Kintsugi, ovvero l’arte di riparare le ferite con l’oro

Se vivessi in Oriente probabilmente sarei una persona diversa. E non intendo soltanto che avrei l’abitudine di soffiarmi il naso con la mano o di mangiare seduto per terra. E nemmeno che Grindr sarebbe una grande griglia di facce tutte uguali con gli occhi a mandorla – a proposito, avete mai provato ad aprire Grindr a Prato? Deve essere estraniante.
I giapponesi hanno pensato a questa cosa, il kintsugi, che funziona in questo modo: sei lì che stai spolverando, un po’ di fretta perché sta per cominciare la nuova puntata di Masterpiece e per qualche assurda ragione non puoi assolutamente perdertela. All’improvviso sbatti contro un mobile e un vaso cade per terra. Mica sarebbe un grave problema, insomma, quel vaso ti serviva solo per vomitarci dentro quando la vodka è troppa e il bagno è lontano. Ecco, se sei un giapponese non devi aver paura delle prossime sbronze. Tu raccogli tutti i cocci in cui si è spezzato il vaso, prendi dell’oro liquido o della lacca con della polvere d’argento, e inizi a ricomporre l’oggetto. È una specie di art attack per gente molto agiata. Quello che ottieni non è lo stesso vaso di prima. Ad accogliere il tuo prossimo rigetto ci sarà un vaso ricostruito e tenuto insieme da un collante prezioso. Non solo, ma nessun altro avrà quel vaso. Perché quando si è rotto, lo ha fatto in un modo che non è riproducibile da nessuno. Le linee che adesso abbelliscono il tuo oggetto sono state decise dal caso, e per questo sono uniche. Quello che avrai sarà un vaso più bello, più ricco, più forte; migliore, sia interiormente che nella superficie.
È che io a volte sono quel vaso, e non vivo in Giappone, e sono progettato in maniera tale che quando cado, e mi succede spesso, mi frantumo in una quantità di pezzi incalcolabile, e provo a rimettermi insieme alla bene e meglio ma crollo, ancora, mi sgretolo in frammenti sempre più simili alla polvere.

Elenco di canzoncine che forse ti faranno stare meglio

( Vorrei avvisare tutti che in questo post non parlerò dei prossimi impegni di Baricco. NON LI SO. La prima cosa che mi ha chiesto mia nonna dopo avermi fatto gli auguri è stata se il mio “capo”, testuali parole, sarebbe diventato ministro, e questa domanda mi è stata fatta anche da svariati amici e parenti, nonché da sconosciuti che mi vedono alla Lidl con la borsa della scuola; allora comunico pubblicamente che non sono a conoscenza del manifesto politico del preside, anche perché di solito non mi parla di Renzi ma di palle rosse e di quanto Hemingway fosse sbronzo quando scriveva i Quarantanove Racconti )
( Sì, di palle rosse. )
Ci sono due meccanismi che adotto quando non sto tanto bene. 
Il primo è quello di non dirlo a nessuno, anzi cerco di sembrare più idiota del normale, talvolta trasformandomi in una versione umana del coniglietto di Bambi che batte sui tronchi con la zampetta. 
Il secondo è quello di sminuire il mio malessere paragonandolo ad altri problemucci quali la fame del mondo o il cancro e convincendomi che sono proprio un demente a lamentarmi di tali piccolezze. 
Ora, tralasciando il fatto che l’organizzazione mondiale degli psicologi giudica insano il mio comportamento e consiglia di sostituirlo con una corretta alimentazione e un’intensa attività fisica, quindi insomma non imitatemi nonostante io sia molto simpatico, vorrei mostrarvi un ulteriore trucchetto che ho imparato per sotterrare tutti i miei sentimenti: la musica allegra. 
Perché, per quanto li adori, ascoltare i Baustelle quando il morale non è dei migliori, non aiuta a migliorarlo. Tra l’altro questo è il principio su cui si basa tutto il successo discografico dei Baustelle. Comunque, ci sono un sacco di canzoni più o meno pop che ascolto quando sono un po’ giù. Non che serva a molto, un po’ come rileggere un elenco di soggetti probabilmente peggiori di te, ma magari un pochino aiuta.
Vi propongo la mia.
Se ne avete altre da aggiungere, ditemelo che mi fa piacere.
Nonostante non sia ancora riuscito a capire come si pronuncia il cognome della cantante, questa canzone è stata il mio motto per un certo periodo.
Questa canzone mi mette un sacco di buon umore, e non solo perché nel video le tette di lei prendono fuoco.
Okay, definirla canzoncina è un’offesa. È una canzone meravigliosa.
Beh.
Anche questa non è affatto una canzoncina. È più un abbraccio.
Non so che dire su questa canzone che non sembri patetico.
Lei la amo alla follia perché è sempre così meravigliosamente incazzata, anche quando ti consola.
La versione di Bill Withers è una palla, io preferisco quella di Glee. Scusatemi se sono gay.
L’ho pure ascoltata dal vivo, questa, e ho pensato che la dedicassero proprio a me.
Da fischiettare quando passa qualcuno che rosica.
Eh vabbè.
“Perché nessuno può fottere qualcuno che è bionda davvero!”
L’apertura del loro concerto.

Pixie Lott – All about tonight
Lui non vi caga? Fate altrettanto, per una volta.

Beatles – Here comes the sun
It’s allright nanana nanana nanana nananananana

Sound of music – My favourite things
Julie Andrews pensa ai gattini, io agli Abbracci del Mulino Bianco, ma insomma…

Va tutto bene

Va tutto bene. A parte che frequentare una scuola di scrittura a Torino è più discriminante che essere gay o prendere il kebab senza salse (è che non mi piace il piccante!). È venuta una ragazza a vedere la stanza in affitto, ed è andata più o meno così:
– Sì, e insomma il prezzo è questo, la vista non è male, i mobili che vedi li puoi tenere, e…
– Mi sembra buona. E tu che fai? Studi?
– Sì, faccio una scuola di scrittura
– AH. – e già potevo vederle le labbra che le si incurvavano sprezzanti, e il sopracciglio inarcarsi con scetticismo, e tutto nel suo volto diceva che sono un figlio di papà straricco che gioca a fare l’intellettuale e infatti vado avanti nutrendomi di pasta Combino della Lidl e ho un blog in cui idolatro Geri Halliwell. Insomma, non l’ho presa. 
Questa cosa che dovevamo scegliere il nuovo coinquilino mi ha mandato fuori di testa. Voi non avete idea di quanto sia difficile trovare una persona pseudo-normale con cui convivere. È una bella rottura, gente, ma d’altra parte non puoi rischiare che la padrona di casa scelga al posto tuo, mandandoti magari un camionista puttaniere che rutta e grugnisce e piscia sui muri.
E così va tutto bene, ma c’è stata questa ricerca per nulla facile. Stephan, il mio coinquilino che si autodefinisce tedesco e biondo – anche se è moro e di Bolzano, Dio, mi sembra di vivere con l’equivalente alto atesino di Micheal Jackson – ha voluto aprire dei casting che nemmeno a X Factor. Lui ovviamente faceva la parte dell’algido giudice cattivo, tipo Bastianich. Io ero un incrocio idiota, una via di mezzo tra Arisa e la Ventura.
Ogni volta che qualcuno usciva dopo aver visto l’appartamento, lui scuoteva la testa: “Per me è no”. Il mio esaurimento nervoso aveva raggiunto un livello tale che mi sarebbe andato bene perfino il camionista di cui sopra, e infatti speravo che Stephan approvasse l’osteopata con evidenti disturbi psichiatrici che si era mostrato interessato, ma niente.
Va tutto bene, e infatti abbiamo trovato una ragazza che sembra possedere un potenziale di squilibrio sufficiente a poter vivere con noi. Fa praticamente tutto, tra cui la trapezista. Ora, capite bene che avere a che fare con una circense non provvista dei tratti fenotipici di Moira Orfei è stata una rivelazione scioccante per il mio immaginario stereotipato del mondo. A proposito, la raggiungo in cucina, ché adesso è lì a prepararsi una zuppa. È l’unica cosa che mangia. Io la stimo tantissimo.
Va tutto bene.