animati – hanno ancora il diritto di sognare. Ma è tanto bello quando un film si propone l’unico scopo di farti interessare a una trama. Ed ancora più bello è quando ci riesce. E Gli abbracci spezzati di Pedro Almodovar ci riesce. Un’altalena tra presente e passato, un intreccio ben sviluppato. Penelope Cruz che si conferma una delle mie attrici preferite. Un po’ lunghino per i miei standard. Giudizio: coinvolgente.

Andare a vedere 2012 mi attirava quanto una crostata di barbabietole. Con tutto il rispetto per le barbabietole. Però quando me l’hanno proposto ho pensato che in effetti avevo bisogno di un po’ di squisita superficialità e ho detto di sì. Sono uscito dal cinema convinto che un video di Britney Spears sarebbe stato più consistente. Con tutto il rispetto per i dottori di Britney Spears. Un film banale, scontato, prevedibile, mal sviluppato, lunghissimo. E soprattutto inverosimile. Quando guardo un film o leggo un libro o assisto a uno spettacolo teatrale, io faccio un patto con lo sceneggiatore e gli dico: “Ok, se mi dici che il mondo sta per finire a causa dei neutrini del Sole, io ti credo, anche se è impossibile. Ti credo, a condizione che tu mi crei una storia verosimile”. Ecco, 2012 non è una storia verosimile. In realtà, 2012 non ha per niente una storia. Gli effetti speciali, ovviamente, sono straordinari, ma è chiaro – per fortuna – che non può bastare la tecnologia per fare un film. La parte più simpatica (con tutto il rispetto per il concetto di simpatia) è quando il premier italiano in preghiera viene schiacciato dalla cupola di San Pietro. Un’altra scena inverosimile: lui non sarebbe mai rimasto a pregare. Giudizio: drammaturgicamente inconsistente.

Aspettavo da circa un anno il film che sono andato a vedere ieri sera. Dopo aver letto Il ritratto di Dorian Gray, che è in assoluto il mio libro preferito, ero curioso di vedere come sarebbero riusciti a farne una trasposizione cinematografica. Confesso di essere partito prevenuto. In fondo è difficile che un film eguagli la bellezza di un libro. Ma non pensavo che ne sarei rimasto così schifato. Dorian Gray non ha niente a che vedere con il romanzo decadente di Oscar Wilde. E’ l’esempio perfetto di come si possa rigirare a proprio piacimento un’idea. Ogni fotogramma è accompagnato dal sottotesto non-eccedere-fai-il-bravo-bimbo-lui-è-cattivo-non-imitarlo che è esattamente il contrario di quella che è l’essenza del libro. Se non ci fosse il cinismo (peraltro palesemente ripreso dall’autore originale), di questo film non rimarrebbe altro che un’atmosfera cupa (necessaria per vendersi a un target di idioti) e un’ammucchiata di effetti speciali usati per il solo motivo che esistono. Giudizio: irrispettoso.

Ammazza oh! Ho un talento naturale per distruggere i film! Sinceramente stupito. E ora… a studiare!

Dietro a una pagina di Architettura degli Elaboratori, in una mattina di pioggia, nel laboratorio I

Evviva il freddo che ti screpola le labbra, i capelli unti, gli anni che passano,
le vostre vite perfette, i film di serie B e la musica commerciale, i cani abbandonati,
gli omologati, le gabbie della società e le catene della mente, evviva la Chiesa,
evviva l’Italia, evviva il lunedì e le bugie e quando ti devi svegliare,
le tastiere inglesi senza lettere accentate, chi non ti risponde ai messaggi,
la convergenza del metodo delle tangenti, evviva i pullman di Lucca e i loro autisti e i loro ritardi,
evviva la kappa, evviva gli ombrelli rotti,
e la pioggia sugli ombrelli rotti, i calli sotto i piedi, il sangue sul dorso delle mani,
il gelo che ti fa stringere le dita, e quando ti dimentichi a casa i cracker,
evviva chi crede di essere originale, evviva che bisogna per forza divertirsi e per forza stare bene
e per forza fare e fare e fare, evviva i sogni distrutti, e i trucioli della gomma nelle unghie, e
chi ti chiede come stai e l’insalata rossa che non so mai come si chiama, evviva gli occhiali
e la barba che cresce di mercoledì, evviva la paura e la cecità
e il grafico della sinusoide, e i telegiornali, e chi ha un unico pensiero in testa, e il pensiero
in testa stesso, evviva le penne che sbaffano, e crescere, e i computer dell’aula I,
e i numeri dispari, e la mia città e il mondo,
ed evviva tutte queste cose, ed evviva voi, perché mi fate ridere.

Citazioni cercasi

Sono le dieci e venti e non ho tempo di fare nulla se voglio andare a dormire ad un’ora decente. E sarebbe il caso di farlo. Ieri sera, dopo secoli e secoli, mi sono infilato nel letto prima di mezzanotte (okay, diciannove minuti prima della mezzanotte, ma comunque prima!) ed in effetti stamattina ho notato che ero più sveglio. Strano (ironia mode ON). Comunque, tutto questo papiello iniziale serve per dire che non ho abbastanza tempo per fare niente di interessante, come guardare un film, o finire di mettere a posto l’armadio, o studiare. Ah, no, avrei tempo per studiare, ma è la voglia che scarseggia. Beh, ad ogni modo, il tempo che mi rimane è sufficiente per scrivere qualche cazzatina qui. E ne approfitto per chiedere aiuto.

L’armadio. Ecco, vi spiego: l’armadio di camera mia aveva sei ante bianche. Orribile. Sembrava di stare in una stanza di ospedale, tutto bianco. Ecco perché tempo fa ho deciso di ricoprire un’anta con vignette di fumetti disney. E senza presunzione posso affermare di aver compiuto un lavoro fantastico, anche grazie a mia sorella e ai miei cuginetti che mi hanno aiutato e tenuto compagnia.

Una settimana fa, PURTROPPO, mi è venuta in mente una nuova idea. Ricoprire un’anta di citazioni di film, libri, canzoni, autori, testi, dialoghi… Ho dunque iniziato a cercare queste citazioni. Le ho stampate e ho iniziato ad attaccare. Il problemuccio è che ho finito il materiale quando avevo appena superato metà anta. Ho tutta una metà da completare!

E qui entrate in gioco voi, miei pochi ma buoni lettori.
Sicuramente ci sarà qualche film che ho dimenticato, qualche canzone che ho scordato, qualche autore che non ho considerato, qualche libro che non ho… E che palle, avete capito!
Vi chiedo di darmi tutto quello che vi viene in mente, e possibilmente scrivete anche la fonte. Voglio inserire solo frasi che mi colpiscono o che rappresentano qualcosa per me, altrimenti non ha senso. Ma al contempo devo finirlo, perché così incompiuto è un troiaio.

Help me!

Grazie 🙂

Olidei

Inizio questo post per due motivi: il primo è che devo farlo per essere in pace con la mia coscienza. Avevo detto che avrei scritto sulle vacanze e… sì, scriverò sulle vacanze. Il secondo, ovviamente, naturalmente, altro-avverbio-che-non-mi-viene-ma-che-finisce-con-mente, è che oggi dovrei iniziare a studiare per l’esame di Fisica che ho agli inizi di Settembre, ma non ho voglia. Che poi tutto mi è contro: so che a casa non mi riesce studiare, mi gingillo troppo. E allora prendo e vado in biblioteca. Ta-daaaan! Chiusa. Dal 17 (oggi) al 24. Bon, proviamo all’Agorà (che sarebbe un’altra biblioteca). E… chiusa, sbarrata, fino al 21. Torno a casa, e come previsto inizio a distrarmi con messenger e musica. E ora che stavo per mettermi a pensare se fosse il caso di aprire il libro… ho concluso che invece sarebbe stato meglio scrivere sul blog. E infatti eccomi qua.

Dunque, Olidei. Vacanze. L’idea originale di questo post prevedeva una bella foto di gruppo finale, ma adesso dovrei stare a cercarle e non ho voglia. Per cui opto per i soliti appuntini sparsi di tutta la vacanza, senza un ordine preciso. Siccome ho cuore (e che cuore…) avrò la premura di scrivere a quale città mi riferisco.

Tri, ciù, uan… Go!


1 – Berlino – Se soffrite di vertigini…
…datevi al mare. Che non vi salti in mente di andare nella capitale tedesca se, come il sottoscritto, avete paura delle altezze. Specie se avete due amici con l’ossessione compulsiva di salire le scale. Appena vedevano un qualcosa di… “montabile” lo indicavano saltellando eccitati come marmocchi al circo. Ci si vaaa, ci si vaaaaa? Con quelle faccine lì non puoi rifiutarti. E allora via a pagare il biglietto. E per la torre della Vittoria, e per il palazzo di Renzo Piano, e per il Duomo, e per il Parlamento, e per questo, e per quello. Ogni vago sentore di verticalità doveva essere percorso. Quindi tutto. Perché a Berlino tutto è sviluppato in altezza. Hanno torri, obelischi, palazzoni. Ora, capisco che non vi stiano più simpatici i Muri, quei fantastici muri orizzontalissimi, ma andateci piano con le scale! (e anche con gli ascensori, dannazione! non crediate di essere tanto ganzi a fare 100 metri in 6 secondi…) Uff. Io ho paura!

2 – Monaco – Droga e affini (1)
Avevamo appena superato un qualche confine, mi pare quello tedesco. Ci fermiamo a una stazione di servizio perché la macchina degli altri aveva bisogno di carburante. Vi dico già adesso, poi capirete il motivo, che probabilmente per arrivare alla suddetta stazione la placida guida di Nicola effettua una manovra strana e – ipotizzo, sia chiaro – poco lecita. Fatto sta che mentre aspettiamo gli altri, due tizi in macchina ci fanno cenno di accostare. “Ora che vorranno questi?! Ma che hanno? Eppure sono scemi…” Mh. Scende il tizio che stava sul sedile del passeggero, e in mano ha una pericolosissima paletta da vigile. L’altro parcheggia, raggiunge l’altro e ci mostra il distintivo. Perfetto, polizia! Ora che ci ripenso, devo dire che la scena ricordava molto quei telefilm americani in cui si mostra il distintivo. In Italia non lo fanno. Siamo poco stilosi qua. Comunque, il tizio che era al volante (parlerà sempre lui, l’altro si limiterà al ruolo di agente-statuina) ci sbrodola qualcosa in tedesco, dopodiché, davanti alle nostre facce attonite, aggiunge: “Speak English?”. Nicola risponde prontamente: “Sì, lui!” e indica me. Io perdo un istante a meditare se è il caso o no di soffocare Nicola con un pacchetto di fazzoletti davanti alla polizia tedesca, poi eseguo gli ordini degli agenti, consegnando loro la carta d’identità. Il poliziotto poi ci chiede se abbiamo marjuana (o come si scrive) con noi. Ehm… no. Poi ci chiede se abbiamo dell’hashish (o come si scrive) con noi. No, non ce l’abbiamo. Ciliegina sulla torta, ci chiede se abbiamo dei kalashnikov (o come si scrive) con noi. Qui non siamo riusciti a trattenere le risa. Nemmeno il poliziotto è riuscito. Bastava guardarci in faccia. Ma l’intuito delle forze dell’ordine dov’è finito?!

3 – Berlino – Droga e affini (2)
Premessa: Luca non era a conoscenza di “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”, libro che mi ha insegnato molte cose sul mondo della droga e che consiglio a tutti, non solo a chi si vuole fare di ero (nel caso ci fosse qualcuno interessato, comunque, qui dentro troverà tutte le istruzioni per calarsi una dose). In breve, questi “ragazzi dello Zoo di Berlino” erano dei tossicodipendenti che si trovavano, tra le altre cose, anche allo Zoo di Berlino.
Quindi, una delle tappe più importanti del nostro soggiorno a Berlino fu appunto lo Zoologiscen Garten (o come cacchio si scrive). La parte divertente di questa tappa fu un dialogo tra Luca e uno sconosciuto, dialogo che vi riporto per come lo ricordo, anche se presumo che le parole non furono esattamente queste, e Luca avrà l’onore di correggermi.
Luca: (a noi) Bla bla bla…
Sconosciuto: Ehi, marjuana?
Luca: Uh?! No, no, grazie!
Passati dieci minuti, Luca mi guarda con la tipica espressione di chi ha le rotelline del cervello in azione, e mi fa: “Sai, forse è vero quel che si dice sullo zoo di Berlino allora!”
Io rispondo dicendo che avrei messo questa conversazione sul blog. Ed eccola.

4 – Monaco/Praga – Carillon
Sia quello in Marien Platz a Monaco che l’orologio astronomico di Praga: delusioni totali. Che non vi venga in mente di aspettare mezzogiorno apposta per vederli suonare.

5 – Salisburgo – Nove cuori e tre “capanne”
Prima di partire, adoravamo scherzare sull’alloggio che ci avrebbe aspettato a Salisburgo. Non un hotel, non un residence, non una pensione. Bensì un camping, che noi chiamavamo simpaticamente “tendopoli”. Ahahahaha dormiamo in una tendopoli! Ahahahaha si va in una tendopoli! Ahahahaha a Salisburgo siamo in una tendopoli! Bene. “Ahahahaha” un emerito tubo! Era VERAMENTE una tendopoli, altro che “Ahahahah”! Quando siamo arrivati m’è salito direttamente dalle viscere il tiepido desiderio di impiccarmi. Poi però ho pensato che sarebbe stato per una sola notte, e magari avrebbe anche potuto essere divertente (così è stato, infatti!). E insomma ce la siamo cavata. Ma non mi scorderò mai la gelida sensazione di morte che mi ha provocato la semplice visuale di un luogo completamente privo di comfort.

6 – Berlino – Incrociando per strada un gruppo di giovani straniere
Straniera nel mezzo: “Halo! What do you fiunt glu jamb your fents celling your bredgth?” (In realtà hanno sbrodolato qualcosa in inglese e ho inventato delle parole a caso)
Vezio: “…” (Aveva capito la domanda e stava macchinando una probabile risposta)
Luca: “…what?! I don’t under”
Io: “Ciaooooo!” (E così ho consacrato la prima figura del menga a Berlino)

7 – Praga – Ladri cechi poco ciechi
Biribip biribip. Il cellulare multifunzionale del De Santi (conosciuto anche come Pelato) suona. E’ un messaggio. Sono il Puccetti e il Bistru che lo avvertono che hanno rubato la sua valigia dalla camera dell’albergo. Seeee, sarà uno scherzo! E’ tutta la settimana che ti prendono per il culo, vuoi che sia vero? Beh. Era vero. Tornati all’albergo, scopriamo che la borsa del Desa non si trovava più in camera. Dentro c’erano tutti i suoi vestiti, il pc portatile del Bistru e un qualcos’altro di indefinito del Puccetti (credo 50 euro e un paio di occhiali, ma non ricordo).
Quello che scriverò adesso va preso con le pinzette con cui solitamente vi strappate i peli del naso (sempre che abbiate l’usanza di strapparvi i peli del naso con le pinzette. Nel caso ditemelo che quando verrò a casa vostra starò alla larga da ogni pinzetta). Per riassumervi, vi dico che quella mattina il Puccio e il Bistru avevano lasciato la camera con all’interno la donna delle pulizie che stava lavorando (che quindi aveva il dovere di chiudere la porta una volta finito il lavoro) e il pomeriggio, quando i ragazzi sono tornati, hanno trovato la porta chiusa ma non a chiave (“closed, but not locked”). Altro fatto curioso è che le ambasciate ricevono solo su appuntamento (Bistru: “Ma che cavolata è!? Uno come fa a sapere se gli rubano la roba?! Che faccio, chiamo la mattina e dico Oh prendo un appuntamento non si sa mai mi rubino qualcosa, casomai disdico!?”), e altro fatto ancora più curioso è che nell’albergo non parlavano il ceco (Mirko: “Ma siamo in Repubblica Ceca! Come possono non parlare il ceco?!”). Ma da ogni esperienza deriva un insegnamento. E l’insegnamento che deriva da questa esperienza è che se si subisce un furto in albergo, la prima cosa da fare è scassinare la porta della camera. Perché si sa: gli alberghi sono assicurati solo contro i furti con scasso.


[ Tu bi continued. Forse ]

Appunti sparsi

Okay. Vi sono mancato? Su, ditemi di sì.
Okay, okay: no. Non c’è bisogno di fare quelle facce imbarazzate, non occorre distogliere lo sguardo o cambiare argomento (e soprattutto, le proprietà mediche dell’eucalipto non sono abbastanza interessanti da attrarre la mia attenzione!). Non occorre, lo capisco anche da solo che non vi sono mancato, ecco!

A me siete mancati invece!
Però tra una cosa e quell’altra non mi è mai venuta l’ispirazione. In realtà nemmeno adesso mi sento molto motivato, però ho paura che blogspot mi esili se non metto qualcosa ogni tanto. E invece della solita canzone barra citazione barra fotografia, stavolta scrivo qualcosa di mio. Come dice il mio maestro, “Ricordati che sei uno scrittore. E ricordati che gli scrittori, ogni tanto, scrivono”. Per cui, eccomi qua. Forse potrebbe essere carino farvi un sunto. Le cose meno importanti, quelle più divertenti. In ordine sparso, da leggere così, quando si vuole, perché una tira l’altra (come le ciliegie. O gli esercizi di logica).

1.
Ieri ho avuto l’ultimo esame dell’estate. Non considero Fisica che lo lascio a settembre, e mi torna comodo considerare settembre come mese autunnale, almeno posso dire che per l’estate ho finito con gli esami, anche se tecnicamente il 9 settembre è ancora estate. Ma magari esiste qualche cultura subsaharianpolaraustroungaricaboreale che esclude il 9 settembre dai mesi estivi. Vabbè, quante cretinate che scrivo. Dicevamo: ieri, ultimo esame. E che esame! Do-di-ci crediti, una palla mostruosa, sicuramente il più difficile di tutto il primo anno. Mi è costato una quantità spropositata di brufoli e occhiaie. La mattina mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo. Forse perché ero talmente suonato che invece di specchiarmi osservavo un quadro credendo che mi riflettesse. Ecco perché non mi riconoscevo! Beh, comunque: arrivo a Pisa, solito colorito cenceo pre-esame, solita aria “mi-sono-appena-fatto-una-dose” e solita consapevolezza di bocciare. Per forza: stavolta non avevo studiato molto. Per un motivo o per un altro durante l’ultima settimana di studio non ero riuscito a concentrarmi molto, sicché delle cinquanta dimostrazioni da sapere sono riuscito a impararne una ventina. Poi l’esame è andato bene, dato che ho avuto una fortuna mostruosa. Non mi dilungo in dettagli (in questo momento potete immaginarmi con un’aureola che mi volteggia sulla testa e una faccia angelicamente angelica).

2.
Canzoni che mi hanno fatto compagnia in questo periodo. Dunque, dunque. Innanzitutto, la superficialità estrema. Ho chiesto a qualche amico e amica di mandarmi le canzoni più stupide che conosce. Devo dire che il primo posto se lo dividono Caramelldansen e Geri Halliwell, che sono diventati la mia musica idiota preferita. Poi una a caso mi ha fatto ascoltare Charlie fa surf (quanta roba si faaaaa emmediemmeaaaaa sfiguratelo in voltoooo con la mazza da golf) ed è stato amore. No, proprio amore amore no, via. Poi, poi, poi: mia sorella ha comprato il nuovo album dei greeeeeeeeen day, che è simpatico. E ora me lo sto ascoltando. E’ il solito punkino leggerino però è divertente. Poi due chicche: Roy Orbison (che mia sorella chiama Orvoloson, in onore di Voldemort) e Cesare Cremonini. Mi vergogno mucho di queste due new entry, ma quel che va detto va detto. E nelle classifiche di Giugno – ebbene sì – ci sono anche loro. Poi vediamo… Sto sicuramente dimenticando qualcosa. Dire Straits? Sì, sì, anche loro. Ma non con molta convinzione, devo dire. Mi ci devo impegnare di più. Anastacia? L’ho anche sentita dal vivo al Summer Festival (o meglio: dal bar vicino all’Astra, non ho pagato il biglietto :P). A proposito! Stasera c’è il concerto gratuito di Avitabile con Karima al Summer Festival. Ecco, andate lì per favore, invece di venire tutti a vedere Harry Potter!

3.
Ho da poco rivalutato Facebook. E’ UTILISSIMO! Si scoprono un sacco di cose interessanti. Fonte inesorabile di conoscenza, e si sa che la conoscenza è tutta linfa che può facilmente assumere la forma delle illusioni, e si sa che le illusioni sono molto più nutrienti della realtà, e… No, basta. Discorsi assurdi. Però ho scoperto nuovi giochini: innanzitutto quello che devi scrivere le lettere che ti cascano giù (sono un fenomeno!), poi quello che devi spostare le palline e fare i tris con i colori (è una droga, non provatelo mai), poi i test odiosi, che ti dicono come baci da uno a dieci, qual è la tua posizione preferita, sai far impazzire chi ti ama, con che lettera inizia il nome della persona che ami, chi ami, che ami, ma ami? Poi quelli che ti fanno scegliere se preferisci l’estathé al limone o alla pesca (al limone), Berlusconi o un water (il water), Lost o Will&Grace (Will&Grace!), la 500 o la Mini (la 500, mi sembra ovvio…).

Vi saluto, perché oggi ho mangiato la pasta a pranzo e non l’ho ancora scritto su Facebook. Alla prossima!

Annuntio Vobis Gaudium Magnum: HABEMUS UBUNTU

Le macchine ce l’hanno con me. Si stanno ribellando. Stavo pensando che forse avrei dovuto prenderlo come un segno del destino, ma non credo al destino, per cui logicamente non posso nemmeno credere che il destino mi possa mandare dei segni. Dopo questa perla di stoltezza passo a raccontarvi dei recenti avvenimenti.

Dopo mesi e mesi di tentennamenti, giovedì pomeriggio mi decido ad installare Ubuntu [Breve parentesi: Ubuntu è un sistema operativo, tipo Windows]. Metto il disco, e non funziona. Riavvio il computer, e non funziona. Aggeggio nel BIOS, e non funziona. Perdo tutta – forse non avete letto bene, lo ripeto: TUTTA – la giornata a cercare di installare ‘sto cacchio di Ubuntu e non mi riesce.

E stanotte torno a casa, e trovo sul tavolo un messaggio di mio papà “Ubuntu funziona, il nome utente è ale e la password è quella che avevi detto te“. Mi vengono quasi le lacrime, che si trasformano in un pianto copioso quando accendo il computer e vedo che effettivamente mi chiede se voglio avviare Windows oppure Ubuntu.

Adesso è doveroso ringraziare tutti, quindi:
– Grazie ad Annalisa e Nicola che mi hanno fornito il disco di installazione. Poi alla fine ne ho dovuto utilizzare un altro che ho masterizzato da me, ma grazie lo stesso
– Grazie a Simona per avermi fatto parlare con Enzo
– Grazie, quindi, ad Enzo, che molto gentilmente ha cercato di spiegare ad uno sconosciuto completamente ignorante in materia che cosa fosse una macchina virtuale
– Grazie a Laura per aver preso gli appunti di Fisica mentre io cercavo mi deprimevo sul programmino di Algoritmica
– Grazie a Vezio per aver tentato di consolarmi: “Eh, i computer fanno così, tu segui tutte le istruzioni e non funzionano per qualche strano motivo”
– Grazie a Filippo, che ormai è il mio tecnico di fiducia, anche se stavolta non ha potuto fare niente contro la forza di ribellione delle macchine nei miei confronti
– Grazie a Giuli, per… boh, così!
– Grazie a Valentina, per avermi caldamente consigliato di cambiare computer. E’ sempre una soluzione…
– E infine, Grazie al Santo Padre, che non è il Papa, ma è il papà – mio papà – perché in casa lo chiamiamo per scherzo il Mago del Web, ma delle volte qualcosa ci capisce davvero (e poi ha avuto culo).

Ed ora c’è la seconda mission: impostare la rete internet!
Ragazziiiiii, mi date una mano?

Biglietto

Entro in casa, poso le chiavi della macchina, butto un’occhiata sul tavolo della cucina. Uh, un biglietto! Mi piacciono i biglietti. Mi sfilo la cartella di dosso lasciandola penzolare da una mano. Penzolare è un modo carino per dire che la lascio cadere per terra (era pienissima!). Finalmente prendo il biglietto in mano e inizio a leggere:

Per Elisa ed Alessandro:


Ecco. Già il fatto che abbia scritto per primo il nome di mia sorella non mi piace. Alessandro viene prima di Elisa, per ordine alfabetico, per età, e soprattutto per importanza! Non me la prendo più di tanto. Forse mamma ha messo per prima Elisa perché i rimproveri che farà nel biglietto sono prevalentemente per lei. Continuo a leggere.

So che non è necessario senz’altro, ma vi ricordo per sicurezza alcune cose:


Oh no, che palle. E’ sempre così prima che partano. L’occhio mi cade già sui grossissimi numeri dell’elenco che segue. Il corsivo di mia madre è enorme, e si riflette persino sulle cifre piene di ghirigori.

1) Quando accendete il gas poi siate sicuri di spengerlo bene.


Okay, mamma ci ha presi per emeriti imbecilli. Speriamo che quello che segue abbia una rilevanza più consistente…

2) Per lo meno 1 volta passate l’aspirapolvere (forse vi conviene quando ritorniamo!)


Faccio finta di non vedere quell’orripilante “1”, scritto in cifre anziché in lettere, una cosa che detesto da morire, e mi concentro sul significato. Oddio, ha anche voluto fare dell’ironia.

3) Vi lasciamo 50 euro se vi manca qualcosa e le tessere Esselunga e Coop (codice Esselunga 7***)


Qui non ha fatto errori carattere-simbolici, ma si è scordata una virgola che incasina tutta la struttura sintattica. Così sono costretto a rileggere il terzo punto un’altra volta. Ci ha lasciato le tessere Esselunga e Coop. Tutte e due. All’Esselunga non ci metto piede da due anni, mentre la Coop la uso come passaggio segreto per evitare il semaforo della Sarzanese. Mh, sarò sempre lì, sì.

4) Per Elisa: se devi andare in piscina prendi una borsa là in garage (lo zaino l’ho preso io)

5) Vi ho fatto un pacchetto di fragole: le altre fatele da voi. Lavatele [cancellatura, sotto si legge la parola “bene”] bene però e fatele altrimenti vanno a male.



Buone le fragole! Che mamma adorabile che ho! Mi dirigo verso il frigorifero, intenzionato ad aprirlo.

6) Papà ha comprato una colomba al cioccolato, se vi va potete mangiarla.


Dietro front, verso la dispensa. La apro, e un sacco di robina luccica davanti ai miei occhi. O forse sono i miei occhi a luccicare nel vedere tutta quella robina buona. Che significa “se vi va” !? Entro domenica la colomba è nel mio stomaco!

7) C’è della mozzarella, affettati, ecc. e un pezzo di prosciutto: se lo affettate da voi state attenti, altrimenti chiamate nonna.


D’accordo mamma, ci consideri dei poveri incapaci. Basta saperlo…

8) Per Ale: la moka è pronta. Basta metterla sul fuoco.


Mi giro verso l’angolo cottura, e vedo la moka. Ha l’aria piena, e sembra che dica c’ho dentro il latte. Che mamma deliziosa che ho!


9) Per Elisa:


Evvai questo è per Elisa e basta. Lo leggo lo stesso, per sicurezza.


9) Per Elisa: quando vai via dillo ai nonni (vale anche per Ale)


Acc, mi ha aggiunto dopo.


Credo di non aver dimenticato nulla.
Bacioni,
Mums.
Messaggiatemi!


E voi divertitevi. Meno male si è scordata della lavastoviglie.