• Incazzati, effeminati, emarginati: i Moti di Stonewall sono cominciati così

17 MAGGIO 2018
Cose che penso

Da quando ho deciso che avrei combattuto la battaglia contro l’omofobia, ho automaticamente avuto a che fare con frasi idiote. A volte le ho sentite pronunciare da eterosessuali che, non avendo mai conosciuto una persona gay, si sono fermate al primo giudizio che gli è venuto in mente o che hanno sentito dire in uno spogliatoio. Altre volte, a dimostrazione che l’idiozia è trasversale a ogni orientamento, queste frasi poco felici sono state dette da appartenenti alla comunità LGBTQ+ che probabilmente, tutto sommato, stanno bene così. Infine, poiché mettersi sempre in discussione senza pretendere di detenere la verità è la prima regola per intavolare un dialogo aperto e costruttivo, a volte qualche frase idiota potrei averla detta o pensata anche io.

Non incazzarti per queste cose.

Mi ricordo, per esempio, di quando un mio collega dell’università mi contattò in privato per dirmi di non prendermela troppo per la questione dei diritti. Era successo che il suo migliore amico aveva fatto delle osservazioni su Facebook tendenti all’omofobico, e siccome io sono un dito in culo avevo replicato spiegando il mio punto di vista. Il mio collega mi scrisse che non avrei dovuto incazzarmi per queste cose, altrimenti avrò il sangue marcio tutta la vita.

Eccola, forte e chiara, la prima gloriosa idiozia. La verità è che non puoi dosare il tuo bisogno di fare attivismo. Puoi limarlo, magari; puoi prendere un bel respiro prima di rispondere; puoi decidere di rimandarlo momentaneamente in attesa di esserti calmato; ma non puoi evitare di combattere la battaglia.

E soprattutto: è con le persone incazzate, ma incazzate nere, che sono cominciati i Moti di Stonewall. Sarebbero gli scontri che segnano l’inizio del movimento di liberazione omosessuale, nel giugno del 1969, dopo i quali è iniziata a formarsi una coscienza LGBT collettiva, che ha portato ai diritti che abbiamo oggi. Prima del giugno 1969 i gay e le lesbiche esistevano già (no, non siamo un’invenzione di Madonna), ma non potevano fare niente: sposarsi, baciarsi, uscire in pubblico, dichiararsi, insegnare, entrare nell’esercito, etc.

Le persone omosessuali e transessuali che hanno dato inizio ai Moti di Stonewall, quindi, erano molto più che incazzate. Erano al limite della sopportazione. E se oggi abbiamo qualche diritto, e possiamo permetterci di restare calmi quando qualcuno dice qualcosa di omofobico, è grazie a della gente che cinquanta anni fa era incazzata nera.

Va bene i gay, ma non le checche.

Diversi anni fa ho conosciuto un tizio che aveva subito diversi traumi nel corso della sua vita. Aveva un maneggio, ma poi era caduto da cavallo e non si era più potuto avvicinare a un equino. In ogni caso, quella sera mi disse che ero un ragazzo molto carino (che gentile, grazie!) ma che secondo lui dovevo cercare di tenere a bada le espressioni del viso perché altrimenti le persone avrebbero capito che ero gay. Ora, ve lo garantisco: non c’è bisogno di essere caduti da cavallo per dire una stronzata del genere. “No fem, no fat, no asian” è un ritornello che potete trovare non solo nei discorsi dei casi umani che incontro io, ma anche nelle chat gay. Altre varianti: “Maschile per maschile”, “Riservato e fuori dai giri”, “Insospettabile”. Ma insospettabile cosa? sei frocio, non un assassino.

Ora, un conto sono i gusti personali. Ma la situazione diventa problematica quando si pensa – ed è un atteggiamento comune anche all’interno della comunità LGBT – che per cercare di ottenere qualcosa bisogna per forza uniformarsi al comportamento che viene ritenuto normale (in gergo tecnico, diventare eteronormativi).

Ho trovato l’articolo di The Advocate che nel settembre 1969 racconta i Moti di Stonewall. A proposito degli omosessuali effeminati, vorrei riportarne uno stralcio.

Mentre si radunavano intorno ai superiori, qualche lattina di birra è partita dalla folla colpendo i furgoni e le volanti. A quel punto due poliziotti si sono lanciati improvvisamente tra i manifestanti, trascinando via un ragazzo che non aveva fatto nulla. Poco prima che lo caricassero sul cellulare lì vicino, altri quattro poliziotti si sono avvicinati e con i manganelli hanno colpito il ragazzo al volto, allo stomaco e all’inguine. Si è sentito un grido – “Salviamo nostra sorella!” – poi c’è stato un attimo di pausa, durante il quale i manifestanti dal look più macho hanno guardato altrove. Istantaneamente, circa cinquanta omosessuali ben più “spumeggianti” si sono avventati sui poliziotti, prelevando il ragazzo e riportandolo in mezzo alla folla. Poi hanno formato un fronte compatto, impedendo agli agenti di recuperare il prigioniero.

Notevole, no? Ad agire durante i Moti di Stonewall non sono stati squadroni di maschi alfa in giacca e cravatta dallo sguardo duro e impassibile, bensì quelle che già allora venivano chiamate “checche” o “zie”. Gli omosessuali effeminati sono stati decisivi per la formazione del fronte di liberazione che avrebbe portato ai diritti che abbiamo: dire, oggi, che l’effeminatezza danneggia la causa LGBT non solo è poco rispettoso, ma è anche inesatto.

Se non hai un’opinione informata, non dovresti parlare

Lo confesso: lo penso spesso, e mi ritrovo a pensarlo soprattutto quando mi confronto con alcune persone che hanno a cuore la causa quanto me, ma magari non hanno avuto modo di approfondirla. Io impiego gran parte del mio tempo libero per rimanere sul pezzo su tutto ciò che un attivista dovrebbe conoscere (guardo serie tv e film, leggo libri, post, editoriali, scrivo articoli sul blog, partecipo a incontri, manifestazioni, eventi, finanzio le associazioni, etc). Ma questo non significa che le altre persone abbiano la mia stessa voglia di farlo: nella migliore delle ipotesi, forse non possono.

Ho letto, in uno dei libri che ho menzionato sopra, proprio che il movimento LGBTQ+ è un movimento plurale. Ha dentro un sacco di idee, che spesso vanno in contraddizione tra loro. È complesso, soprattutto quando si tratta di comunicare una posizione univoca all’esterno: come fai a essere chiaro e a arrivare a più persone possibili quando le voci che hai dentro dicono cose diverse tra loro, a volta anche stereotipate, antiscientifiche e superficiali? Sempre in questo libro ho trovato scritto che non tutti possono essere aggiornati costantemente, e che fa parte del gioco.

La cultura gay viene spesso rappresentata in modi imprecisi dalle stesse persone che dovrebbero avere a cuore il suo racconto. Secondo il (pessimo) film Stonewall del 2015, per esempio, chi ha acceso i Moti di Stonewall è stato un ricco borghesuccio biondo dal volto slavato e caruccio. Nessun riferimento alle transessuali e ai travestiti che hanno rischiato la vita in quei giorni, perché probabilmente era un’immagine troppo forte da dare al pubblico etero al di là dello schermo.

Ma la verità è che i Moti di Stonewall sono stati lanciati da persone estremamente diverse tra loro, che forse non saprebbero spiegare in maniera “intellettuale” e diplomatica le proprie ragioni, ma che non per questo non devono essere chiamati attivisti. Proprio a causa della pluralità di voci che è caratteristica fondamentale del movimento LGBTQ+.

Quelli che hanno dato il via ai Moti di Stonewall erano gay, lesbiche, bisessuali, transgender, etero, poveri, tossicodipendenti, disperati, emarginati, effeminati, diversi, ignoranti, incazzati neri. Io, oggi, posso stare qui a scriverlo, per merito loro.

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17 maggio 2018, giornata mondiale contro l’omo-bi-trans-fobia

Roba affine
3 commenti
  1. Vanessa
    Vanessa dice:

    Conoscevo molto superficialmente i moti. Ma lo stralcio sulle “zie” l’ho trovato veramente interessante. Chissà se i machos sarebbero intervenuti al grido di “salviamo ns fratello” o se invece da bravi uomini duri sono duri solo di facciata.

    E che bella la storia del gruppo eterogeneo che diventa muro compatto di fronte ai manganelli.

    Invece sull’inizio al “ insospettabile cosa? sei frocio, non un assassino” quasi mi fai soffocare dalle risate.
    Baci
    V

    Rispondi

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