• In realtà Tiziano Ferro qualche segnale ce l’aveva mandato

    Una risposta per Rolling Stone e il “cantare etero”

17 GENNAIO 2018
Roba LGBT

Nelle puntate precedenti, per chi vivesse su Marte: qualche giorno fa è uscito un pezzo su Rolling Stone firmato Tiziano Zarantonello o qualcosa del genere, intitolato Se sei gay non cantare etero. Nell’articolo, scritto più in maniera scherzosa che critica, va detto, l’autore sfoga la propria delusione quando ha appreso che il suo idolo omonimo, Tiziano Ferro, non è esattamente uno schiantatope come ha sempre immaginato basandosi su qualche verso di Rosso Relativo.

Ora, che il pezzo si fondi su delle fragili premesse per arrivare a una conclusione del tutto idiota è stato abbastanza chiaro a chiunque. Non è nemmeno scritto in una maniera piacevole, caratteristica che mi aspetterei da una testata come Rolling Stone, e soprattutto non fa ridere. Il pregio dell’articolo? Be’, ha portato una marea di clic a Rolling Stone, che per una testata web è come pagare.

Ma siccome sono una persona buona, un alfiere dell’amore, una creatura di luce, una guerriera che combatte nel nome della luna, ho voluto trovare un altro pregio. Alla fine della prima lettura dell’articolo di Zarantonello, proprio mentre il dolore alle tempie era fortissimo, ho pensato Dai, non è possibile che un giovane scrittore di ventisette anni scriva queste stronzate solo per fare dei clic, non è possibile stare così male, che su Rolling Stone non ci sia un minimo di etica giornalistica, ci deve essere altro. Tiziano Zarantonello, scrivendo questo articolo, doveva per forza credere di fare una cosa intelligente e giusta. Di essere in buonafede.

E infatti mi pare che a un certo punto, sorretta da argomentazioni irrilevanti, ci sia la vera tesi dell’articolo, che potremmo riassumere così: “dai, cantanti gay che verrete d’ora innanzi, fatelo coming out, che fa bene”. Zarantonello è un tenero aspirante giornalista nemmeno trentenne (o almeno così scrive nell’articolo) che deve mangiare ancora un sacco di cereali sottomarca, ma che fondamentalmente, sotto sotto, tra le righe, pensa di aiutare la causa gay spronando al coming out. Sbaglio? Forse sbaglio.

Il punto è che a corollario della sua tesi l’autore infila tutta una serie di stereotipi, inesattezze, punti deboli e riflessioni personali che non fanno altro che peggiorare la situazione: dice per esempio che il cantante è diverso da un attore, egli non recita, non finge: sbagliato, anche il cantante interpreta; dice per esempio che mette sullo stesso piano il coming out di Tiziano Ferro con un eventuale coming out di Vasco Rossi: sbagliato, Vasco Rossi ha 65 anni, sarebbe comunque criticabile un suo coming out oggi; dice per esempio che un omosessuale maschio non può davvero parlare di donne perché non ha i loro “codici di accesso”: sbagliato, io riesco ad “accedere a” (immedesimarmi in) canzoni, romanzi, film, storie di amori etero scritte da etero, perché non dovrebbe valere il contrario? E come se non bastasse, fiutando il pericolo omofobia, mette le mani avanti e dichiara di avere amici gay (che purtroppo gli permettono di scrivere queste stronzate).

Ma il suo sbaglio maggiore è proprio la premessa che dovrebbe essere l’ragomentazione più forte. L’incipit. Il cappello a tutto quanto. Il fatto che Tiziano Ferro sia il cantante più macho del mondo discografico italiano.

A dirla tutta, Tiziano Ferro qualche segnale ce l’aveva mandato. Ha dedicato una canzone a Raffaella Carrà, se vogliamo partire con uno stereotipo. Poi c’è Ti voglio bene, in cui dichiara il suo “affetto” per un “amico”. Un “amico” maschio. Con il “pene”. La sua canzone più bollente si intitola Xverso, e a parte che non viene mai fatta menzione di una vagina o anche solo di una tetta, c’è un punto in cui si parla del profumo Fahrenheit. Che è da uomo. E sempre nella stessa canzone dice “uno a me, uno a te, uno a tutti e due“, e sarò malizioso ma secondo me sta parlando di piselli. Anche la sua canzone più criptica, di cui nessuno riuscirà mai a dare un’interpretazione esatta e quindi è interpretabile da tutti, canzone che peraltro è anche una delle mie preferite, si intitola Indietro. Che se non lo sapessi, Zarantonello, è dove sta il culo.

Inutile che chieda all’autore dell’articolo in che modo, precisamente, la sessualità di un cantante influisca sulla sua (o nostra) crescita. L’autore lo sa meglio di me, voglio sperare: in nessun modo. D’altronde, l’amore è una cosa semplice.

Roba affine
4 commenti
  1. Alisa
    Alisa dice:

    Io ho sempre pensato che in “Rosso relativo” Paola fosse lo pseudonimo usato da un ragazzo su Internet, per poter chattare con altri uomini. Non so, quel “Paola” così enfatizzato mi faceva pensare a una parola messa tra virgolette, uno pseudonimo piuttosto che una ragazza reale. Poi mi sembra che pure Tiziano Ferro abbia raccontato qualcosa in merito al fatto che i primi tempi, per vincere la timidezza, usava parecchio le chat, quindi, facendo due più due… è un po’ come se parlasse ad un sé stesso adolescente, col senno del poi.
    Poi magari non è niente di tutto questo, è solo il testo scritto da un autore che non ha nessun obbligo autobiografico verso il suo pubblico, stop. Considerare un cantante in maniera diversa da uno scrittore o da un qualunque altro artista semplicemente non ha senso. L’articolo di “Rolling Stone” è di una ingenuità disarmante, da questo punto di vista. Già per questo non dovrebbe stare su una rivista che si occupa di musica… aggiungiamoci poi l’omofobia crassa e fiera di sé che trasuda a ogni riga e i tentativo fallito di essere divertente, non capisco proprio come abbia fatto ad essere pubblicato.

    Btw: gran bel blog, mi piace molto il tuo modo di scrivere 🙂

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