Di astucci e altre stronzate

Tanto da fare implica tanta assenza dal blog. Ho già chiesto scusa troppe volte per cui penso sia meglio passare direttamente alla ciccia. Se siete qui è perché siete desiderosi di leggermi. Oddio. Forse sono un po’ troppo ottimista. Rielaboro la frase. Se siete qui è perché siete i classici individui affetti da DDS. Dipendenza Da Stronzate. Quindi, prima che andiate a rota, eccole.

1) 
C’è una questione che mi tormenta da qualche tempo a questa parte. 
(Parentesi: la locuzione “da qualche tempo a questa parte” è pallosa e vagamente qualunquista, e soprattutto è sintatticamente indecifrabile, per cui mi vergogno di averla scritta. Ma ormai c’è, e mi ha dato lo spunto per scrivere questa geniale parentesi con cui inizialmente volevo solo chiedere perdono…)
Dicevo. La questione che mi tormenta da qualche tempo a questa parte (e adesso non starei a farci i poemi) è questa. Ora vado all’università. Magari anche voi ci andate. E siamo tutti andati alle elementari, alle medie e alle superiori (che poi ora si dovrebbero chiamare in un altro modo grazie all’indispensabile Riforma Moratti, ma tutti continuano a chiamarle elementari, medie e superiori). Bene. Abbiamo tutti avuto un astuccio. Qualche settimana fa ho realizzato che quando (e se) inizierò a lavorare, non avrò più un astuccio. Perché magari le penne e le gomme e le matite saranno in ufficio. Chiedo un minuto di raccoglimento, per favore. Pensiamoci. Non avremo più un astuccio. Non vi nascondo che ci sono rimasto parecchio male. Insomma, sono abituato a stare con l’astuccio con tutti i miei pennarellini e le dozzine di penne di riserva, e… No, non ne posso parlare, mi viene da piangere. Inizierò a lavorare, l’astuccio per qualche mese rimarrà sulla scrivania. Poi verrà spostato, da qualcuno. Forse da me. E dopo un anno, già mi immagino: “Dov’è finito l’astuccio?” “Mah, sarà insieme alle cianfrusaglie dell’università, o l’avrai tirato via, o…” e qui inizierò a tremare “…o forse è in soffitta“. NOOOOOOOOOO! IN SOFFITTA NOOOOOOOO!!! Tutto ciò che finisce in soffitta non viene più ritrovato. La mia soffitta è un ottimo nascondiglio per i cadaveri. E’ come avere un buco nero in casa. Addio, mio piccolo astuccio. Ricorderò con affetto le funzioni seno e coseno che avevo disegnato su di te. Addio.
2) 
Ho sviluppato una pessima abitudine, e vorrei confessarla qui, perché è come avere un peccato da espiare. Non vado dal prete per confessare i peccati. E il fatto che io sia non credente ha una rilevanza marginale in questa scelta. Non ho mai capito cosa gliene dovrebbe fregare al prete dei miei peccati. E’ una cosa molto stupida: se tanto Dio vede e sente tutto, perché non confessarsi da soli, pregando, senza passare da un intermediario che potrebbe essere indiscreto e soprattutto portare a quello che non è il meglio per una persona? Capisco solo l’intento di volersi sfogare, di condividere un peso con qualcuno. Ma ci sono gli amici per quello, o gli psicologi – che sono sicuramente più preparati in materia. Finita anche per oggi la digressione religiosa – qualche frecciatina ce la devo mettere ogni volta, ormai lo sapete. Il mio è odio profondo, non c’è niente da fare – posso tornare all’argomento iniziale: la mia pessima abitudine. Sì. Ho iniziato a dire
è chiaro

in ogni discorso. Il che è orribile, perché mi fa passare per il saputello arrogante e precisino, quando magari voglio semplicemente utilizzare un intercalare diverso dai soliti tipo, cioè, in realtà, tuttavia (per questi ultimi due la colpa è del mio guru…). Certo, meglio dire
è chiaro

che dire è logico, o è scontato, ma mi dà quest’aria presuntuosa che forse non avrei se non dicessi così tanto spesso
è chiaro

, capite? Questa cosa mi turba.
3)
Sarò breve, una volta tanto: ‘sto tempo ha rotto. E’ Maggio, NON Novembre.


4)
E anche l’ultima replica di Dio è andata. Con alti e bassi. Durante le prime tre performance mi ero chiesto come avrei potuto non ammalarmi con la testa umida (avevo due tipi diversi di gel e due tipi diversi di schiuma sul capo…). E, puntualmente, la febbre è arrivata il giorno dopo l’ultimo spettacolo. Ho ancora un pesante raffreddore che combatto con ogni rimedio naturale possibile (non posso aggiungere altre medicine a quelle che già prendo!). Per esempio, il latte e miele è portentoso contro la tosse. E le sciarpine – che comunque non tolgo mai anche quando sono sano come un pesce – mi tengono il collo bene al caldo! E ovviamente la frutta. A pranzo ho mangiato un arancio (anche se ho fatto fatica a sbucciarlo, tra un po’ mi rovesciavo tutto addosso) e stasera ho concluso la cena con due mele. Se una al giorno toglie il medico di torno, mangiandone due ho praticamente un check up giornaliero.


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