Sei anni di zucchero

In tutta onestà non ricordo se alle elementari ci fosse il distributore delle merendine. Non credo, anche considerando che né io né gli altri miei compagni possedevamo il portafogli o qualcosa da metterci dentro. Nella stanza delle bidelle c’era qualcosa che portava a del caffè, ma probabilmente era un thermos.

Le mie scuole medie non ricordo nemmeno come fossero fatte, e questo vi dà un’idea di quanto mi siano piaciute, le scuole medie. Spero di non offendere nessuno, dicendolo. Ma figurarsi, non credo che i membri di quella marmaglia di cattiveria siano capaci di offendersi – né di affezionarsi, scherzare, amare, o provare sentimenti più o meno umani. Ma da qualche parte doveva pur esserci una macchinetta delle bevande, perché ricordo distintamente il professore di musica dire, prima di abbandonarci alla visione di qualche cinepanettone, che intanto sarebbe andato a prendere un caffè.

Ho ben presente, invece, dove fossero posizionate le macchinette e i distributori del liceo. Ma in cinque anni li avrò usati una manciata di volte, perché le mie scuole superiori, oltre a ricordare l’esterno di una prigione e a cambiare ogni anno i docenti di filosofia, erano perlustrate da sinistri personaggi chiamati Merenderi, che a prezzi ridicoli vendevano panini, trecce di cioccolato, focaccine, triangoli, pizzette e (solo alla fine della prima ora e solo al secondo piano) valdostane.

All’università iniziavi a capire le macchinette solo a metà del secondo anno, tanto che ho sempre avuto il sospetto che prendere il migliore caffè facesse parte dell’esame di Analisi. Quella all’ingresso era la più economica, ed essendo lontana da molte aule aveva anche la fila statisticamente più corta; le due nell’atrio centrale avevano perfino il mocaccino con cioccolato; quella al piano di sopra era guasta una volta su due. Invece, c’era un distributore che si bloccava senza darti la merenda, ed eri perduto se non conoscevi il punto preciso su cui puntare la spallata.

Oggi questo blog compie sei anni. L’idea è sempre stata che lo zucchero è la cosa più importante, e che il resto serve solo a sopravvivere. Non sottovalutate mai le cose che non c’entrano niente.

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