Don’t stop beLondon • Day 5

Here, there and everywhere dei Beatles è probabilmente il modo migliore per svegliarsi a Londra. In realtà credo sia il modo migliore di svegliarsi un po’ dappertutto. Anzi, mi sa che è il modo migliore di fare qualsiasi cosa, dappertutto. Ciuffo, quella pasta di ragazzo, l’ha scelta come quarta sveglia cosicché io ho potuto – finalmente, grr – alzarmi con i nervi distesi.

La mattinata avrebbe dovuto svolgersi nel nord-est londinese. E infatti abbiamo preso la metro e ci siamo fermati alla stazione di King’s Cross, dove non c’è assolutamente niente di interessante. Se non… un muro. Tuttavia, quel muro è il muro che separa il mondo dei babbani da quello magico: l’ingresso al binario 9 e tre quarti, da dove si prende l’Espresso per Hogwarts! Okay, sì, è roba da fan psicopatici, ma io *sono* un fan psicopatico – per quanto non sia ancora iscritto a Pottermore, ma rimedierò quando il sito sarà pubblico. E quindi io e Ciuffo siamo andati al binario 9 vero, dove non abbiamo trovato niente. Cercando su Wikipedia ho capito poi il perché. Fortunatamente Ciuffo ha visto le indicazioni che portavano alla ricostruzione di quel muro. Ho aspettato si facessero la loro foto alcune donne di una certa età – è incredibile come Harry Potter unisca (leggasi: lobotomizzi) grandi e piccini – e poi ho potuto farla anche io. Notare la mia espressione felice (leggasi: idiota).
Ciuffo che prova la mia
fantastica zuppa di carote.
Vicino a King’s Cross c’è un altro posto che tutti mi avevano descritto come tappa fondamentale: Camden Town. Si tratta di un paesino pieno di bancarelle e negozietti che fanno finta di venderti oggetti pregiati a pochissimo prezzo, mentre invece ti vendono cenci di dubbia qualità per un sacco di soldi. È un po’ come un gigante mercatino dell’usato, dove però tu credi che la roba che compri sia nuova e fantastica. Nonostante tutto questo, Camden mi è piaciuta e sono anche riuscito a comprare dei jeans. Che non volevo. O meglio, ero tutto contento dell’acquisto fatto, se non che dieci minuti dopo ho trovato un paio di jeans del colore che volevo, di una taglia che mi calzava meglio e che costavano dieci sterline di meno. Sì, smadonni un po’. In inglese, ma smadonni. Camden è stata anche l’occasione di provare una favolosa (cioè inquietante) zuppa (cioè brodaglia insipida) di carote (cioè arancione, nel senso di completamente e solo arancione). Pare che a Camden non esista la carne. Sono tutti vegetariani o vegani. Ciuffo ha preso una straordinaria british-insalata con dello straordinario british-formaggio greco. Inutile dire che la zuppa non è stata finita e che la straordinaria british-insalata è finita in uno straordinario british-bidone.
Avevamo appuntamento con Alan per le tre e mezzo, quindi ci sembrava vagamente curioso trovarci sempre a Camden alle tre e venti. Corriamo alla metro, e raggiungiamo Marble Arch dove troviamo un Alan che spera in una ragione attendibile per i ventisei minuti di ritardo. Come essere riusciti a fotografare l’infarto della regina, o riprendere la resurrezione di Amy Winehouse, ad esempio. Alan doveva andare da Primark perché aveva bisogno di nuove tendine per la sua finestra. Non so perché sentisse l’urgenza di cambiare tendine, quando non ha i soldi per comprarsi le patatine se pranza al McDonald. Forse le tendine le usa anche come coprimaterasso, non potendo permettersene uno. 
Ritratto del consumismo.
Alan se ne va, e quella sarà l’ultima volta che riusciremo a vedere lui e la sua inseparabile felpa da disadattato. (Spero che Alan sarà ubriaco quando leggerà questo post, dato che lo sto offendendo da dieci righe almeno) Noi proseguiamo il nostro viaggio per Oxford Street alla ricerca di Topshop, negozio in cui dobbiamo comprare dei pantaloni per conto della mia amica Giuli. Ora, quando scrivo “pantaloni”, non intendo “pantaloni”, bensì quello che si ottiene decifrando questo sms:
Sono i moto leigh skinny e ne ho visti su internet 
nel viola ma lì lo chiama con un colore che inizia 
con la b. Se vedi che sono brutti prendili come ti 
piacciono. Basta che siano moto skinny. Taglia 
38 italiana 🙂
[ Giuli, 9 ott ]
[ nda: L’autorizzazione per la pubblicazione del messaggio 
sovra riportato mi è stata data dalla fatica che ho fatto per 
trovare i jeans, oggetto di tale messaggio ]
Bene. Considerando che: 1) non sapevo il colore, ma solo che iniziava con la lettera b, 2) non sapevo a cosa corrisponde la 38 italiana e 3) non sapevo neanche pronunciare la parola “leigh”, ci rivolgiamo a un simpatico commesso che ci indirizza a un altro commesso (Topshop è un negozio talmente grande che ogni commesso ha un reparto da sapere). Egli mi ricorda un po’ una scimmia, anche se una scimmia molto omosessuale, e pertanto gli affibbio il soprannome di Abu. Abu mi dà più o meno i pantaloni che Giuli aveva richiesto, anche se poi scoprirò che ha sbagliato la taglia. O meglio: mi ha dato la taglia corrispondente a quella che voleva, ma comunque a Giuli stanno troppo grandi – sapete, la mia amica è una specie di stecco parlante e con gusto nel vestire.
Ale, your color mood is:
Electric Green
Ciuffo, your color mood is:
Megamix
Finiamo nel Disney Store, in una manciata di altri negozi e poi le vie dello shopping chiudono, anche stasera. Sono le sei, è prestissimo e nonostante la stanchezza ci dirigiamo alla cattedrale di St Paul. O meglio: a prendere un caffè, seduti in un bar davanti la cattedrale di St Paul. Torniamo all’hotel, ceniamo e ci prepariamo per la notte londinese #4. Che parte con la visita allo “stupendo” M&M’s world! Entriamo nel più grande MM’s store del mondo (che in realtà è solo frutto di una mente malvagia che ha l’intento di rovinare la magia di Piccadilly Circus) e già sentiamo il caratteristico, plasticoso odore di colorante. Colorante ovunque. Quel posto è un immenso magazzino di colorante travestito da cioccolatino! Ad ogni modo, al primo piano c’è una macchina che ti analizza e ti dice qual è il colore del tuo “animo”. Ora, sembra buffo a dirsi, ma secondo me ci ha azzeccato. Casualità, per forza, ma i colori che ha assegnato a me e a Ciuffo corrispondono ai colori che io ci darei.
Facciamo la nostra seratina londinese, per poi implorare il letto. La mattina avremmo dovuto svegliarci presto, perché il check out dell’albergo sarebbe stato alle 10, e le valigie avevano mostrato disappunto nel chiudersi e nel pesare poco. Ho sempre trovato antipatici i limiti di peso e di dimensioni di RyanAir.
2 commenti
  1. Eleanor Rigby
    Eleanor Rigby dice:

    Beh? Beh? BEH? Quello non è il muro… quello è IL muro.Detto da una che è stata portata lì da sua cugina a seguito di una semi crisi isterica dato che le sue amiche non la volevano portare.Babbane che non sono altro.

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