Blue monday

…che in italiano non si traduce con il letterale “Lunedì blu”, poiché è il nero che il modo di dire associa ad una giornata andata male. Oggi, secondo lo psicologo inglese Cliff Arnall, è il giorno più infelice dell’anno. Il terzo lunedì di Gennaio è il blue monday. A causa di tanti fattori: vacanze finite, estate lontana, tendenziale brutto tempo, buoni propositi per il nuovo anno già infranti e speranze già deluse.

Ora, con molta calma e una buona dose di raziocinio, cercherò di analizzare la mia giornata.

Domani ho un esame. Che molto probabilmente boccerò, poiché non ho avuto né il tempo né le forze per prepararmi adeguatamente (questo a voi non frega niente, ma a me serve per auto-convincermi e rasserenarmi che ho fatto tutto il possibile. Sì, esatto, bravi: me la racconto). Questa consapevolezza mi ha fatto rimanere più o meno tranquillo per tutto il giorno, e non mi sono nemmeno agitato troppo quando ho constatato che in otto ore di studio ero riuscito a fare solo due esercizi.

A pranzo ho mangiato un trancio di pizza e una focaccina. Ma ero insieme a due persone a cui voglio un bene immenso, per cui non è stato pesante. E poi… la schiacciatina con cecina-rucola-pomodori… è potente! 

La macchinetta del caffè non distribuiva più le palettine, né lo zucchero, con mio estremo disappunto. Ciò non è stato proprio proprio positivissimo in effetti. Anzi, quel caffè mi è andato giù con difficoltà, poiché sono abituato a prenderlo molto dolce (cinque pallini illuminati della macchinetta, per intenderci). Ma ciò ha contribuito a rendermi più vigile e concentrato nelle ore di studio successivo! Non tutto il male viene per nuocere, e nemmeno tutto il caffè amaro (bastardastronzainfame di una macchinetta, tra parentesi).

Ho notato di aver sviluppato una tendenza irritante a dire “poiché”. Questo a causa di tutti i teoremi di calcolo numerico che ho dovuto dimostrare, e di tutti i passaggi da giustificare. “Poiché” e “perciò” sono due parole che non sopporto, troppo formali. E adesso le metto in ogni frase, insieme a “tuttavia” e “okay” e “carino”. Ma, a pensarci bene, le parole non devono starmi antipatiche: è bene che mi abitui.

Sono tornato a casa per lenteacontattarmi. Che non significa che dovevo telefonarmi componendo il numero molto adagio. Ma credo che non ci fosse bisogno di spiegarvelo, ora che ci ragiono. Beh, comunque sono rimasto in casa sì e no venti minuti, per controllare la posta e bere un bicchier d’acqua. Mi sono portato un pezzo di pane in macchina da mangiare mentre ero in coda ai semafori (casualmente, trovo sempre un sacco di semafori rossi quando sono in ritardo, ed ero in ritardo di… troppo tempo). Beh, qui non c’è molto da dire… Ma il pane era fresco, dai.

Arrivo alla sede di Spett’attori, che sarebbe un corso di playback theatre a cui partecipo. Lo scrivo in inglese perché fa molto più figo, e così ho modo di tirarmela un po’ (e soprattutto perché non credo che esista un termine equivalente in italiano), ma in realtà è un semplice corso di teatro sociale, che consiste in tecniche sperimentali non difficili da spiegare. E’ stata una delle lezioni più emozionanti di tutto il corso. Non sto a entrare nei dettagli, ma quando sono uscito mi sentivo proprio… bene.

E ora sono qui, a scrivere cretinate sul mio blogghino. Dopo aver mangiato ed aver ascoltato un po’ di musica, ovviamente. E penso che, tutto sommato, paradossalmente, in conclusione (e tutta una serie di altre locuzioni come queste), il mio monday non è stato proprio proprio così blue.

3 commenti
  1. Zeppo
    Zeppo dice:

    Il mio animo da traduttore incallito ti suggerisce un "grigio" piuttosto che "nero", ma sono dettagli…per me è stato il martedì ad essere di qualche colore, mica il lunedì. Ma vabbè, sono dettagli!

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