Gli ombrelli cinesi

L’inferno sono gli altri.
– Sartre
You can stand under my umbrella.
– Rihanna
Siccome mi piace cambiare, compro sempre gli ombrelli nei negozi dei cinesi. 
Mi sono ritrovato in una strada di Torino senza essere in possesso di un ombrello. Si è messo a piovere, perché presto o tardi succede, che piove, e a Torino tende a succedere prima. Sapete, qua piove molto, e all’inizio non ci ero abituato. Non che nelle altre città non esista il maltempo, ma a Torino la pioggia fa parte dell’immaginario collettivo, un po’ come le gondole a Venezia, le piadine a Rimini, i fashion blogger a Milano
Di solito capita che dopo le prime settanta gocce di pioggia accorrano in nostro soccorso svariate decine di venditori dotati una straordinaria quantità di ombrelli. In quell’occasione non è successo, cosicché sono entrato in un negozio di cinesi. Quando parlo di “negozio di cinesi” non intendo un posto dove vengono venduti cinesi, sebbene gli esseri umani siano l’unica cosa a non essere commerciata in questo tipo di negozi: qui puoi trovare qualsiasi cosa, dalle scarpe tarocche alle paperelle da bagno. Lo scatolone fabbricone dell’Albero Azzurro altro non è che una versione portatile di un negozio di cinesi. Dodò cucina i gatti nella wok. 
Così sono entrato e ho chiesto un ombrello. La tizia alla cassa, che è magra e coi capelli neri e probabilmente è la stessa in tutti i negozi di cinesi d’Italia, mi ha indicato una scatola piena zeppa di ombrelli di vari colori. Ne ho comprato uno bianco, intanto perché quello leopardato non credevo s’intonasse con la mia giacca, e poi perché spinto da una solidarietà multietnica volevo evitare alla signorina l’imbarazzo di dover pronunciare un colore con la erre (“pel questo omblello velde lamallo elettlico sono tle eulo e tlenta, glazie”). 
Ma con l’ombrello bianco non ha funzionato. Quella sera sono uscito con un ragazzo, e per per non sembrare Glinda la Strega buona del Sud, mi sono fatto un pezzo di strada sotto la pioggia. Meno male che a Torino ci sono i portici, e che gli ombrelli cinesi sono praticamente usa e getta.
Ben presto, infatti, sono finito in un negozio di cinesi a comprarne un altro. Stavolta me ne sono fregato altamente degli inevitabili difetti di pronuncia della tizia magra e dai capelli neri che costituiva la prova vivente che la scienza orientale è già arrivata alla clonazione umana, e ne ho comprato uno rosso. “Sì, vorrei questo ombRello Rosso non pRopRio poRpoRa ma più scaRlatto, gRazie.” Quando voglio so essere davvero uno stronzo, anche se poi i sensi di colpa sono così forti che mi chiudo in casa per una settimana a scrivere post dalla dubbia moralina filosofica. 
Ma nemmeno col rosso è andata bene, perché poco dopo aver dispiegato le sottili ed estremamente fragili stecche dell’ombrello mi sono accorto che quel colore in mano ai cinesi è terribilmente acceso. Non per niente lo mettono anche sulla loro bandiera. Mentre giravo per le strade grigie di Torino, ero una patacca rossa in un film in bianco e nero. Sembravo la bimba di Shindler’s list, e tutti noi sappiamo la fine che fa.
Ma tanto l’ombrello si è rotto dopo pochi giorni, e rieccomi dentro un terzo negozio di cinesi dove trovo la tizia magra e dai capelli neri che forse non sarà l’equivalente umano della pecora Dolly ma allora è di sicuro il prodotto di un immenso parto plurigemellare. Stavolta scelgo un ombrello nero. Raffinato, elegante. Il nero sta bene su tutto, e oltretutto sfina. L’ombrello nero si amalgama nell’aria uggiosa, non c’è contrasto né stonatura, una perfetta soluzione per passare inosservati e in qualche modo perseguire la normalità.
Oggi ho incontrato una sconosciuta che aveva un ombrello giallo. Ho pensato che non era poi così male. 
E ho notato anche che: nessuno fa caso agli ombrelli degli altri, mai.

4 commenti
  1. Julius Malaussène
    Julius Malaussène dice:

    Hai mai provato quegli ombrelli a forma di animale, con le orecchie che sbucano e la coda penzoloni? Magari smetti di comprare dai cinesi, se durano meno di tre giorni. Vai in giro con una foglia di palma piuttosto. Comunque infelmiela Joey everywhere!

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  2. Patalice
    Patalice dice:

    il problema con l'ombrello è che a me lo fregano perennemente…oppure lo dimentico, ma più spesso mi piace pensare ad un viaggio lontano, da ombrelli che se ne vanno a vedere il mondo, che se anche sono made in cina, di oriente ne sanno proprio poco

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  3. Mareva
    Mareva dice:

    Ma quali hai preso? Quelli piccini da borsa? Perché quelli, secondo me, sono fatti di pasta fillo e fritti con gli involtini primavera. Invece quelli "normali" sono ben più resistenti. Io ne ho due. Non li uso eh ma ancora non si sono rotti!

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  4. Barbara Strange
    Barbara Strange dice:

    io e il mio ombrellino pieghevole dei cinesi, Rosa pensiamo che l'ombrello nero a fa proprio triste, specialmente nell'aria uggiosa torinese.Che poi a Torino non è neanche pioggia vera ma pioggerella persistente, cretina e fastidiosa.

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