Il miglior sito LGBT (?)

Sono in nomination per il miglior sito LGBT e non vi nascondo che sono incazzato.

Okay, lo so che vi ho chiesto io di nominarmi, e infatti vi sono eternamente grato e se mi incontrate a giro fermatemi che vi ringrazio personalmente e magari vi offro anche da bere oppure se sono senza soldi come sicuramente sarà in quanto sono povero vi offro dei nuovi vocaboli di mia creazione, per esempio ieri ho inventato il verbo “infelicire” e l’ho regalato a un ragazzo che secondo me ha apprezzato più quello che un Cuba Libre. 
Comunque, dicevo: vi ho chiesto io di nominarmi per quella categoria semplicemente perché non appena ho visto che ai Macchianera Italian Awards 2014, cioè gli oscar del web, era presente la categoria Miglior sito LGBT ha iniziato a pulsarmi la vena e ancora adesso continua a pulsare. 
Forse non è rabbia, forse è un virus.
No, invece è rabbia. Cosa significa Miglior sito LGBT? (è una domanda retorica, non rispondete che ora parto con la filippica)
FILIPPICA
Cosa significa LGBT? Significa lesbo-gay-bi-trans, ossia è un termine che identifica genericamente la comunità omobitransessuale e tutti i diecimila altri sottoinsiemi. Quindi, cosa significa essere in nomination per il miglior sito LGBT? Significa che il sito parla di argomenti LGBT? Oppure significa che il suo autore appartiene alla comunità LGBT? Oppure ancora significa che il sito ha un pubblico LGBT? 
Forse tutte e tre le cose, ma io vi dico questo: la presenza di questa categoria ai MIA è una stronzata
Ragion per cui VOGLIO VINCERLA, naturalmente.
Io mi sono stufato di un mondo in cui sono necessari i locali gay, le riviste gay, i giornali gay, i siti gay, i festival di cinema gay, i programmi televisivi gay, i fumetti gay, la letteratura gay, le icone gay, il gelato gay, il presepe gay, il cibo gay, la musica gay, i politici gay. 
Una cosa sono la cultura e la tradizione queer, che è giusto preservare perché è divertente e fa parte della storia del mondo, un’altra è questo bisogno di farci vedere sempre come un ghetto distinto dagli altri. 
Attenzione: non voglio dire che sia totalmente colpa nostra, di noi omosessuali, cioè. In un mondo dove nel caso migliore ci vengono negati diritti importantissimi tra cui quelli di sposarci e di poter adottare figli, e nel caso peggiore veniamo discriminati sul lavoro, a scuola, in televisione, o picchiati o imprigionati, o perfino condannati a morte per via della nostra sessualità o identità di genere, in questo mondo, dico, è sacrosanto poterci ritagliare degli spazi dove essere liberi e dove poter gridare a gran voce il nostro orgoglio.
Tuttavia, addirittura la presenza di un premio apposito sul web, che dovrebbe essere il mezzo di libertà estrema, mi sembra eccessivo. Significa che in tutte le altre categorie dei MIA non sono presenti nomination a omosessuali? Ahhhh, che ingenui, ma da dove venite, dalla montagna delle bolle blu? Volete dire che non ci sono omosessuali nella categoria Miglior foodblogger? Errore. Volete dire che non ci sono omosessuali tra i blog di Genitori e figli? Errore. Non ci sono omosessuali tra i personaggi migliori della rete? Errore. 
Per fortuna di tutti quanti gli omosessuali sono dappertutto e, sempre per fortuna di tutti quanti: CHISSENEFREGA SE SONO GAY. 
Altrimenti dovremo dividere tutti questi premi in due gruppi, in base alla sessualità. Ma potremmo farlo anche per il colore della pelle, o dei capelli, o per il colore dello sfondo del sito. E il mio sito giallino non si discrimina, chiaro? Okay, sono stanco, inizia a essere difficile seguirmi, devo concludere prima che chiudiate la pagina con l’emicrania.
Ora, il mio blog ha sempre avuto una parte dedicata ad argomenti LGBT. Questo perché io sono gay, dichiarato e serenamente conscio di ciò, ed è una parte importante di me che non voglio e non posso nascondere. Però io sono anche molto altro, per esempio uno che fa stronzate, e infatti principalmente questo blog è un blog di stronzate. 
Vi linko qui qualche post in cui ho affrontato tematiche LGBT. 
Ora, in nomination con me ci sono dei colossi del web come Le cose cambiano, che stimo nonostante non mi caghino mai quando gli scrivo le mail, e persone/personaggi fantastici come The queen father, che amo alla follia anche se lo invidio perché va a Disneyland ogni tre settimane ma se non lo conoscete dovete rimediare per forza. Quindi, vincere sarà difficile ma chissenefrega, è una strepitosa occasione per riempire i social di foto promozionali e aspettavo questo momento da un anno. Quindi… che vinca il migliore!
COME VOTARE
Votare è facile: qua sotto metto la scheda, voi dovete inserire nome e mail (non avrete spam ve lo giuro), cliccare all’inizio su Ho capito e votare per almeno dieci categorie. Alla categoria 33 ci sono io, Zucchero Sintattico. Alla fine su Invia, in basso.
Se vincerò io, ma anche se non vincerò, vi prometto che lotterò perché dall’anno prossimo ai MIA non ci sarà più la categoria Miglior sito LGBT, sostituita da Miglior sito di stronzate. Ecco. Quella la vincerò senz’altro.

Sto caricando…

La classe di Paperoga

Dovreste smetterla di chiamarvi tutti Matteo. Dico sul serio, per una questione di memorizzazione digitale. Ho la rubrica del cellulare piena di Mattei, per trovare quello che voglio ho bisogno di scrollare sei o sette volte e di mettere anche i cognomi e a volte perfino qualche caratteristica tipo Matteo Teatro o Matteo Pisa o Matteo Addominali A Tartaruga Richiamalo.
A dir la verità, dovremmo smetterla anche di chiamarci Alessandro. Nella rubrica ho undici tra Alessandri e Alessandre, contro sette miseri Mattei. Poi ho venti Andrea, nove Lorenzi, dieci Marchi e otto Stefani. Okay, so che ora sembro una lurida sgualdrina, ma no, ecco, è che conosco tanta gente. Ho anche sette Chiare e quattordici Giulie, se è per quello. In conclusione, dovremmo smetterla di chiamarci Matteo, Alessandro, Alessandra, Andrea, Lorenzo, Marco, Stefano, Chiara e Giulia. 
Tutto questo eccessivo preambolo per dire che nell’aneddoto che vi racconterò oggi comparirà un personaggio che chiameremo Matteo, che nel caso specifico è un mio amico che ieri mattina sarebbe dovuto passare a trovarmi )
Quando suonano alla porta io non ho gli occhiali, mi affretto verso l’ingresso per non fare attendere l’ospite, guardo verso il cancellino, non riesco a vedere niente ma do per scontato che sia Matteo quindi esordisco con un caloroso CIAO MATTE! e invece era il postino
Sapete, l’essenziale è invisibile agli occhi, e non si vede bene che col cuore, ma nel dubbio un paio di lenti aiutano
O forse no. Negli ultimi cinque giorni ho fatto una corposa serie di pasticci che non avrei combinato se non fossi geneticamente predisposto per le situazioni imbarazzanti. 
– ho bruciato dei wurstel
– ho fatto finire una fetta di pomodoro nel bicchiere di un’amica mentre spostavo un vassoio
– ho macchiato un’altra mia amica mentre tagliavo una tartina (ed era la stessa cena)
– ho involontariamente spinto una mia amica verso un crudele wrestler vestito da ballerino di tango
– ho scontrato una signora su una sedia a rotelle che comunque è ancora viva
– ho fatto cadere per terra il pacco dei rigatoni aperto con la conseguenza che tutti i fischiotti si sono frantumati
– ho fatto cadere anche la pasta per la pizza
– la pasta della pizza rimasta si è tutta appiccicata alle mie mani, al ripiano di marmo e al mattarello (“ma è per via dell’umidità!” ha cercato di consolarmi il mio amico Ciuffo vedendomi sull’orlo di una crisi di nervi, ma la verità è che avevo scordato di mettere la farina)
E mi sembra basta.
A volte vorrei essere figo e avere grazia, eleganza e portamento. Stare dritto con la schiena, non inciampare mentre cammino, saper indossare una cravatta, non impappinarmi nei discorsi e questo genere di cose (potrei continuare l’elenco ma poi sembrerebbe importarmene più del necessario). Invece io ho la classe di Paperoga, e tutto sommato mi sta bene così. 
Mi fermerò da te qualche giorno – STOP
T’insegnerò un nuovo sistema di vita – STOP
– prima frase attribuita a Paperoga, 1964

Tentativi improbabili di stare bene

Quello che ho capito di me stesso è che vivo male.
È come se il mio cuore avesse perennemente impostato il filtro Brannan di Instagram, quello che delinea bene i contorni e mostra tutto più scuro. 
Le persone gioiose e spensierate di solito utilizzano il Rise, che in effetti è un filtro molto arancione e luminoso ma se proprio devo dirvi la verità a me sembra che renda i soggetti ritratti a un passo dalla carbonizzazione cutanea. Di solito lo uso per chi non mi sta simpaticissimo.
( ora, apriamo una parentesi – a volte nella vita bisogna aprire le parentesi, a volte no, Dio, sembro Francesco Sole. Io sono contento di questo mio modo d’esistere. Riesco a notare, pensare e sentire cose che non potrei percepire se avessi un altro tipo di sensibilità. Rido anche molto, per esempio )
Vivere male, dunque, non è la cosa peggiore che possa capitare a un essere umano ma diciamo che serve parecchio tempo per sviluppare uno spirito d’adattamento adeguato a sopportare il resto della società che invece vive top favola
Tale spirito di adattamento si concretizza in un assortimento grottesco di trucchi, metodi e mantra. Esistono dei libri che li illustrano, ma io ho capito che spendere soldi in libri di psicologi improvvisati che non vi conoscono direttamente, che non hanno mai visto le vostre espressioni e che non sanno davvero come siete non è molto producente per voi. Ognuno deve inventarsi le proprie tecniche, per il principio che tu sei il miglior conoscitore di te stesso – adesso sembro Marzullo, ma che ho oggi?
Sì, insomma: solo tu puoi capirti. Be’, tu e l’oroscopo di Rob Brezsny, anche lui può capirti. Tuttavia, ho deciso di illustrarvi – completamente a gratis, vi prego di notare – la tattica che ho inventato stamattina. Sapete, mi sono svegliato stressato e pulsante di vivide paranoie, come al solito. Allora ho brevettato questo gioco, che potete scaricare e stampare e provare da casa. Non vi spiego le regole, è molto intuitivo.

Indagine sui fan dei Backstreet Boys

Tutti hanno avuto quattordici anni. 
Tranne chi ne ha tuttora tredici, dodici, undici, dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, tre, due e mezzo, due, uno e tre quarti, uno e mezzo, uno, zero, BUON ANNO!, e chi è ancora nelle vigne di Bergamo (che è il posto dove secondo i miei genitori stanno i bambini non ancora concepiti, cioè praticamente dove volteggiano come tante animelle quelli che in potenza possono diventare i nuovi nati, quindi una specie di iperuranio dei nascituri).
Tutti hanno avuto quattordici anni e, sotto sotto, tutti vorrebbero tornare ad avere quattordici anni. Deve essere per questo che la piazza che ospitava il concerto dei Backstreet Boys, ieri, pullulava di gente. 

I fan dei Backstreet Boys sono perlopiù ragazze, di età compresa tra i venti e quaranta, indossano soprattutto shorts di jeans e toppini fosforescenti ma soprattutto hanno una disperata urgenza di anni Novanta.
Perché dai, possiamo ammetterlo molto tranquillamente: i Backstreet Boys non è che siano grandi cantanti o musicisti, e in realtà non sono nemmeno così carismatici come altre star della musica commerciale (sono molto simpatici ed energici, questo è innegabile, hanno cantato e ballato per due ore, ci vuole una certa resistenza, nel senso che io dopo una macarena mi accascio tra mille rantoli, per dire). 
I Backstreet Boys sono cinque ragazzi americani che si chiamano Kevin, Brian, Nick (“uuuuuh!”), A.J, Howie, Dewey, Louis, Pinco, Panco, Cip, Ciop, Waka Waka Eh Eh, e Adolf. È la boyband più longeva della storia della musica, ma è soprattutto nei nineties che ci faceva sognare. Il successo planetario di questi ragazzi è documentato dai milioni di dischi venduti, dalle innumerevoli nomination ai Grammy, dalle classifiche su cui svettavano prima di un lento e malinconico declino degli anni Duemila
E adesso mi dispiace dover spezzare l’incantesimo, ma io sono a favore della verità. Tocca a me, ancora una volta, riportarvi tutti alla triste realtà. I Backstreet Boys sono svaccati come nessuno di noi spera di fare mai. Chi era al concerto non può capire, chi non era al concerto non può capire. Io stavo lavorando al mio solito muretto, poco fuori, e questo mi garantiva di mantenere una certa lucidità che adesso mi consente di farvi ragionare.
A voi non piacciono i Backstreet Boys, ragazzi. Voi siete obnubilati dal bisogno estremamente umano di non pensare, di tornare indietro a quando l’unico problema era la coda troppo lunga di Snake. A quando passavate le sere estive davanti a Giochi senza frontiere mangiando un Calippo o un Winner Taco. A quando non c’era Youtube ma il Festivalbar sì, e andava alla grande così. Voi avete bisogno della musicassetta con Max Pezzali, dei poster di Cioè, della coreografia di Stop right now, di sapere come andrà a finire tra Ross e Rachel ma sperare e sperare e sperare che non si lascino mai. 
Ecco cosa amate, fan dei Backstreet Boys. E non mi fraintendete, io sono con voi. Backstreet’s back, e per me, che non ero sotto il palco a osservare le loro pancette alcoliche e l’invecchiamento dei loro volti e gli stessi balletti di vent’anni fa, sono stati soltanto la dimostrazione del passare del tempo. 
Però era bellissimo, vero?
LE INDAGINI SUI FAN

Indagine sui fan dei Prodigy

Mi hanno assunto nel servizio di sicurezza del Lucca Summer Festival. 
Sì, anche a me ha fatto strano. Ho mandato il curriculum perché quando uno cerca lavoro lo manda un po’ ovunque, e così dopo averlo portato in pizzerie, ristoranti, librerie, negozi, gelaterie, supermercati, aziende di grafica e canili è stato il turno dell’agenzia di sicurezza e investigazioni.
(nelle prossime due righe metterò un asterisco ogni volta che faccio dell’ironia)
Mi hanno preso come aiuto* alla sicurezza, e ciò non mi ha sorpreso molto*, vista la mia forza*, la mia presenza* imponente*, il mio sguardo da duro*, la mia altezza* invalicabile* e la mia stazza irremovibile***.
Il mio ruolo è quello di sorvegliare un muretto. Capite bene che è un compito di straordinaria responsabilità. Sono due giorni che passo le serate con questo muretto, tanto che ho iniziato a volergli bene come se fosse, non proprio mia madre, ecco, però un cugino sì, lo chiamo per nome, il mio muretto, lo nutro, mi prendo cura di lui, lo consolo quando è triste, gli faccio le coccole e insomma sì, avete capito bene: sono ancora single e sempre più schizofrenico. 
Passo sei ore in piedi a sorvegliare il mio muretto tentando di assumere l’atteggiamento più vigile possibile. Incrocio le braccia, aggrotto le sopracciglia per ricreare dei lineamenti torvi e squisitamente ostili e divarico le gambe – quest’ultima cosa mi fa sembrare una che sta per sgravare in piedi. Devo stare in piedi, fermo, con le braccia incrociate, senza parlare al cellulare o allontanarmi dalla posizione. É una palla, insomma.
La cosa positiva è che ho un sacco di tempo da spendere nella mia attività preferita dopo mangiare, bere, dormire, scrivere, fare sesso (ma non ricordo come funziona di preciso), leggere, fare shopping, ascoltare la musica, giocare a Gira la moda, perculare quelli con le Hogan, dividere un mazzo di carte a seconda del seme, rubare, pulire il bagno e intagliare figure geometriche sui tappi di sughero. E cioè l’osservazione dell’umanità. 
Ho modo di osservare uno spaccato di umanità avente una caratteristica comune: quella di ascoltare la stessa musica. Se ci pensate, è una grande fortuna: non devo fare lo sforzo cerebrale di selezionare da un insieme elementi aventi la stessa peculiarità, perché sono le stesse persone che si autoselezionano nel momento in cui decidono di acquistare il biglietto. Le mie uniche energie devo spenderle nell’osservazione e nella documentazione. 
Si dia quindi inizio all’indagine.
Sugli ascoltatori dei Prodigy non ho molto da dire, intanto perché questo post è già lungo così, e poi perché era il mio primo giorno e sono stato molto impegnato a non farmi cazziare sul posto di lavoro (sorvegliare un muretto comporta grandi responsabilità, Peter). 
I fan dei Prodigy sono più patatoni di quello che ci si aspetta. O forse è colpa della droga. Ho notato che molti se ne strasbattono del concerto e vanno a giro per la piazza. Una possibilità per spiegare questo comportamento è che siano talmente strafatti da non rendersi conto che hanno speso quaranta euro e che quello che stanno ascoltando è il gruppo dal vivo e non uno stereo acceso e nemmeno le vocine del cervello. 
I fan dei Prodigy sono molto socievoli. Saltano molto, quasi mai a tempo, si scatenano, ballano indipendentemente dalla presenza della musica. Bevono con soddisfazione, e sono molto interessati al chioschetto delle birre. Sono abbastanza disinvolti nel decidere che un determinato alberello può diventare una latrina occasionale. Solitamente hanno tatuaggi o arnesi di ferro nel viso, ma questo è un commento che potrebbe fare mio padre quindi magari adesso lo cancello. Sono educati, dopotutto, nonostante l’idea che si può avere di loro. Non ti picchiano. Non fortissimo. Limonano parecchio, poi. Quasi quasi inizio ad ascoltarli anch’io, questi Prodigy.

Mr Pinco Pop e l’esistenza

Ho un orsetto di peluche che si chiama Mr Pinco Pop.
Ieri, io e lui abbiamo parlato dell’esistenza.
Prima di spiegarvi la filosofia di Mr Pinco Pop, vi descrivo come è fatto: è un orsetto dal musino tenero, alto quanto una mia mano aperta, quindi una quindicina di centimetri, o forse poco più perché io ho le dita da pianista. La sua caratteristica principale riguarda la sua colorazione che riprende la bandiera arcobaleno, quindi dalla testa ai piedi (è un orsetto antropomorfo, non ha quattro zampe bensì due piedini e due manine) è diviso in sei fasce, ognuna per i sei colori della bandiera. Non si può dire che sia l’orsetto più intelligente del mondo, ma è sveglio e ha un senso critico molto sviluppato. Non capisce mai il sarcasmo, ma ha un cuore d’oro. È nato quando un unicorno ha incontrato la Cattiveria: l’unicorno ha vomitato, e dal suo vomito ha avuto origine Mr Pinco Pop. Un giorno, magari, vi racconterò anche questa storia.
Ieri Mr Pinco Pop era in vena di fare filosofia. Mi ha detto che gli orsetti si dividono in due categorie: quelli a cui va sempre tutto bene e quelli a cui va sempre tutto male. Non ha ancora capito se è una legge che dipende in qualche modo dalla fortuna. Poi, sottovoce, ha aggiunto che si vergogna a parlare di fortuna, perché nella città degli orsetti chi si sente sfortunato viene svalutato ancora di più. La fortuna esiste, è solo una delle due facce del caso, ha detto. Mr Pinco Pop ieri mi ha spiegato che ci sono gli orsetti a cui va tutto bene e gli orsetti a cui va tutto male, e non c’entra proprio un bel niente il talento o la bravura o la determinazione. Ha detto esattamente così, “non c’entra proprio un bel niente”. Ci sono gli orsetti che non devono muovere un muscolo perché comunque capitano al posto giusto e al momento giusto, e ci sono anche gli orsetti che ci nascono, al posto giusto e al momento giusto. L’altra categoria è quella formata dagli orsetti che possono impegnarsi quanto vogliono, possono essere bravi, e buoni, e prendere tutti i trenta e lode che vogliono, e sperare sempre e non arrendersi mai, ma non riusciranno mai a trovarsi al posto giusto e al momento giusto. A volte gli andrà anche peggio. Nella città degli orsetti aleggia perfino la leggenda che la ragione di questa sfortuna parta proprio dal fatto che sono gli orsetti a cui va tutto male a non impegnarsi a sufficienza. Mr Pinco Pop non ci crede, però. Sostiene che gli orsetti a cui va tutto bene abbiano messo in giro questa voce per non far attribuire il loro successo soltanto al caso propizio. 
Poi ho detto qualcosa io, perché non è che nelle conversazioni tra me e Mr Pinco Pop parla solo Mr Pinco Pop, altrimenti sarebbe un monologo, anche se un monologo molto avvincente. Gli ho detto che è molto dolce a volermi consolare, perché lo so che mi dice tutte quelle cose solo perché crede che se io fossi un orsetto sarei uno di quelli a cui va tutto male, ma gli ho detto anche che non occorre. Se sei un orsetto triste, ciò che ti può far stare meglio è il fatto di poter contare su quel coraggio che si legge negli occhi di una faccetta tenera come la sua.

Le nomination dei #MIA14

Ciao. La faccio breve perché ho intenzione di chiedervi cinque minuti di tempo e non posso dilungarmi ulteriormente con le mie solite e odiose battutine sulla droga. 

È periodo dei Macchianera Italian Awards 2014, ossia gli Oscar del web, i premi dati ai migliori siti della rete. L’anno scorso – come sapete bene dato che vi ho sfrantecato i maroni per un mese – sono riuscito ad arrivare quinto in una categoria, e ancora mi chiedo come sia possibile. Ma magari ce la facciamo anche quest’anno, chi lo sa.
Quello che dovete fare è compilare la form che sta qui sotto, mettendo l’indirizzo esatto del mio blog ( https://www.zuccherosintattico.it/ ) in NON PIÙ di quattro posizioni.
Io vi consiglio queste:
– categoria 3, miglior rivelazione
– categoria 14, miglior sito letterario (…)
– categoria 34, miglior sito LGBT
Affinché il voto sia valido dovete compilare i campi obbligatori iniziali, cioè inserire il vostro nome e la vostra mail (non vi verrà mandata pubblicità, serve solo per il conteggio corretto dei voti). 
Inoltre, dovete dare almeno 8 preferenze, ma non potete mettere lo stesso blog in più di quattro categorie, altrimenti il voto viene annullato.
Ah, e alla fine dovete cliccare su Invia, in fondo!
Se non sapete cosa votare, io vi suggerisco le preferenze che darò:
– categoria 7, miglior sito di satira: ilmegliodiinternet.it ( http://ilmegliodiinternet.it/ )

– categorie 12 e 13, miglior sito musicale / cinematografico: Pensieri Cannibali , di Marco Goi ( http://pensiericannibali.blogspot.it/ )
– categoria 15, miglior sito fashion: Sporablog ( http://www.sporablog.com/ )
– categoria 18, miglior sito per genitori e bambini: The Queen Father ( http://www.thequeenfather.com/ )
– categoria 23, miglior pagina social: Il Meglio Di Internet ( https://www.facebook.com/ilmegliodiinternet.it )
– categoria 30, migliore polemica online: Salvatore Aranzulla: il boss finale di internet? ( http://ilmegliodiinternet.it/salvatore-aranzulla/ )
– categoria 31, miglior YouTuber: Yotobi ( https://www.youtube.com/user/yotobi )

[ in aggiornamento ]

Ah, e per quanto riguarda la categoria Miglior articolo, ho candidato il mio pezzo “Ho visto omosessuali che voi umani non potete neppure immaginare”. Se vi va, lo potete votare su questa pagina, registrandosi (bastano cinque secondi), cliccando accanto al titolo, sulla freccia verso l’alto.
Be’, se vi va, col cuore (cit.), e mi fate contento. Grazie!

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