• Una storia su di me che vorrei raccontare di nuovo perché ora l’ho capita

    Storia anche conosciuta come “I raggi”

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30 NOVEMBRE 2014
Cose che mi succedono
Non ricordo il momento preciso della mia vita in cui ho iniziato a frequentare le discoteche, ma sicuramente non era durante il liceo. A quel tempo, andare a ballare il sabato sera era la normalità, per alcuni era perfino una piacevole attesa; ma io non credevo di essere normale. Rientravo nell’accezione negativa che davo alla parola anormale.
Poi sono cresciuto, e crescendo sono cambiato, e cambiando ho finito per diventare normale, sempre nell’accezione negativa della parola normale. Con questa nuova, auspicata, acquisita normalità ho anche cominciato a bazzicare le discoteche, finché sono diventate un luogo così familiare che ben presto hanno smesso di farmi paura – purtroppo.

Mi trovavo su un divanetto di pelle bianca di uno storico locale chiamato Frau. Come quasi tutte le discoteche gay, il Frau è un posto pessimo: sporco, piccolo, senza acqua né porte nei bagni, un buco in cui ogni weekend dell’estate vengono strippate centinaia di persone che nel momento di pagare l’ingresso risultano essere in uno stato di piena consapevolezza. Tipo me. Mi trovavo su un sudicio divanetto di pelle del Frau, i miei amici e le mie amiche erano andati a limonare altrove e io mi ero ritagliato un minuto di raccoglimento per soffrire in solitudine.

Ora, la cosa drammatica dell’essere omosessuale, oltre al non potersi sposare, oltre al non poter adottare figli, oltre al rischio di subire violenze verbali o fisiche, oltre alla discriminazione sul lavoro, oltre all’essere usati dai politici per distogliere l’attenzione da altri problemi senza che la questione li interessi davvero, oltre all’esistenza di nazioni in cui se sei gay vieni ucciso o imprigionato, oltre al dover convivere costantemente col pregiudizio della gente, oltre a essere costretti a subire un prematuro processo di fortificazione contro il mondo, oltre a essere automaticamente e inconsciamente associati a Signorini e Platinette e mai a Alan Turing e Oscar Wilde, oltre a suggerire la convinzione che siamo tutti devoti a Madonna e mai alla Madonna, la cosa drammatica dell’essere omosessuale, dicevo, è che sussiste la possibilità di visualizzare una delle due persone per cui hai una cotta nell’atto di baciare l’altra persona per cui hai una cotta.

Curiosamente, a me è capitato. Mi trovavo sul divanetto di pelle bianca e potevo distintamente riconoscere un ragazzo pastrugnare con appetito e appassionato trasporto la bocca di un altro ragazzo. Si chiamavano Claudio e Lorenzo, e uso l’imperfetto non perché siano morti, ma perché lo spero.

Una persona dotata di solido temperamento, nel vedere la scena dei due ragazzi di cui è invaghito che si baciano tra loro, si sarebbe alzata per andare da un’altra parte, ma poiché io sono psicolabile con l’aggravante che nella vita voglio scrivere, sono rimasto lì a osservare il teatrino provando perfino una certa, dolorosa soddisfazione.

Stavo giustappunto sperimentando le nuove tecniche del soffrire quando accanto a me si siede un ragazzo. Incredibilmente, biondo e con gli occhi azzurri. Non un viso bellissimo, in effetti, ma nemmeno un roito umano. Alto, e ben piantato, comunque. Indossava una maglietta verde.

– Ciao!
– Ciao.
– Piacere, Federico!

Ma eravamo in una discoteca e la musica era alta e un attimo prima stavo navigando nella confusione e nel turbamento.

– Come, scusa?
– Federico!
– Ah!
– Come Fellini!

(…)

– Sì, bene. Io sono Alessandro.

Ma eravamo in una discoteca e la musica era alta e forse Federico era distratto, perché mi ha chiesto:

– Come chi?

Beh, questa era facile. Emmaus, Oceano Mare, Castelli di rabbia, Seta, I barbari, Mr Gwyn, Tre volte all’alba, Novecento, sapevo precisamente chi nominare.

– Come Manzoni.
– Ah, Alessandro!

(…)

– Che stai facendo, Alessandro?
– Mah, niente…
Mi sembri pieno di sovrastrutture.
– Di sovrastrutture?
– E di pensieri che ti frullano in testa e non vorresti.

Non ero sicuro di voler affrontare la conversazione adesso.

– Non sono sicuro di voler affrontare la conversazione adesso.
– Senti, Alessandro, ti ho visto tutto solo e sconsolato. Hai pure distrutto i raggi.

Mi sono guardato subito intorno, per terra, cercando di capire cosa avessi rotto stavolta.

– I raggi?
– Sì, i raggi, ne hai distrutti tre, erano sette.
– Ma raggi tipo questi?

Ho mimato una bici. Pensavo al sole dei Teletubbies con la mia faccia dentro.

– No, i raggi della tua aura.

La mia aura, certo. L’aura è una di quelle cose a cui non credo, come l’oroscopo, i tarocchi, il mostro di Lochness, i fantasmi, la morte di Paul McCartney, Dio, il punto G, la capacità di intendere e di volere di Lory Del Santo, ma che in qualche modo perverso mi affascinano.

– Azz, ho distrutto i raggi. E come funziona adesso, li posso aggiustare? C’è una colla, tipo?
– No… Però io ti posso aiutare.
– Sì?
– Sì.
– E come?
– Vieni a ballare con me.

La proposta mi ha spiazzato un po’. Certo, non vengo da Narnia, avevo arguito che il suo interesse nei miei confronti non si limitasse soltanto alla riparazione dell’aura. Era la mia virtù che Federico voleva, mi sa. Ma cosa ci potevo fare, non era il mio tipo. Per la cronaca: il mio tipo non esiste, e con questa scusa ho potuto continuare a rovinarmi la giovinezza per innumerevoli altri anni. Non era il mio tipo, e tra l’altro avevo la vaga impressione che fosse un pochino pazzo.

– Eheh…
– Vieni a ballare con me, dai.
– Guarda, non me la sento molto, adesso.
– Dai, cinque minuti.
– Sei carinissimo, davvero, però no…
– Vieni a ballare con me.

Si era incantato il disco.

– Vieni a ballare con me.

Me lo ha chiesto un’ultima volta, si capiva dal tono che sarebbe stata l’ultima, e che ci sperava un sacco, e che sarebbe stato bello. In quel momento, ho pensato a molte cose. Ho pensato a tutte quelle favole sull’afferrare l’occasione, la prima mela, sul cogliere l’attimo, Hakuna Matata, cioè, voglio dire, Carpe Diem. Ho pensato a tutti i film Disney, e alla morale di ogni puntata di ogni stagione di Lizzie McGuire. Ho pensato all’intera bibliografia di Coelho. Ho pensato agli esercizi teatrali sul ritmo e sulle entrate al momento giusto. Ho pensato a tutti quei proverbi cinesi sulla vita che non ti concede una seconda possibilità e sull’universo che cospira affinché chi lo desidera intensamente possa realizzare i suoi sogni. Ho pensato a tutte queste cose, e ho detto:

– No, mi dispiace.

Perché non sono così, sono una persona che non riesce a cogliere le occasioni. Ho detto no, e sono rimasto single per un sacco di altro tempo ancora.

Roba affine
11 commenti
  1. Tikli
    Tikli dice:

    Ok che è bene cogliere le occasioni e l'attimo e il momento e i funghetti allucinogeni e un sacco di altre cose, però è diverso dall'accontentarsi del primo "squilibrato" che passa 😛 Non sei mica un disperato ;)D'altro canto, se avessi detto sì, forse adesso avresti sette raggi. Capisco il dramma.

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  2. WannabeF
    WannabeF dice:

    Momenti che lasciamo passare apparentemente indisturbati, poi vorremmo riprenderceli.Postilla: se escludi l'impossibilità di matrimonio e adozione, tutte le cose che accadono ai gay accadono anche alle donne(abusi, discriminazioni…). Siam tutti sulla stessa barca…

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  3. Mareva
    Mareva dice:

    Ma poi, i raggi, li hai fatti aggiustare? Sono questioni serie eh.Ricordo molto bene cosa significa andare in una discoteca gay: i bagni senza porta mi hanno traumatizzata moltissimo. Ma anche lo sperma sulle maniglie anche se è stato bello ché nelle discoteche etero il massimo che trovi sulle maniglie sono coca, sudore e vomito.Ci ho passato tanto tempo con i miei due migliori amici a ballare le canzoni più improbabili e a vederli rifiutare uomini perché non erano il loro tipo. Ti assicuro che sono arrivati tutti e due a 32 e 31 anni e sono molto felici.

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  4. Lae
    Lae dice:

    "e appasionato trasporto", manca una s! 😉 A parte questo… "sii ciò che cerchi e ciò che cerchi ti troverà"… qualunque cosa voglia dire…

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  5. MikiMoz
    MikiMoz dice:

    Io mi sono imposto di prendere tutto, cogliere ogni occasione. Non parlo di sentimenti, ma di tutto. Devo essere pure io figlio di puttana, senza pensarci troppo :)Moz-

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  6. Ludo
    Ludo dice:

    Ma come fai ad essere così bravo cazzo!? Dio, prima rido perchè al punto "spero che siano morti" non sono riuscita proprio a trattenermi, e poi bum, fai il profondo senza volerlo.Sei un single fichissimo.

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